Studies in the Scriptures

Tabernacle Shadows

 The PhotoDrama of Creation

 

Studi Sulle Scritture
Serie 6 - La Nuova Creazione

 

 STUDIO 4

LA NUOVA CREAZIONE PREDESTINATA

VISIONE GENERALE DELL'ELEZIONE—IL PENSIERO CORRETTO—NESSUN DANNO AI NON ELETTI—DISTINZIONE TRA "ELETTI" E "ELETTISSIMI"—C'È UN PECCATO CHE PORTA ALLA MORTE—"UNA COSA SPAVENTOSA CADERE NELLE MANI DEL DIO VIVENTE"—LA GRANDE COMPAGNIA—LE LORO VESTI LAVATE E IMBIANCATE NEL SANGUE DELL'AGNELLO—LA VITE ELETTA E I SUOI TRALCI—VARIE ELEZIONI NEL PASSATO—NESSUNA DI QUESTE È STATA ETERNA—I TIPI GIACOBBE ED ESAÙ—"HO AMATO GIACOBBE"—"HO ODIATO ESAÙ"—FARAONE—"PER QUESTO SCOPO TI HO LASCIATO SUSSISTERE"—DIO NON FORZA MAI LA VOLONTÀ—FARAONE NON FA ECCEZIONE A QUESTA REGOLA—"DIO INDURÌ IL CUORE DI FARAONE"—LA NAZIONE DI ISRAELE ELETTA—"ALLORA, CHE VANTAGGIO HANNO I GIUDEI? MOLTO IN TUTTI I SENSI"—L' ELETTA "NUOVA CREAZIONE"—SIGNIFICATO DI "GRAZIA"—ILLUSTRAZIONE DELLA "TRUPPA PERSONALE DEL RE"—PREDESTINATI "AD ESSERE CONFORMI ALL'IMMAGINE DI SUO FIGLIO"—"CHIAMATI SECONDO IL SUO PROPONIMENTO"—QUALIFICAZIONI E CARATTERISTICHE DEI "CHIAMATI"—"SE DIO È PER NOI"—PARAFRASI DELL'ARGOMENTAZIONE DELL'APOSTOLO—RENDERE SICURE LA NOSTRA VOCAZIONE ED ELEZIONE—IL PERCORSO DELLA GARA DI CORSA—"CONTINUO A PROSEGUIRE VERSO LA META"—"CONOSCENDO LA VOSTRA ELEZIONE DI DIO".

LA dottrina dell'elezione, come intesa generalmente, è una dottrina molto ripugnante, piena di parzialità e iniquità; ma ciò è il risultato di un'errata interpretazione della Parola divina su quest’argomento. Si deve ammettere da parte di tutti che l'elezione presentata nelle Scritture e che tenteremo di esporre, è una delle dottrine più importanti della Bibbia: non solo fondata sulla grazia ma anche sulla giustizia, sull'equità e completamente imparziale. La visione erronea dell'elezione, in sintesi, è quella secondo cui Dio, avendo condannato l'intera razza dell'umanità alla tortura eterna, ha scelto di salvare solo un "piccolo gregge" della nostra razza, lasciando che l'enorme resto degli uomini precipiti negli orrori indicibili ai quali li ha predestinati la preveggenza divina prima della loro creazione. La Confessione di Westminster, che è la dichiarazione di questa falsa visione [164] elaborata con più abilità fra quelle ancora esistenti, afferma in modo specifico che non si deve considerare questo "piccolo gregge eletto" come salvato per essere stato degno in qualche modo di questo merito, ma come salvato semplicemente e unicamente per volontà sovrana di Dio.

Il pensiero corretto riguardo all'elezione, la visione che mostreremo essere quella sostenuta ovunque dalla Bibbia, è il contrario di ciò, vale a dire che la morte (e non la vita eterna nel tormento) è stata la pena inflitta alla nostra razza ed ha toccato ciascun membro di essa attraverso la disobbedienza di un uomo; vale a dire che la grazia di Dio, manifestata nella redenzione che è in Gesù Cristo, ha redento il mondo intero attraverso il suo sacrificio, che è stato la "propiziazione [soddisfazione] per i nostri [della Chiesa] peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per i peccati di tutto il mondo." (I Giov. 2:2) Dio ha deciso che il suo Figlio unigenito dovesse avere il privilegio di redimere la razza a costo della sua stessa vita, e che per ricompensa dovesse essere esaltato sublimemente fino alla natura divina* ed infine "dovesse benedire tutte le famiglie della terra" risvegliandole dal sonno della morte, portandole ad una conoscenza della verità, aiutando i volonterosi e gli obbedienti fino alla completa perfezione della vita umana e fino a benedizioni e a condizioni ancor più grandi di quelle dell'Eden.

Dio ha scelto anche di avere un numero di "santi" sotto il suo Unigenito quali co-eredi con lui nella gloria, nell'onore e nell'immortalità della Nuova Creazione e nell'opera di benedizione dell'umanità con la restaurazione umana. Questa età del Vangelo non si è verificata per queste benedizioni e per questa restaurazione del mondo, ma semplicemente per chiamare in azione, prendendolo dal mondo, un piccolo gregge per costituire gli "elettissimi" di Dio che dovranno sottostare alle prove e agli esami riguardo alla fede, all'amore e all'obbedienza e così "rendere sicura la loro vocazione ed elezione". (II Piet. 1:10) Ma la vocazione e l'elezione di questo "piccolo gregge" in questa maniera non provoca nessuna sofferenza, nessun danno ai non eletti, che non sono in alcun senso condannati ulteriormente per il fatto di non essere stati chiamati, per il fatto di non essere stati scelti. Allo stesso modo, la massa delle persone di questo paese non è danneggiata o [165] Le Scritture abbondano di riferimenti agli "eletti" e agli "elettissimi". Quest'ultima espressione implica che la parola "eletti" si possa concepire applicata a tutti quelli che raggiungono una certa condizione nel rapporto con Dio nella quale trovano speranza, o probabilità, d’immortalità, essendo membri della Chiesa glorificata, sebbene abbiano anche la possibilità di tirarsi indietro e quindi cessare di essere della classe degli eletti. In altre parole, tutti quelli della classe dei consacrati accettando la somma vocazione di Dio alla Nuova Creazione sono contati come gli eletti quando i loro nomi sono registrati nel libro della vita dell'Agnello e quando è messa da parte per loro una corona, ma giacché l'infedeltà può portare alla cancellazione di questi nomi e all'assegnazione delle loro corone ad altri (Apoc. 3:5, 11), in questo caso cesserebbero di essere della Chiesa eletta. Gli "elettissimi", invece, sarebbero coloro che raggiungeranno alla fine le benedizioni alle quali Dio ha chiamato i fedeli in quest’età del Vangelo, quelli che "rendono sicura la loro vocazione ed elezione" con la fedeltà ai termini e alle condizioni ad esse inerenti, anche fino alla morte.

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*Vol. V, Cap. v.
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Nelle Scritture sono portate alla nostra attenzione due classi che non riescono a rendere sicure la loro chiamata ed elezione. Una di queste classi (ma abbiamo ragione di credere che non sia una classe numerosa) non solo perderà le ricompense degli eletti, ma per di più perderà la sua stessa vita nella Seconda Morte. Costoro sono descritti dall'Apostolo Giovanni che, parlando della classe della Chiesa, dice: "C'è un peccato che non porta alla morte [e] c'è un peccato che porta alla morte; non è per quello che dico di pregare." (I Giov. 5:16) Sarà inutile pregare o sperare per chi commettono il peccato che [166] porta alla morte. Quel peccato è descritto nelle Scritture come un peccato contro lo Spirito Santo di Dio, non come un peccato compiuto involontariamente o inconsapevolmente, ma come il risultato della persistenza in ciò che all'inizio, almeno, era stato riconosciuto chiaramente sbagliato ma che, a causa dell'ostinatezza nella quale si è persistito, è diventato in seguito un grande inganno: il Signore consegnò gli ostinati all'errore che essi preferirono alla verità. II Tess. 2:10-12

Gli Apostoli Pietro e Giuda accennano a questa classe in quasi gli stessi termini. (Vedere Giuda 11-16; II Piet. 2:10-22.) Tutti costoro una volta occupavano dei posti fra gli eletti nella Chiesa. (Nessuno di loro è del mondo, il quale in questo momento non è sotto la prova e il giudizio, ma tra breve subirà la prova sotto il Regno Millenaristico.) Costoro anziché camminare secondo lo Spirito nelle orme del Signore, nella via del sacrificio, "stanno camminando secondo le loro concupiscenze [i loro desideri]; la loro bocca proferisce cose oltremodo gonfie e circondano d'ammirazione le persone per motivi interessati": fanno le cose per far piacere agli altri a motivo del loro egoismo, sono lontani dal loro patto di consacrazione fatto fino alla morte. (Giuda 16) La descrizione di Pietro di questa classe è ancor più esplicita. Egli dichiara che erano come quelli che "erano fuggiti dalle contaminazioni del mondo mediante la conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo e si sono lasciati di nuovo avviluppare in quelle e vincere", come "il cane che è tornato al suo vomito e alla scrofa lavata che torna a voltolarsi nel fango". Paragona costoro a Balaam poiché smarriscono le vie della rettitudine per guadagni terreni. Le sue parole implicano che questa classe si troverà soprattutto fra i maestri della Chiesa, principalmente alla fine di questa età, e che parte delle loro azioni malvagie sarà "dir male delle dignità", di coloro che Dio ha onorato ed ha "posto" nel corpo. II Piet. 2:1, 10

Nell'Epistola agli Ebrei, abbiamo due descrizioni di questa classe che si tira indietro, che cessa di essere degli eletti. Nella prima (6:4-9) l'Apostolo sembra indicare alcuni che, dopo aver gustato il dono celeste e i poteri dell'età che sta per venire, dopo essere stati fatti partecipi dello Spirito Santo e dopo essere stati accettati come membri [167] della classe degli eletti, si tirano indietro fino a cadere nel peccato, non per debolezze inevitabili della carne e seduzioni dell'Avversario, ma volontariamente, abbandonando consapevolmente la rettitudine. Sarà impossibile rinnovare costoro, ci assicura l'Apostolo, fino al pentimento. Avendo avuto la loro porzione dei benefici accumulati dal gran sacrificio di riscatto ed avendo scelto di disdegnare il favore di Dio, costoro hanno utilizzato e usato male la loro porzione dell'espiazione e, quindi, non vi rimane più nulla per loro; avendo preso la loro posizione deliberatamente, gli appelli alla rettitudine non avranno più, di conseguenza, alcun effetto su di loro.

In un altro capitolo (10:26, 27, 31) l'Apostolo descrive apparentemente un'altra classe che anziché tirarsi indietro fino a cadere in un modo di vivere peccaminoso, disonorevole, si tirano indietro dalla fede che li ha giustificati e che è essenziale perché possano mantenere un rapporto giustificato con Dio. In entrambi i casi si noterà che è l'intenzionalità che costituisce la gravità dell'errore: "Se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto una conoscenza della verità [dopo essere stati favoriti da Dio in Cristo per sapienza, giustificazione e santificazione] non resta più alcun sacrificio per i peccati." Il sacrificio che Cristo ha offerto a nome di tutti è stato per il peccato originale, il peccato di Adamo e le sue debolezze ereditarie in noi, figli di Adamo. Nostro Signore non ha dato nessun prezzo per il riscatto di peccati commessi volontariamente da noi e, quindi, se pecchiamo volontariamente non c'è nessuna porzione rimanente del merito originario da poter applicare per conto delle nostre trasgressioni volontarie. Dovremmo essere costretti a pagare la pena dei nostri peccati volontari. E se i peccati sono stati commessi con piena deliberazione o intenzionalità, senza alcuna debolezza o tentazione che potrebbero controbilanciare, e se sono stati commessi con chiara conoscenza della nostra posizione e del nostro rapporto con Dio, sarà un peccato che porterà alla morte, la Seconda Morte, e non ci sarà nulla da aspettare con ansia, pieni di speranza, ma semplicemente un'attesa timorosa del giudizio, della sentenza e dell'indignazione di fuoco che divorerà tutti gli avversari di Dio, tutti quelli che si sono opposti consapevolmente a lui e alla sua giustizia, al suo piano per rendere sicura quella giustizia attraverso la redenzione che è [168] in Gesù Cristo nostro Signore.

Nel versetto 29, l'Apostolo sembra implicare che qui si riferisca a coloro che, dopo aver avuto una comprensione dell'opera espiatrice di Cristo quale nostro Redentore, hanno considerato quell'opera insignificante, stimando una cosa comune (od ordinaria) il suo sangue prezioso con il quale rende sicuro il Nuovo Patto e trattano così con disprezzo lo Spirito della grazia, la grazia di Dio che ha predisposto quest’espiazione e questa fraternità con il nostro Redentore nel suo sacrificio e nella sua ricompensa. Coloro che hanno disdegnato Mosè e la Legge che egli trasmise sono morti senza pietà, sebbene la pena di morte non fosse intesa per loro come una pena eterna; ma coloro che disdegnano l'antitipico Mosè e che pertanto disdegnano il privilegio della comunione nel sangue di Cristo disdegnano pure Dio che ha predisposto ciò a loro favore e saranno giudicati come persone che meritano una pena ben più severa che quell’inflitta a coloro che hanno violato l'Antico Patto. Sarà severa nel senso che sarà una pena di morte, per la quale non ci sarà nessuna redenzione, nessuna risurrezione, nessuna riabilitazione: la Seconda Morte. Non c'è da meravigliarsi se l'Apostolo ci mette in guardia, riguardo a ciò, dicendoci di stare attenti a rifiutare le predisposizioni della grazia divina: egli ci assicura che andare a finire fuori della cura protettrice del nostro Avvocato che Dio ha designato, Gesù, vorrebbe dire cadere niente di meno che nelle mani del Padre, il grande Giudice che non concederà attenuanti al peccato, non accetterà nessuna scusa, la cui predisposizione abbondante, ma unica, verso la pietà nei confronti dei peccatori è attraverso la redenzione, attraverso Gesù Cristo nostro Signore.

La Grande Compagnia

Come lascia intendere, a parte coloro che, cadendo dalla posizione di eletti, vanno a finire nella Seconda Morte, c'è ancora un'altra classe che ci viene presentata come persone che falliscono nel tentativo di rendere sicure la loro vocazione ed elezione, ma che non andranno a finire nella Seconda Morte perché non hanno peccato deliberatamente compiendo azioni immorali grossolane o negando il merito del sangue prezioso. Abbiamo già fatto riferimento a questa classe chiamandola la "Grande Compagnia" che sorgerà dalla grande tribolazione e laverà le sue vesti e le renderà [169] bianche nel sangue dell'Agnello; ma mentre acquistano una natura spirituale e una grande benedizione e partecipazione al Banchetto Nuziale dell'Agnello come invitati, nondimeno essi perderanno il gran premio che andrà soltanto agli elettissimi, a coloro che con successo avranno riportato la vittoria, coloro che seguiranno le orme di Gesù con gioia e di tutto cuore. (Apoc. 7) Questa Grande Compagnia fallisce nel tentativo di mantenere il suo posto fra gli eletti, fallisce nel tentativo di essere degli "elettissimi" per via del loro scarso zelo per il Signore, per la Verità e per i fratelli, giacché sono parzialmente "sopraffatti dalle preoccupazioni di questa vita". Nondimeno, dato che i loro cuori sono leali nei confronti del Redentore, visto che mantengono la fede nel sangue prezioso, che si mantengono fedeli ad essa e non la negano, per questa ragione il Signore Gesù, nostro Avvocato, il Capitano della nostra Salvezza, che conduce gli elettissimi alla gloria attraverso le tappe del sacrificio volontario, li condurrà ad una benedizione spirituale, alla perfezione su un piano inferiore dell'esistenza spirituale poiché hanno avuto fiducia in lui e non hanno negato il suo nome o la sua opera.

Nostro Signore si riferisce alla Chiesa eletta, la Nuova Creazione, nella parabola della Vite, quando ci dice che egli è la Vite e che i suoi fedeli seguaci consacrati che camminano nelle sue orme sono i tralci. Egli ci assicura che essere tralci non significa immunità dalle prove e dalle difficoltà, ma che invece il Padre, il grande Vignaiuolo, farà sì che dovremo affrontare prove di fede, di pazienza e di devozione, così che queste possano potarci in modo tale che i nostri affetti si appiglieranno di meno alle cose, alle speranze e alle ambizioni terrene. Lo scopo di tali potature sarà quello di portare frutti dello Spirito più abbondanti (dolcezza, pazienza, mansuetudine, longanimità, benevolenza fraterna, amore) e che queste cose potranno essere in noi ed abbondare sempre di più a tal punto che possa essere provveduta un'entrata così abbondante nel Regno eterno del nostro Signore e Salvatore Cristo Gesù per noi, quali membri della Nuova Creazione. II Piet. 1:11

Tuttavia ci preavvisa che il raggiungimento di un posto fra i veri tralci nella vera Vite non è sufficiente: che lo Spirito della Vite deve essere dentro di noi, che la disposizione di portare il frutto della Vite deve essere nei nostri cuori, che il Vignaiuolo [170] ci permetterà di continuare ad essere tralci per un tempo ragionevole, per poter vedere se diamo o meno evidenza di portare i giusti frutti prima di condannarci come non adatti; che non cercherà i grappoli maturi sul nuovo tralcio e neppure gli acini verdi. Cercherà prima, piuttosto, i piccoli segnali della gemma fruttifera e, in seguito, del suo sbocciare nel fiore dell'uva; più tardi cercherà il frutto verde e ancora più in là la sua gustosa maturità. Il Vignaiuolo ha una grande pazienza nello sviluppo di questo frutto della Vite "piantato dalla mano destra di mio Padre" (Sal. 80:15); ma se dopo un tempo ragionevole non vi trova nessun frutto, egli recide quel tralcio perché è un "succhiatore" che non fa altro che assorbire la forza e il nutrimento della Vite per il suo proprio ampliamento piuttosto che per la propagazione del frutto desiderato. In tal modo nostro Signore indica chiaramente che dobbiamo rendere sicure la nostra vocazione ed elezione portando frutto fino alla santità, il cui fine, o la cui ricompensa, è la vita eterna.

Varie elezioni nel passato

Notiamo alcune altre elezioni che sono sottoposte alla nostra attenzione nelle Scritture, così che le nostre menti possano allargarsi ed espandersi su quest’argomento prima di considerare la fase particolare di esso sulla quale si concentra principalmente il nostro interesse: quella della Nuova Creazione. Dobbiamo distinguere chiaramente tra elezioni che precedono la prima venuta di nostro Signore e l'elezione della Nuova Creazione sotto di lui quale nostro Capo, Capitano, Guida, ecc. Di quest'ultima classe si dice: "Voi siete tutti chiamati ad un'unica speranza: quella della vostra vocazione". Le elezioni, però, del periodo precedente sono avvenute per vari scopi e per il compimento di vari disegni di Dio. Abramo fu eletto per essere un tipo di Geova e sua moglie Sara per essere un tipo di Patto di Abramo attraverso il quale sarebbe venuto il Messia. La servitrice Agar fu eletta per essere un tipo dell'Antico Patto e suo figlio Ismaele un tipo degli Israeliti naturali che, anche se fatto sorgere per primo, non sarebbe dovuto essere coerede con Isacco, il figlio promesso. Isacco fu eletto per essere un tipo di Cristo e sua [171] moglie, Rebecca, un tipo della Chiesa, la Sposa, la moglie dell'Agnello; mentre il servitore di Abramo, Eliezer, fu eletto per essere un tipo dello Spirito santo, la cui missione sarebbe dovuta essere di invitare la Chiesa, assisterla e alla fine portare lei e le vergini, sue compagne, ad Isacco.

Queste elezioni non toccarono né si applicarono in alcun senso alla vita eterna di nessuno di questi individui; ma nella misura in cui questi tipi d’eletti sono stati usati dal Signore, probabilmente hanno ricevuto in compenso qualche benedizione nella vita presente; e nella misura in cui sono entrati nello spirito del piano divino è stato loro permesso di avere conforto e gioia, che li ha ricompensati d’ogni sacrificio e di tutte le prove derivate dalla loro elezione e dal loro servizio in qualità di tipi. Riflettendo proprio su quest’argomento dell'elezione e tentando di mostrare che non è stata compiuta nessuna ingiustizia verso Israele nella carne per il fatto che Dio si è rivolto ai Gentili per scegliere fra loro chi completasse la Nuova Creazione eletta, l'Apostolo mette in evidenza il fatto che l'Onnipotente ha dei favori da dispensare e che è un affare puramente suo a chi li distribuisce. Egli mostra che Dio ha dato ad Israele nella carne, o naturale, certi favori e certi privilegi come nazione e ad alcuni dei suoi progenitori ha dato privilegi e favori come individui, impiegandoli come tipi; e che, corrispondentemente, essi hanno ricevuto una benedizione; ma che il Signore non era in nessun senso della parola obbligato a continuare le sue benedizioni preferenziali verso costoro e ad ignorare altri non meno degni. Al contrario, mostra che è assolutamente giusto per il Signore smettere di elargire i suoi favori a coloro che non li usano e darli ad altri. Romani, Capitoli 9; 10; 11.

Per di più, l'Apostolo vorrebbe che notassimo che il Signore conosceva in precedenza che esito avrebbero avuto i suoi favori verso Israele naturale; sapeva in precedenza che dopo aver avuto sue benedizioni essi non sarebbero stati (con l'eccezione di un piccolo "rimanente" - Rom. 9:27-32) nella condizione adatta per ricevere la più grande delle benedizioni che aveva da donare: "il premio della somma vocazione" a costituire la Nuova Creazione. Illustrando ciò, richiama l'attenzione sui due figli d’Isacco e mostra che per dare un quadro di ciò che Dio sapeva in precedenza sulla condizione [172] che sarebbe esistita centinaia d’anni dopo, Dio fece una selezione arbitraria tra i due figli di Rebecca: Giacobbe ed Esaù. Di quei gemelli, il Signore fece dei tipi, uno per rappresentare i suoi fedeli, la Nuova Creazione, e l'altro per rappresentare Israele naturale, che preferisce le cose di questa vita presente e vende i propri privilegi celesti per un piatto di zuppa: cose buone terrene. Nel caso di Giacobbe e di Esaù, l'elezione di Giacobbe come tipo di chi vince fu certo una benedizione per lui, anche se gli costò notevolmente; ma l'elezione di Esaù come tipo della classe orientata alla natura, che preferisce le cose della terra piuttosto che quelle del cielo, non fu nulla di svantaggioso per lui. Non significò né che sarebbe andato a finire nel tormento eterno né che avrebbe sofferto come conseguenza in questa vita attuale. Anzi, fu benedetto proprio come, in modo mondano, gli uomini naturali hanno oggi delle benedizioni di un tipo che il Signore benignamente si trattiene dall'elargire alle Nuove Creature elette in quanto meno favorevoli ai loro interessi spirituali; proprio come il Signore si trattenne dall'elargire certe benedizioni terrene a Giacobbe, di modo che nelle sue delusioni, ecc. egli potesse essere un tipo di questa classe (Giacobbe) che, ciò nonostante, sperimenta gioie e benedizioni che Esaù non ebbe e non avrebbe potuto apprezzare; proprio come la Nuova Creazione ora, in mezzo alle prove e alle delusioni del tempo presente, sperimenta una pace, una gioia e una benedizione che l'uomo naturale non conosce.

La dichiarazione: "Ho amato Giacobbe, ma ho odiato Esaù" (Rom. 9:13) per molti è un "parlare duro" perché la parola odiato sembra comportare un antagonismo che, per quanto può discernere la mente umana, sarebbe ingiustificato se si considera che Esaù non fece nulla di peggio di quanto altri uomini hanno fatto e poiché è un antagonismo che egli si porta dietro dalla nascita, "prima che compisse il bene o il male". La parola "odiato" ha voluto dire evidentemente "amare di meno", come pure in Deut. 21:15-17.  Il concetto è che Giacobbe fu favorito dal Signore ed Esaù fu favorito di meno; e questi due, come mostra l'Apostolo, sono stati tipi d’Israele naturale e spirituale. Il favore di Dio nei confronti d’Israele naturale, rappresentato da Esaù, fu meno di quanto è il suo favore verso Israele spirituale, nato dopo, rappresentato da Giacobbe. Con questo pensiero tutto [173] è in armonia e coerenza.

"Per questo ti ho lasciato sussistere"

A prova della sua tesi secondo cui il Signore ha esercitato sempre autorità, sovranità, negli affari del mondo, e con piena consapevolezza del suo diritto di agire così, l'Apostolo cita il caso di Faraone che era re d'Egitto al tempo della liberazione d’Israele. Egli riporta il linguaggio del Signore attraverso Mosè (Es. 9:16): "Per questo ti ho lasciato sussistere: per mostrarti la mia potenza e perché il mio nome sia divulgato per tutta la terra." "Così dunque egli fa misericordia a chi vuole e indurisce il cuore a chi vuole." Rom. 9:17,18

Qualche tempo fa, il Governo francese ha preso dei prigionieri che erano stati condannati a morte con procedimento giudiziario e li ha dati in mano a degli scienziati perché si facessero degli esperimenti su di loro per scoprire quanta influenza esercita la paura sull'umanità. Uno è stato messo in una cella e gli è stato detto che la notte precedente, proprio in quella cella, era morto un prigioniero di vaiolo dalle macchie nere e che probabilmente lui si sarebbe contagiato della stessa malattia e sarebbe morto prima della mattina. La predizione si è avverata, sebbene nessun paziente affetto da vaiolo avesse mai occupato quella cella. Un altro è stato bendato agli occhi e il braccio gli è stato steso su un divisorio fatto di latta. Gli è stato detto che sarebbe stato lasciato morire dissanguato nell'interesse della scienza per scoprire quanto tempo ci vuole ad indurre la morte per sanguinamento da una piccola ferita in un'arteria del braccio. Gli è stato fatto un piccolo graffio e ha perso solo poche gocce di sangue, ma gli era stato preparato tutt'intorno ad un ambiente per mezzo del quale gli era stata fatta sentire dell'acqua a temperatura calda come quella del sangue scorrere lungo il braccio e ascoltarla cadere dalle dita in un recipiente. È morto dopo alcune ore. Questo trattamento inflitto a cittadini ligi alla legge non sarebbe tollerato da nessuno; ma nessuno potrebbe obiettare e trovare da ridire su questo procedimento trattandosi di uomini le cui vite erano ormai perdute dal punto di vista della legge. E proprio così avviene per quanto riguarda i rapporti del Signore con la famiglia umana; se l'uomo avesse continuato ad essere obbediente a Dio, [174] sarebbe rimasto esente dalla condanna a morte, e in tal modo avrebbe goduto di certi diritti secondo la legge divina che invece ora non ha. Come razza, tutti siamo stati colpevoli di aver peccato e siamo stati tutti condannati a morte (Rom. 5:12); il Signore, poi, si è compiaciuto nel mostrare il suo potere e la sua sapienza verso alcuni di questi colpevoli, chi in un modo, chi in un altro, come ha preferito. Abbiamo già notato ciò in connessione con gli Amaleciti, gli Ittiti e i Cananei che sarebbero dovuti essere distrutti dagli Israeliti, com’era stato comandato a costoro di fare, giacché Israele simboleggia il fedele del Signore del futuro e i suoi nemici simboleggiano invece i peccatori che peccano deliberatamente e i nemici della rettitudine dell'età futura. Abbiamo notato lo stesso principio illustrato nella distruzione di Sodoma e di Gerico, nelle migliaia d’Israeliti spazzati via dalle pestilenze, nei castighi inflitti ad Uzza, che aveva semplicemente steso la mano per sorreggere l'arca, violando così la santità dell'arca e del comando del Signore.

L'uso che il Signore fa di Faraone e delle varie piaghe inflitte agli Egiziani, compresa la morte dei primogeniti degli uomini e degli animali e la sconfitta finale delle legioni egiziane nel Mar Rosso, va di pari passo con queste illustrazioni; poiché gli Egiziani, quale parte dell'umanità, erano carcerati condannati alla pena di morte e, senza la minima ingiustizia, si è potuto procedere a trattarli di conseguenza, per diffondere la dignità di Dio e mostrare il suo potere collegato alla liberazione del suo popolo tipico Israele. D'altra parte, similmente, Dio ha mostrato abbondante favore verso alcuni di questi detenuti (Abramo, Mosè e altri) rendendoli tipi delle cose buone che egli ha intenzione di compiere in modo completo ed effettivo nel futuro prossimo e ciò senza dispensare, in ogni senso della parola, Abramo, Mosè, Faraone o altri da quanto spettava loro in quanto a pena di morte, ma lasciando che quest'opera fosse compiuta dalla redenzione che si trova in Gesù Cristo nostro Signore.

Dopo aver visto chiaramente il fatto che Dio ha esercitato autorità sovrana tra le sue creature detenute e che egli ha scelto che alcune avessero un'esperienza ed altre un'altra, e che tutte queste cose non sono state altro che lezioni di chiarificazione sul [175] soggetto, preparatorie, come l'Apostolo mostra, per la grande elezione della Nuova Creazione durante quest’età del Vangelo, dobbiamo notare che in nessun caso Dio ha forzato o violato la volontà umana in  nessuna di queste elezioni. Ciò ci reca soddisfazione poiché forzare la volontà umana in qualsiasi momento sarebbe contrario al programma divino. Scegliendo Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè et al., come tipi e illustrazioni, Dio ha scelto uomini le cui menti erano in armonia generale con i suoi piani e le sue rivelazioni, ma non c'è stata nessuna forza esercitata su di loro per frenarli nel caso costoro avessero voluto diversamente. Così, ugualmente, scegliendo uomini per illustrare il lato opposto e i princìpi opposti, come Ismaele, Esaù, i Cananei, gli abitanti di Sodoma, gli Egiziani, il Signore ha usato ancora uomini in armonia con le loro tendenze naturali. Il fatto su cui vogliamo porre l’accento è che come Dio non forzò la volontà di Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, ecc., non forzò neppure le volontà di quelli che fecero il male e illustrarono certi principi malvagi. Il Signore si è semplicemente comportato con classi particolari secondo le inclinazioni di queste ultime.

Dichiarando a proposito di Faraone che egli lo fece sussistere proprio per questo scopo, non dobbiamo pertanto intendere che Dio abbia voluto significare che fece in modo che Faraone avesse un carattere cattivo, che Dio lo abbia "fatto sussistere" nel senso di averlo obbligato ad essere un cattivo soggetto. Dobbiamo intendere che tra i vari eredi al trono d’Egitto, secondo l'usanza di quel popolo, Dio ha disposto le cose in modo tale che, mediante la morte di alcuni membri intermedi della famiglia reale, questo particolare Faraone dovesse ascendere al trono perché possedeva un carattere così ostinato che la sua lotta contro Dio e Israele avrebbe giustamente meritato che venissero inflitte delle piaghe, cosa che Dio aveva preordinato non solo come segno del suo favore verso Israele e della sua fedeltà alle promesse fatte ad Abramo, Isacco e Giacobbe, ma anche perché queste piaghe fatte subire ad Egitto erano intese in parte come prefigurazione, come illustrazione, delle piaghe con cui quest'età del Vangelo terminerà: le prime tre e "le ultime sette piaghe". Apoc. 15:1

Ma la caratteristica particolare di questa figura di Faraone, che per molti è oscura, [176] si trova nella frase che dice "Dio ha indurito il cuore di Faraone in tal modo che costui non lasciò andare libero il popolo". All'inizio ciò sembrerebbe contraddittorio rispetto a quanto abbiamo appena detto; vale a dire, che Dio non interferisce con la volontà umana. Noi crediamo, tuttavia, che la differenza possa essere riconciliata se ricordiamo come il Signore ha indurito il cuore di Faraone, quale procedimento da parte del Signore abbia avuto come esito il rendere più caparbio Faraone. È stata la bontà di Dio ad indurire il cuore di Faraone (la buona volontà di Dio ad ascoltare la sua preghiera di soccorso e ad accettare la sua promessa di lasciar andare libero Israele), la misericordia di Dio. Se Dio avesse proceduto durante la prima piaga o il primo castigo e non si fosse fermato fino a che Israele non fosse stato lasciato libero di andare, quell'unica piaga sarebbe stata sufficiente a portare a termine la liberazione; ma quando il Signore dette sollievo al popolo e alla terra, ponendo fine ad una piaga, Faraone concluse che era passata e che forse non sarebbe più tornata; e passo dopo passo la misericordia di Dio lo portò sempre più avanti nella sua ostilità. Tenendo presente questo quadro, la libertà di Faraone viene evidenziata completamente e il Signore risulta interamente esente da ogni cooperazione con il male. "Tutta la sua opera è perfetta" anche se la bontà di Dio, che dovrebbe portare gli uomini al pentimento, a volte può esercitare un'influenza opposta su di loro alla presenza di condizioni attuali imperfette.

La nazione d’Israele eletta

Che Dio abbia fatto un'elezione d’Israele scegliendolo tra le nazioni del mondo per essere il suo popolo e per simboleggiare Israele spirituale, sarà ammesso immediatamente da tutti i Cristiani che hanno familiarità con le loro Bibbie. La frase tratta dal Profeta Amos (3:2) viene proprio a proposito: "Voi soli ho conosciuto fra tutte le famiglie della terra." Per bocca d’Isaia (45:4) il Signore dice a Ciro, il re Medo che avrebbe permesso il ritorno d’Israele dalla prigionia: "Per amore di Giacobbe, mio servo, e d'Israele, mio eletto, io ti ho chiamato per nome." Il fatto che possiamo vedere in quest’affermazione una certa applicazione tipica a Cristo e alla liberazione d’Israele [177] spirituale nominale dalla Babilonia mistica, non interferisce con il fatto che qui ci si riferisce ad Israele tipico come "eletto". L'Apostolo negli argomenti che adduce in modo chiaro e convincente sul passaggio del favore divino da Israele naturale ad Israele spirituale (Rom. 9-11) mostra senza ombra di dubbio che il favore divino è stato concesso ad Israele naturale per un certo tempo quale popolo tipicamente eletto di Dio, nonostante il Signore sapesse in anticipo e avesse preannunciato che sarebbe stato respinto dal posto di favore speciale e che un altro Israele spirituale, rappresentato da Giacobbe, vi sarebbe stato fatto subentrare.

L'Apostolo mostra come Israele, in qualità di nazione favorita o eletta di Dio per un certo tempo, abbia goduto "molto vantaggio in ogni aspetto", a motivo di ciò, rispetto alle nazioni circostanti del mondo. Mostra che agli Israeliti appartenevano le promesse, che essi erano i rami dell'olivo, e che Dio smise di elargire il suo favore soltanto a quei rami naturali che non erano in armonia con la radice della promessa e con il ceppo rappresentato tipicamente da Abramo, Isacco e Giacobbe. Richiama l'attenzione sul fatto che "Israele non ha ottenuto ciò che cercava; ma l'elezione [i degni - Giov. 1:12,13] ha ottenuto ciò e il resto è rimasto accecato." Mentre l'intera nazione fu eletta originariamente per ricevere i favori più eccellenti di Dio, nonostante ciò, solo i fedeli sono stati nelle condizioni d'animo adatte per diventare Israeliti spirituali allorché giunse il momento di questo favore. Tali furono gli elettissimi di questa nazione, ai quali, alla fine di quell’età, fu permesso di entrare nell'ordinamento più alto: passare dalla casa dei servi nella casa dei figli. (Ebr. 3:5, 6; Giov. 1:12) L'Apostolo mette in evidenza che noi, che per natura eravamo Gentili, "stranieri, estranei e forestieri" ai patti e alle promesse fatte ad Israele tipico, ora per grazia di Dio abbiamo sviluppato la fede e l'obbedienza simili a quelle di Abramo e dobbiamo essere considerati come la sposa di Cristo, il vero seme di Abramo, che ha preso i posti dei rami tagliati nel piano originale di Dio e nelle promesse ad esso connesse; ma sebbene questi rami recisi siano stati trattati come nemici durante quest’età del Vangelo, nondimeno, "per quanto concerne l'elezione, essi sono [178] amati per via dei loro padri. Poiché i doni e la vocazione di Dio sono senza pentimento." Rom. 11:28, 29

Così veniamo informati che alcune caratteristiche dell'elezione originale rimangono con Israele naturale, nonostante il fatto che sia stato respinto come popolo dal favore principale nel piano divino, nonostante il fatto che sia stato respinto dall'essere l'eletto Israele spirituale. Dato che le promesse fatte ad Abramo, Isacco, Giacobbe e ai profeti devono compiersi per essi, ed essi diventeranno i "principi", o rappresentanti, del Regno spirituale su tutta la terra durante l'età Millenaristica, senza dubbio ciò funzionerà benissimo a vantaggio di molti degli Israeliti naturali che sono attualmente in una posizione d’alienazione e di tenebra. Essi possono giungere e giungeranno all'armonia con i loro stessi leader del passato più prontamente di quanto farà il resto del mondo; e così Israele, come popolo, riprenderà il posto più eminente tra le nazioni all'inizio del Millennio. "Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza per far misericordia a tutti." Rom. 11:32

L'eletta Nuova Creazione

Ora stiamo arrivando alla caratteristica più importante del nostro argomento, in possesso, tuttavia, di una certa conoscenza riguardo alle elezioni del passato, e di una comprensione per cui capiamo che molte di esse hanno simboleggiato o prefigurato questa grand’opera di Dio: l'elezione della Nuova Creazione. Abbiamo già visto che quest’elezione non comporta che coloro che non sono eletti ricevano danni; ma, anzi, comporta, al tempo opportuno, la benedizione di coloro che non sono eletti. A questo riguardo, possiamo aggiungere che né la Giustizia né l'Amore potrebbero avere delle obiezioni riguardo al fatto che si conceda un favore speciale ad alcuni e ad altri no, anche se si suppone che chi riceve i favori non debba essere canale di benedizione per i meno favoriti o per chi non riceve alcun favore. Questo è il significato della parola grazia o favore: implica il fare qualcosa che non è richiesto in modo speciale di fare o che non è chiesto dalla Giustizia e queste parole "grazia" e "favore" sono ripetutamente usate [179] nelle Scritture con riguardo a questa classe degli eletti in questa età del Vangelo. "Siete salvi per la grazia" e simili espressioni scritturistiche imprimono nella nostra mente che non c'è nessun obbligo da parte dell'Onnipotente di liberare nessuno della stirpe di Adamo dalla pena di morte, né di dare a nessuno l'opportunità della vita eterna mediante una redenzione; e ancor di più, che non c'era nessun obbligo da parte di Dio verso nessuna sua creatura riguardo alla somma vocazione, riguardo a diventare membri della Nuova Creazione. È tutto favore divino: "grazia su grazia" o favore aggiunto a favore e tutti quelli che non colgono questo concetto chiaramente fissandolo nella loro mente non apprezzeranno mai adeguatamente quello che sta succedendo ora.

L'Apostolo Pietro ci assicura che, come classe, noi siamo "eletti secondo la prescienza di Dio Padre". Tuttavia, egli non si ferma a questa dichiarazione ma procede dicendo: "mediante la santificazione dello spirito ad ubbidire e ad essere cosparsi del sangue di Gesù Cristo". (I Piet. 1:2) Ciò significa che Dio conosceva in anticipo la Nuova Creazione come classe, che sapeva in anticipo la sua intenzione di giustificarli mediante la fede, attraverso il sangue di Cristo, che sapeva in anticipo che un numero sufficiente per completare questa classe sarebbe stato obbediente e avrebbe raggiunto la santificazione mediante la verità. Niente in nessuna parte della Scrittura implica una conoscenza in anticipo degli individui che comporranno la classe degli eletti, eccetto riguardo al Capo della Chiesa. Ci viene detto che Dio conosceva in anticipo Gesù come il suo eletto. Non dobbiamo pensare di noi stessi che siamo coloro che limitano l'abilità del Signore di identificare gli individui che compongono la classe degli eletti, ma che, semplicemente, qualsiasi sia il suo potere al riguardo, egli non ha dichiarato che intende essere lui ad esercitare tale potere. Egli ha ordinato che Cristo fosse il Redentore del mondo e che la sua ricompensa fosse l'esaltazione come primo membro: Testa, Signore, Capo della Nuova Creazione. Egli ha ordinato, poi, che un certo numero specifico fosse scelto tra gli uomini per essere suoi coeredi nel Regno, partecipanti con lui della Nuova Creazione. Abbiamo ogni motivo per credere che il numero definito, fisso, degli eletti sia quello che è ripetuto diverse volte nell'Apocalisse (7:4; 14:1), vale a dire, 144.000 "redenti fra gli uomini".

Per quanto riguarda l'elezione o la preordinazione prima ancora della fondazione [180] del mondo secondo cui ci sarebbe stata una tale compagnia selezionata, apprendiamo che essa è avvenuta in modo simile alla preordinazione di una certa truppa di soldati dell’esercito britannico noti come "La truppa personale del Re" e composta da uomini di statura alta e di costituzione speciale, per la quale erano stabiliti in anticipo i vari particolari di altezza, peso, ecc. e per la quale era definitivamente fissato il numero di soldati che vi avrebbe fatto parte prima ancora che i suoi membri attuali fossero nati. Come il decreto reale ordinava questi requisiti fisici e il numero che avrebbe dovuto costituire quella truppa, così il decreto reale del Creatore ha fissato e ha limitato il numero di coloro che dovranno costituire la Nuova Creazione di Dio ed ha definito non le misure fisiche, ma le misure delle loro qualità morali e del loro cuore. Come non è stato necessario preordinare i nomi di coloro che avrebbero dovuto costituire "La truppa personale del Re", allo stesso modo non è necessario che il nostro Creatore preordini i nomi o gli individui accettabili a lui quali Nuove Creature in Cristo, per quanto riguarda le misure e le limitazioni che egli stabilisce.

Questo è sottoposto in modo particolare alla nostra attenzione in un passo della Scrittura che generalmente è ricordato e citato solo in parte: "Coloro che egli ha preconosciuti li ha pure predestinati." Il popolo del Signore non dovrebbe essere soddisfatto di prendere una porzione della Parola divina e di separarla dal suo contesto immediato. Quando leggiamo il resto del passo come sta scritto, la questione è chiara di fronte al nostro intelletto: "Quelli che egli ha preconosciuti, li ha pure predestinati ad essere conformi all'immagine del suo Figliuolo [cioè ad essere copie del suo Figliuolo], ond'egli sia il primogenito fra molti fratelli." Rom. 8:29

Una tale predestinazione è in verità differente da quella compresa generalmente da coloro che si sono battuti in passato per la dottrina dell'elezione. Secondo la loro concezione e il loro insegnamento, il passo dovrebbe dire: "Coloro che egli ha preconosciuti, egli li ha pure predestinati a sfuggire al tormento eterno e a sperimentare le benedizioni eterne in gloria." Quanto è diversa questa visione da quella ragionevole e giusta presentata nel linguaggio della Scrittura! Dio ha predestinato che solo il Suo [181] Unigenito sarebbe stato il Capo di questa Nuova Creazione ed ha determinato, molto prima che chiamasse qualcuno di noi, che nessuno sarebbe stato membro della Nuova Creazione se non quando fossero diventati copie di suo Figlio. Com’è bello, com'è ragionevole la dottrina scritturistica dell'elezione! Chi potrebbe mettere in discussione la Sapienza, la Giustizia o l'Amore di tale elezione con tali limitazioni per quanto concerne il carattere che deve rassomigliare a quello di Gesù e per quanto riguarda l'opera eminente che Dio ha progettato: essere coeredi con Cristo nella benedizione di tutte le famiglie della terra?

"Chiamati secondo il suo proponimento"
Rom. 8:28-30

Nel considerare quest’argomento non possiamo far meglio che seguire attentamente le parole dell'Apostolo e i suoi ragionamenti logici. Nei versetti precedenti (22, 23), qual è il proponimento di Dio nel chiamare la Nuova Creazione: che essi sono chiamati a ricevere una grande benedizione ed anche ad amministrare una benedizione agli altri; vale a dire, la creazione che geme, che sta soffrendo insieme il travaglio del parto, in attesa della manifestazione di questi eletti figli di Dio nella Nuova Creazione. (Versetti 21, 22) L'Apostolo procede poi a mostrare che tutto coopera favorevolmente per questa classe che Dio ha chiamato alla Nuova Creazione, che questo è il significato delle attuali delusioni, prove, vessazioni, contrarietà del mondo, della carne e dell'Avversario; che queste esperienze sono ideate per creare in noi i frutti di pace della giustizia e, così, procurarci il "peso della gloria che è molto più eccezionale ed eterno" al quale siamo stati chiamati e al quale giustamente aspiriamo. L'Apostolo approfondisce con noi lo studio degli atti d’intervento divino del Signore connessi con questi chiamati per i quali tutte le cose cooperano in modo favorevole. Non dobbiamo pensare alla nostra chiamata se non in connessione con, e secondo il, nostro Fratello Anziano. Nessuno può venire prima di lui, poiché soltanto notando e seguendo nelle sue orme possiamo sperare di diventare compartecipi della sua gloria. La predestinazione di Dio secondo cui questi fratelli di Cristo devono essere tutti copie del loro Fratello Anziano, se vogliono essere compartecipi nella Nuova Creazione, ci lascerebbe senza speranza riguardo al [182] raggiungimento di quella gloria da parte di qualunque membro della famiglia umana, se nostro Signore non ci mostrasse in un'altra parte molto distintamente ciò che ha previsto per noi attraverso la redenzione che è in Gesù Cristo nostro Signore; che le debolezze della carne, che ereditiamo e che non possono essere completamente controllate, sono tutte coperte dai meriti del sacrificio del Redentore; in tal modo il Signore ci può scusare per il fatto di non essere copie assolutamente uguali di suo Figlio nella carne e può accettarci secondo la sua predestinazione se ci trova come copie nel cuore, nell'intenzione, nella volontà: noi autentichiamo le nostre volontà mediante il controllo sulla carne così come ci è possibile, mentre nostro Signore Gesù copre le nostre imperfezioni involontarie con la sua "grazia sufficiente".

Continuando una descrizione di questa classe di chiamati in tal modo predestinati, l'Apostolo dice: "Per di più, coloro che egli ha predestinati, li ha pure chiamati; e coloro che ha chiamati, li ha pure giustificati; e coloro che ha giustificati, li ha pure glorificati." Questo passo di solito è frainteso poiché i lettori generalmente ricevono l'impressione che l'Apostolo qui stia approfondendo, come al solito, lo studio delle esperienze cristiane, come abbiamo già approfondito nel capitolo precedente, dove abbiamo considerato come Cristo per noi si è fatto sapienza, giustificazione, santificazione e liberazione; ma l'Apostolo qui parla da un punto di vista opposto e comincia dall'altro lato. Qui vede la Chiesa come completata alla fine quale eletta di Dio sotto Cristo suo Capo: la Chiesa, gli "elettissimi", nella gloria. Approfondisce andando a ritroso lo sviluppo della Chiesa, la Nuova Creazione. Mostra che nessuno giungerà alla posizione eminente dei gloriosi eletti di Dio se non quelli che sono chiamati [accettati] ad essa dalla grazia di Dio; e costoro devono essere stati dapprima giustificati; poiché Dio non chiama né invita alcuno che non sia credente a correre nella gara per questo gran premio. E costoro che sono giustificati devono dapprima, prima della loro giustificazione, essere stati onorati [non "glorificati" come nella versione comune], onorati da Dio per aver mandato loro una conoscenza di lui e del suo caro Figlio: la Via, la Verità e la Vita.

Solo il sentir parlare della grazia di Dio nel tempo presente è un onore più grande di quanto molti non abbiano supposto. Visto che la salvezza è un dono di Dio il cui accesso va spalancato al mondo durante l'età Millenaristica, è un onore speciale aver [183] conoscenza della grazia del Signore e un'opportunità di riconciliazione con lui nel tempo presente, prima del resto del mondo; per aver ricevuto tale onore e per il fatto di avere una tale conoscenza necessaria alla nostra giustificazione attraverso la fede, che diventa il secondo passo, come abbiamo visto, che porta alla santificazione in armonia con la chiamata, che porta, a sua volta, attraverso la fedeltà alla "gloria che deve essere rivelata in noi" e che ci costituisce membri dell'elettissima Nuova Creazione.

"Se Dio è per noi"

Continuando a seguire l'Apostolo ulteriormente nella sua considerazione di quest’elezione, parafrasando il suo linguaggio nel modo seguente: Non vediamo, fratelli, che Dio ha un gran piano meraviglioso che sta portando avanti? Non vediamo che, avendo preso una decisione sulla selezione di una certa classe per la cooperazione in questo piano, egli sta favorendo noi, perché egli ha rivelato a noi i termini e le condizioni, giustificandoci e chiamandoci con questa vocazione celeste? Ciò significa che Dio è per noi, che si augura che noi siamo di questa classe degli eletti; che ha predisposto ogni cosa necessaria affinché possiamo raggiungere una posizione in essa. Sentiamo a volte che, sebbene il Signore sia per noi, Satana, il peccato e le nostre debolezze ereditate sono tutte contro di noi e cercano di intrappolarci e di farci inciampare? Riflettiamo sul fatto che essendoci a nostro fianco Dio Onnipotente, nessuna di queste contrarietà ci dovrebbe causare paura o trepidazione poiché egli è ben capace di farcele superare tutte. Guardiamo al passato e notiamo il suo favore verso di noi quando eravamo ancora peccatori, nel provvedere alla redenzione che è in Gesù Cristo. Riflettiamo sul fatto che se egli fa tutto questo per noi come peccatori quanto di più farà per noi ora che siamo diventati i suoi figli, ora che abbiamo sentito la sua voce, che abbiamo accettato suo Figlio, che abbiamo posto la fiducia in lui e siamo stati giustificati mediante i suoi meriti, ora che abbiamo sentito la chiamata alla natura divina ed abbiamo fatto la consacrazione, ponendo il nostro piccolo tutto sull'altare, di sicuro, molto più Dio sarà in nostro favore e molto di più farà per noi, sebbene non possiamo pensare quanto possa fare di più di [184] quanto è stato rappresentato nel dono di suo Figlio. Possiamo star sicuri che colui che non muta ci ama ancora, è ancora per noi e userà tutto il suo potere per far sì che le cose funzionino per il nostro maggiore bene spirituale e per il raggiungimento finale di un posto nella Nuova Creazione, se rimaniamo in lui nella fede, nell'amore e nell'obbedienza di cuore, per quanto deboli ed imperfetti possano essere i nostri migliori sforzi nel controllare la carne. Stiamo sicuri che nel darci suo Figlio e nell'aprirci in tal modo la via per raggiungere la sua chiamata alla Nuova Creazione, il Signore ha predisposto in Cristo quanto necessario per tutti i nostri bisogni che potrebbero sorgere. In lui ci ha dato gratuitamente tutte le cose.

C'è qualcuno che suggerisce forse che la Legge ci condannerà nonostante Dio? Riflettiamo che è Dio che ci ha condannato secondo la sua Legge; e che è proprio lo stesso Dio, che quale grande Giudice ci ha condannato, colui che ora ha pronunciato la nostra giustificazione, che ci ha dichiarati "Giustificati gratuitamente da tutte le cose dalle quali la Legge non ci poteva giustificare", mediante la sua grazia, mediante Gesù Cristo nostro Signore. Davanti a tale fatto "chi potrebbe imputare qualcosa agli eletti di Dio", che egli aveva favorito in tal modo? Chi ci potrebbe condannare per via di debolezze o fragilità involontarie? Risponderemmo così: È Cristo che è morto; sì, che è risorto nuovamente ed è asceso in alto come nostro rappresentante e che ha attribuito a nostro favore l'adeguatezza del suo merito, coprendo tutte le nostre imperfezioni. Rom. 8:34

S’incalza ancora che qualcosa può intervenire e separarci dall'amore di Dio o da Cristo e dal suo amore e dalla sua misericordia; e che in tal modo possiamo rimanere abbandonati a noi stessi e mandare in rovina la nostra fede e il nostro futuro per quanto concerne la Nuova Creazione? Rispondiamo: Anzi, Cristo ha un grande amore per noi, altrimenti non ci avrebbe redento. Ogni suo rapporto è stato pieno d'amore e dovremmo fare di tutto per non lasciare che nulla ci separi da quell'amore. Se vengono le tribolazioni, dovremmo lasciarle venire solo per condurci più vicini al Signore come a colui che è il solo che ci può soccorrere. Se dovessimo essere assaliti da afflizione o persecuzione o carestia o povertà o da qualsiasi pericolo, dovremmo per paura di queste cose cessare di amare il Signore, ripudiare il suo nome e la sua causa e non seguire più [185] nelle sue orme, scegliendo piuttosto una linea di condotta più facile nella vita? No, è proprio con queste esperienze che ci sviluppiamo come conquistatori. Come potremmo essere identificati come vincitori se non ci fosse nulla da superare, se tutta la strada fosse piana e senza pendii sfavorevoli? Siamo stati fatti contenitori dei doni e delle benedizioni di Dio; ed ora egli ci prova per vedere fino a che punto siamo degni di rimanere nel suo amore e nei suoi favori. Il suo desiderio è che rimaniamo in essi ed ha predisposto ogni cosa perché ciò sia così, ma nonostante tutto ciò non forzerà le nostre volontà. Sono convinto, ho fiducia che noi siamo decisi a non permettere che nulla ci separi dall'amore di Dio manifestato in Cristo: né la paura della morte, né l'amore della vita; e che nessuna delle altre creature di Dio intercetterà o svierà il favore di Dio da noi: né gli angeli, né i principati né le potenze create fino ad oggi o che saranno create. Siamo più che semplicemente vincitori in tutte queste cose: siamo adottati come figli di Dio sul piano divino, mediante colui che ci ha amato.

"Render sicura la nostra vocazione ed elezione"
II Piet. 1:10, 11

"Fratelli, impegnatevi a render sicura la vostra vocazione ed elezione: perché facendo queste cose, non inciamperete giammai; [le cose specificate sopra, vale a dire, impegnarsi, corredando la vostra fede con la virtù e la conoscenza, la temperanza, la pazienza, la religiosità, la benevolenza fraterna, l'amore, le quali cose se sono in noi e lo sono in abbondanza, noi non saremo né sterili (inoperosi) né infruttuosi;] poiché così vi sarà largamente provveduta l'entrata nel Regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo."

In quest’elezione vediamo che i passi importanti appartengono a Dio; cioè: (1) La predeterminazione di avere tale Nuova Creazione; (2) L'invito ad alcuni di sviluppare il carattere necessario; (3) La predisposizione delle faccende in modo tale che gli invitati possano riuscire a raggiungere una condizione accettabile in conformità con la chiamata.

D'altra parte, coloro che diventano eletti devono fare passi importanti: (1) Sono i chiamati, per i quali sono state fatte tutte queste preparazioni e predisposizioni, che devono accettare la chiamata, facendo una piena consacrazione. (2) Essi devono [186] diventare imbevuti dello spirito della loro vocazione e così grati delle loro benedizioni che con zelo si conformeranno alle condizioni e alle limitazioni ad esse connesse.

Abbiamo già visto che queste condizioni e limitazioni sono, in sintesi, a somiglianza del cuore del caro Figlio di Dio, ma se si esamina più particolarmente questa somiglianza, scopriamo che essa sta ad indicare, come l'Apostolo Pietro indica, che noi dovremmo avere i frutti dello spirito di santità. Dio è santo e gli eletti devono avere il suo spirito, la sua disposizione ad amare la giustizia e ad opporre l'iniquità. L'Apostolo nel passo scritturistico suddetto mostra i vari elementi di questo Spirito santo di Dio e mette in evidenza il fatto che noi non raggiungiamo la sua somiglianza perfetta (la perfezione dell'amore) all'inizio del nostro percorso; ma, anzi, che questa è la meta o lo standard [ovvero l'insegna] che indica la fine del percorso. L'amore come espressione generica copre tutti questi elementi del carattere che sono realmente parti dell'amore. Mansuetudine, mitezza, benevolenza fraterna, religiosità: sono tutti elementi dell'amore.

Alcuni hanno suggerito che questi frutti dello spirito di Dio potrebbero essere definiti come segue, e noi siamo pienamente d'accordo:

 (1)      Gioia: Amore esultante.
 (2)      Pace: Amore in riposo.
 (3)      Longanimità: Amore paziente.
 (4)      Mitezza: Amore nella società.
 (5)      Bontà: Amore in azione.
 (6)      Fede: Amore nel campo di battaglia della vita.
 (7)      Dolcezza: Amore nella rassegnazione.
 (8)     Temperanza (moderazione): Amore in addestramento.

Quando abbiamo cominciato il percorso della corsa, decisi a ciò perché Dio ci aveva giustificati con la sua grazia e ci aveva invitati a correre in questa gara per il premio della somma vocazione della Nuova Creazione, abbiamo detto, innanzitutto: Metteremo da parte i pesi e gli ostacoli delle ambizioni terrene consacrando le nostre volontà al Signore e decidendo che solo questo faremo; vale a dire, cercheremo, e con la grazia di Dio otterremo, le benedizioni alle quali egli ci ha chiamati. Allo stesso tempo abbiamo concluso che avremmo messo via, per quanto possibile, i nostri peccati [187] facilmente ricorrenti, di qualsiasi tipo fossero, sia che i nostri fossero uguali ad altri nella gara o meno; e che avremmo corso fedelmente in questa gara per il sommo premio.

L'entrata nel percorso corrisponde alla nostra consacrazione. Quello è stato l'inizio. Ci siamo consacrati al Signore, per essere controllati dal suo spirito d’amore; eppure ci siamo resi conto che a motivo della caduta non siamo stati all'altezza, tristemente, per quanto riguarda quegli elementi del carattere che il Padre approva. Tuttavia, corriamo e perseveriamo cercando di raggiungere quella somiglianza di carattere con il Figlio, che è la sua volontà per noi e la condizione della nostra fraternità con lui. In questo senso siamo diversi da nostro Signore, poiché egli essendo perfetto non si è trovato nella possibilità di andare da un passo o da un grado all'altro nello sviluppo dell'amore. Egli era pieno dello spirito sin dall'inizio: egli era alla meta sin dall'inizio; il suo esame è consistito nel determinare se sarebbe rimasto fedele o meno a quella meta dell'amore perfetto a Dio, al suo popolo e ai suoi nemici. Noi, tuttavia, dobbiamo correre, dobbiamo batterci, per raggiungere quella meta.

Potremmo suddividere il percorso in quattro quarti e dire che nel primo quarto riconosciamo l'amore come un requisito divino e cerchiamo di possederlo, sebbene siamo capaci di capirlo solamente come dovere. Noi sentiamo un amore-dovere verso Dio perché, come nostro Creatore, egli ha un diritto di chiedere la nostra obbedienza, la nostra devozione; un amore-dovere verso nostro Signore Gesù Cristo, anche, perché egli ci ha amato e dovremmo, per giustizia, amarlo in cambio, e un amore dovere verso i nostri simili perché ci rendiamo conto che questa è la volontà di Dio.

Il secondo quarto del percorso ci porta un po' più avanti, un po' più vicini alla "meta", in tal modo che quelle cose che all'inizio cercavamo di fare partendo da un amore-dovere, pian piano le abbiamo considerate in un modo riconoscente e non semplicemente come un dovere. Da allora in poi abbiamo visto che le cose che Dio ci comanda come giuste e doverose, sono cose buone; che i princìpi più nobili di cui abbiamo qualche concezione sono identificati con la Giustizia, l'Amore e la Sapienza che il Signore comanda, ci mette dinnanzi e che noi abbiamo cominciato ad apprezzare da quel momento. Abbiamo cominciato ad amare Dio non semplicemente perché era il [188] nostro dovere verso il nostro Creatore, ma anche e in special modo perché vedevamo che possedeva quei grandi elementi di carattere che erano imposti a noi: la personificazione d’ogni grazia e bontà. Quelli che raggiungono questa meta dei due quarti, amano il Signore non semplicemente perché egli li ha amati per primo e perché è nostro dovere amarlo in cambio, ma perché ora gli occhi della nostra comprensione si sono spalancati a sufficienza per lasciarci vedere qualcosa della maestà gloriosa del suo carattere, qualcosa della lunghezza, larghezza, altezza e profondità della Giustizia, della Sapienza, dell'Amore e del Potere del nostro Creatore.

Chiameremo i tre quarti della meta di questo percorso: amore per i fratelli. Dal primo momento riconosciamo un dovere-amore verso i fratelli come verso il Padre, solo in un grado inferiore, perché i fratelli hanno fatto meno per noi; e li abbiamo riconosciuti principalmente perché è stata questa la volontà del Padre. Ma man mano che abbiamo visto i principi della rettitudine, che abbiamo cominciato ad essere grati verso il Padre e a vedere che il Padre stesso ci ama, nonostante i nostri difetti involontari, i nostri cuori hanno cominciato ad allargarsi e a diventare più profondi nell'amore verso i fratelli; e siamo diventati sempre più capaci che passare sopra alle imperfezioni, ai difetti e agli sbagli involontari, quando vi abbiamo visto evidenze del desiderio del cuore di camminare nelle orme di Gesù e d'accordo con i principi del carattere divino. Nelle nostre esperienze l'amore per i fratelli è diventato chiaramente espresso. Ahimè! Evidentemente parecchi nel caro popolo del Signore non hanno ancora raggiunto i tre quarti della meta del percorso verso il premio della nostra somma vocazione. C'è molto bisogno di sviluppare la benevolenza fraterna, la longanimità, la pazienza, che c’inculcano le Scritture e che sono necessariamente provate e sottoposte ad esame più in connessione con i fratelli che in connessione con il Padre e il nostro Signore. Sappiamo vedere la perfezione del Padre e del Figlio e vedere anche che essi non hanno imperfezioni, sappiamo renderci conto della loro magnanimità verso di noi e delle nostre manchevolezze verso di loro; ma quando guardiamo ai nostri fratelli vediamo in uno questa debolezza, in un altro un'altra debolezza; ed è troppo comune la tentazione, [189] ahimè, di dire ad un fratello: "Lascia che ti tolga la pagliuzza dall'occhio", invece di accorgerci che una disposizione verso i fratelli pronta a stuzzicare, a criticare continuamente, a cercare le colpe è una prova che abbiamo ancora una gran trave d’impazienza e di mancanza d'amore dentro di noi con cui contendere. Man mano che ci avviciniamo a questi tre quarti di meta, pian piano tiriamo fuori quella trave dai nostri propri occhi: riusciamo a vedere i nostri propri difetti e ad apprezzare sempre di più le ricchezze della grazia di nostro Signore verso di noi; e l'influenza di ciò nei nostri cuori è che produce in noi un grado maggiore di dolcezza dello spirito, di pazienza e di mansuetudine verso tutti. Questo ci permette di nuovo di coprire o di passar sopra ad una moltitudine di peccati, una moltitudine d’imperfezioni nei fratelli, purché ci rendiamo conto che essi sono senza dubbio fratelli, purché essi ripongano la loro fiducia nel sangue prezioso e cerchino di correre lo stesso percorso della gara per questo stesso premio.

Il quarto o l'ultimo quarto della meta della nostra gara è l'Amore Perfetto: verso Dio, verso i nostri fratelli, verso tutti gli uomini. Questo è quello che cerchiamo seriamente tutti di ottenere e il più velocemente possibile. Non dobbiamo trastullarci ad ogni quarto di meta, ma continuare a correre con pazienza, con perseveranza, con energia. C'è un senso in cui dobbiamo "non amare il mondo, né le cose del mondo"; ma c'è un senso in cui dobbiamo amare e "fare del bene a tutti gli uomini, secondo che ne abbiamo l'opportunità, specialmente a quelli della famiglia dei credenti"; (Gal. 6:10), un amore che comprende anche i nostri nemici. Questo amore non annulla o diminuisce il nostro amore per il Padre, per i principi del suo carattere e il nostro amore per i fratelli, ma li intensifica; e intensificandoli così permette di comprendere nell'amore di benevolenza e di simpatia tutta la povera creazione che geme, travagliata dal dolore del parto e nell’attesa della manifestazione dei figli di Dio. "Ama i tuoi nemici, fa' bene a coloro che ti perseguitano e ti odiano" è il comando del Maestro; e finché non abbiamo raggiunto questo grado d'amore (l'amore per i nemici) non dobbiamo neppure per un momento pensare di aver raggiunto la meta che il Signore ha posto per noi come suoi [190] seguaci. Non è finché non abbiamo raggiunto questa posizione che saremo copie del caro Figlio di Dio.

Dobbiamo raggiungere questo punto culminante d'amore prima di poter essere considerati degni di un posto nella Nuova Creazione e non dobbiamo aspettarci che ogni seguace del Signore raggiunga questa meta proprio al momento della morte mentre emette l'ultimo respiro. Anzi, è proprio il contrario. Dobbiamo aspettarci di raggiungerlo il più presto possibile nella nostra esperienza cristiana e poi ricordarci le parole dell'Apostolo: "Avendo compiuto tutto: Restate in piedi!" (Efes. 6:13) Ci è richiesto di essere provati nell'amore una volta raggiunta la meta; e le nostre esercitazioni mentre siamo al punto della meta (sforzarsi di mantenere quella meta nelle nostre vite, o quello standard) servirà molto per rinforzare i nostri caratteri. In questo, specialmente, corrisponderanno le nostre esperienze a quelle di nostro Signore; poiché mentre egli non ha avuto bisogno di correre per raggiungere la meta, ha dovuto combattere una buona battaglia per la fede alla meta, per non essere allontanato da essa, per non essere sopraffatto dalle varie contrarietà del mondo e dall'Avversario. "Continuo a proseguire fino alla meta" dice l'Apostolo; e così ciascuno di noi deve tenersi stretta la meta dopo averla raggiunta e fare in modo che, in tutte le prove alle quali il Signore permetterà che siamo sottoposti, siamo considerati da lui come vincitori: non nella nostra propria forza, ma nella forza dell'assistenza del nostro Redentore.

Le contrarietà ci verranno addosso per farci allontanare dall'amore perfetto verso il Padre, per indurci ad acconsentire di rendere meno che l'omaggio e l'obbedienza completi che sono a lui dovuti. Le tentazioni ci verranno anche rispetto ai nostri fratelli per suggerirci di non permettere all'amore fraterno di coprire una moltitudine di colpe: suggerimenti a diventare irritati con chi abbiamo imparato ad amare e ad apprezzare e per le cui debolezze abbiamo imparato ad essere comprensivi. Le contrarietà ci verranno addosso rispetto ai nostri nemici, dopo aver imparato ad amarli, suggerendoci che ci sono dei casi eccezionali e che la nostra magnanimità verso di loro dovrebbe avere dei limiti. Beati noi se in queste tentazioni rimaniamo ben fermi, impegnandoci fino in fondo, sforzandoci di mantenere quella posizione che abbiamo già raggiunto, combattendo la [191] buona battaglia della fede, tenendo ben stretta la vita eterna che è considerata nostra attraverso Gesù.

"Conoscendo la vostra elezione di Dio"

"Conoscendo fratelli amati, la vostra elezione di Dio. Poiché il nostro Vangelo non vi è giunto solo con parole, ma anche con potenza e con lo Spirito santo e con gran pienezza di convinzione." I Tess. 1:4, 5

In altra sede abbiamo messo in evidenza ciò che costituisce i segni, le evidenze del fatto che siamo figli di Dio; vale a dire, il nostro essere generati dallo Spirito santo, il nostro essere sigillati, il nostro essere vivificati. * Non ripeteremo qui, ma richiameremo alla memoria in maniera generale il fatto che chiunque partecipi a quest’elezione ha varie evidenze con le quali quest’elezione può essere riconosciuta non solo dalla persona stessa, ma, fra breve, sarà riconoscibile anche dai fratelli con i quali questa persona verrà in contatto. C'è un potere, come pure un messaggio, in quest’elezione. Questo messaggio di elezione, o questa chiamata, o "parola", non è solo Vangelo o buone notizie per la classe degli eletti, ma è più di ciò per essa: è il potere di Dio al lavoro in essa perché essa voglia e faccia ciò che è a lui gradito. Porta agli eletti lo Spirito santo e molta sicurezza ed essi, a loro volta, sono pronti a sondare la Parola del Signore ad ogni costo.

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*Vol. V, Cap. ix.
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Ai Colossesi l'Apostolo scrive (3:12-14) riguardo a questa classe degli eletti della Nuova Creazione, dicendo che essa dovrebbe spogliarsi della vecchia valutazione delle cose e rivestirsi di una nuova la quale riconoscerà i membri della classe degli eletti, non in base alla nazionalità o in base alla denominazione, ma riconoscerà tutti in Cristo, e solo loro, quali l'eletta Nuova Creazione. Egli dice: "Rivestitevi perciò come gli eletti di Dio, santi e amati, sedi di compassione, di benignità, di umiltà di mente, di dolcezza, di longanimità, perdonandovi l'un l'altro se uno ha di che dolersi d'un altro: come Cristo vi ha perdonati, così fate anche voi, e sopra tutto questo [risultato ottenuto] ponete l'amore che è il vincolo della perfezione."

Nostro Signore, parlando della Chiesa eletta nel suo insieme, lascia intendere che deve affrontare varie prove ed esami e sembra implicare che questi si intensificheranno [192] verso la fine di questa Età del Vangelo e che saranno permessi fino a un punto tale che sedurranno tutti eccetto gli "elettissimi". Mat. 24:24*

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*Vedere Vol. IV, Cap. xii.
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C'è un incoraggiamento in ciò: non implica il fatto che gli "elettissimi" avranno delle capacità mentali superiori mediante le quali riusciranno a discernere le varie sottigliezze dell'Avversario in quest'età malvagia; né implica il fatto che avranno raggiunto la perfezione nel controllo dei loro vasi di terra in modo tale da non poter errare; ma, piuttosto, vuol dire che a coloro che rimangono in Cristo, sarà concessa grazia sufficiente, sapienza sufficiente, aiuto sufficiente durante il tempo del bisogno. Che consolazione è in ciò per tutti quelli che sono fuggiti cercando rifugio nella speranza posta di fronte a noi nel Vangelo! Che fiducia ci dà sentire che il nostro porto sicuro è all'interno del velo: in Cristo!  Tale predestinazione ci fortifica, ci consola come ha dichiarato l'Apostolo: "In lui ci ha eletti prima della fondazione del mondo, affinché fossimo [alla fine] santi e irreprensibili dinnanzi a lui nell'amore: avendoci predestinati ad essere adottati, come suoi figliuoli, per mezzo di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà ... affinché nella pienezza dei tempi egli possa raccogliere in uno tutte le cose in Cristo, entrambe le cose che sono in cielo e sulla terra; dico: in lui, nel quale siamo pur stati fatti eredi, a ciò predestinati conforme al proposito di colui che opera tutte le cose secondo il consiglio della propria volontà; affinché noi [la Nuova Creazione] fossimo a lode della sua gloria, noi che per primi abbiamo sperato in Cristo." Efes. 1:4-12

"Con molta tribolazione
entrerete nel Regno"

La necessità di sforzi e di superamenti per dar vita al carattere che Dio ha connesso alla chiamata dell'elettissima Nuova Creazione, non è senza il suo corrispondente in natura. Per illustrare ciò notate quanto segue:

"Si dice di un uomo che desiderava aggiungere una pavonia minore alla sua collezione di insetti [193] che per sua fortuna ottenne un bozzolo e lo tenne appeso nella sua biblioteca tutto l'inverno. In primavera scoprì che la pavonia stava cercando di fuoriuscire. Il foro era così piccolo e la pavonia si sforzava così disperatamente, come era evidente, contro la fibra resistente, che egli tagliuzzò il foro con le forbici per farlo più largo. Bene, la bella grande pavonia fuoriuscì, ma non volò mai. Qualcuno gli disse poi che gli sforzi erano necessari per far convogliare i fluidi del corpo nelle grandi ali dell'insetto. Risparmiarle la lotta era stata una benevolenza errata. Lo sforzo aveva lo scopo di essere la salvezza della pavonia. La morale è ovvia. Le lotte che gli uomini devono fare per i beni temporali, sviluppano carattere visto che questo non si potrebbe sviluppare senza di esse. Va bene che ci si debba anche impegnare a fondo per l'arricchimento spirituale."

Abbiamo già indicato* che le Scritture insegnano più esplicitamente la dottrina della "grazia gratuita" che sarà introdotta splendidamente non appena gli eletti saranno stati completati: glorificati. Durante il Millennio esso (il "Seme di Abramo") benedirà tutte le famiglie della terra con le opportunità più complete per raggiungere caratteri perfetti, restaurazione completa e vita eterna.

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*Vol. I, p. 96.
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IRREPRENSIBILI
—Giuda 24—

Irreprensibile alla presenza della sua gloria!
Tutta l'anima dentro eccitata,
Tutto il mio cuore elevato verso il cielo
Alla meraviglia di quella parola.

Capace di presentarmi irreprensibile?
Signore, perdona il mio dubbio, ho gridato;
Tu hai mostrato una volta, al dubbio amoroso,
Mani, piedi e costato squarciato.

Oh! per me costruisci una qualche scala,
Luminosa con piolo d'oro su piolo d'oro,
Che la mia speranza possa girare intorno a questo pensiero,
Raggiungendo della fede l'alto terreno favorevole!

Pregando così, ecco, la mia scala,
Che raggiunge il giorno perfetto,
È nata da una semplice storia
Lasciata cadere lì da qualcuno per la strada.

Una volta una regina (così dice la storia)
Cercando lontano qualcosa di nuovo,
La trovò in una follatrice, dove, stranamente,
Nient'altro che cenci ripagò la sua vista. [194]

Cenci che venivano proprio dai bassifondi,
Cenci di ogni forma e colore;
Mentre i bambini sordidi, raccogliendoli,
Non sembravano altro che cenci dai capelli alle scarpe.

Che cosa allora, indaga la sua domanda impaziente,
Puoi fare con cose sì orribili?
Fanno un candore perfetto,
Disse il padrone con un sorriso.

"Candore?" disse la regina, titubante;
Ma queste tinte rossastre, cremisi,
Niente potrà sicuramente rendere mai bianche
Questi come i tuoi occhi desidererebbero?

Sì, diss'egli, anche se questi sono i colori
Più difficili da stingere,
Ho tuttavia il potere di renderli
Come i fiocchi di neve mentre cadono.

In tutto il mio cuore quelle parole così semplici
Hanno vibrato con un'eco dentro e fuori:
Cremisi, scarlatti, bianchi come i fiocchi di neve,
Può farlo quest'uomo? E non lo può Dio?

Ora passato un giorno da allora,
(Così prosegue la favola a volontà),
Alla regina arriva un regalo
Dal padrone della follatrice.

Strato dopo strato del più puro tessuto
Giace la carta, bianco purissimo;
Su ciascun foglio brillavano le lettere
Del nome di lei in splendore dorato.

Preziosa lezione, scrisse il padrone,
Mi ha dato così la mia follatrice,
Mostrando come il nostro Cristo può radunare
Cuori orribilissimi dalla terra o dal mare;

In un alambicco celeste,
Bianco come la neve fa scaturire dal cremisi;
Timbra il suo nome su ciascuno, e li porta
Al palazzo del re.

*     *     *

Oh, che visione meravigliosa mi ha avvolto!
Le porte del Cielo sembrarono spalancate,
Anch'io ero lì in piedi e irreprensibile,
Al lato del mio caro Redentore.

Irreprensibile alla presenza della sua gloria!
Irreprensibile in quella luce abbagliante!
L'amore stesso di Cristo, maestoso, tenero,
Ha reso il mio cremisi bianco come la neve!

 

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