Studies in the Scriptures

Tabernacle Shadows

 The PhotoDrama of Creation

 

Studi Sulle Scritture
Serie 6 - La Nuova Creazione

 

 STUDIO 6

ORDINE E DISCIPLINA NELLA
NUOVA CREAZIONE

SIGNIFICATO DELL'ORDINAZIONE SOLO I DODICI MINISTRI PLENIPOTENZIARI "CLERO" E "LAICI" — LA SCELTA DEGLI ANZIANI E DEI DIACONI — ORDINARE ANZIANI PER OGNI CHIESA — CHI PUÒ ELEGGERE GLI ANZIANI E COME — LE MAGGIORANZE NON SONO SUFFICIENTI — VARI MINISTERI — UN MINISTERO REMUNERATO? — DISCIPLINA NELL'ECCLESIA — CHIAMATE ERRATE ALLA PREDICAZIONE — "AMMONIRE I DISORDINATI" — AMMONIMENTO NON UN ORDINE GENERALE — RARE LE RIPROVAZIONI IN PUBBLICO — "FATE ATTENZIONE CHE NESSUNO RENDA MALE PER MALE" — INCITARE A CARITÀ — "LA NOSTRA COMUNE ADUNANZA" — VARIETÀ E CARATTERE DEI NOSTRI INCONTRI — LA DOTTRINA ANCORA NECESSARIA — OPPORTUNITÀ PER FARE DOMANDE — ILLUSTRAZIONE DI INCONTRI PROFICUI — "SIA CIASCUNO PIENAMENTE CONVINTO NELLA PROPRIA MENTE" — SERVIZI FUNEBRI — DECIME, COLLETTE, ATTI DI CARITÀ.

NEL CONSIDERARE questo argomento è bene che teniamo chiaramente in mente l'essere uno della Chiesa ed il fatto che anche se la Chiesa intera in tutto il monto è una, tuttavia, in un altro senso della parola, ciascuna riunione di credenti di per sé, o ciascuna assemblea di credenti, è una raffigurazione del tutto. Ogni Ecclesia distinta deve quindi considerare il Signore come suo Capo e deve considerare i dodici apostoli come le dodici stelle, stelle brillanti, maestri, che il Signore ha tenuto nelle sue mani ed ha controllato in modo speciale servendosene come suoi portavoce per istruire la sua Chiesa dovunque, in ogni riunione, durante tutta l'età.

Ogni congregazione o Ecclesia, anche se formata da due o tre persone, deve cercare di riconoscere la volontà del Capo riguardo a tutte le sue faccende. Deve sentire un essere dappertutto in unità con tutte le care ecclesie che condividono la "preziosa simile fede" nel caro sacrificio del Redentore e nelle promesse di Dio. Deve dare felicità sentire che prosperano e riconoscere il fatto che il Signore, quale soprintendente della sua [274] opera, può usare oggi, come in tutti i periodi, strumenti speciali per il servizio della Chiesa come un tutt'uno, come pure certi membri di ciascuna piccola assemblea locale. Guardando in tal modo al Signore e riconoscendo il carattere dei servitori di cui si serve (umili, pieni di zelo, di buona reputazione, chiari per quanto concerne la Verità, persone che danno prova di avere l'unzione e il fervore religioso dello Spirito) saranno preparati ad aspettarsi simili ministeri generali per rispondere ai bisogni della Chiesa intera e a cercare nella benedizione e nella distribuzione generale la loro misura di "vitto a suo tempo" promessaci dal Maestro. Si ricorderanno in modo speciale anche di come egli promise benedizioni speciali alla fine di quest'età e si ricorderanno che promise di provvedere alle cose nuove come a quelle vecchie per la famiglia della fede attraverso canali appropriati di sua propria scelta. Mat. 24:45-47

Il Signore in persona soprintenderà e dirigerà i mezzi, i canali di queste benedizioni. Tutte le membra del corpo unite al Capo debbono avere fiducia e debbono cercare il compimento delle sue promesse; ma, cionondimeno, debbono "mettere gli spiriti alla prova", per vagliare le dottrine da chiunque esse provengano. Il mettere alla prova non implica una mancanza di fiducia in coloro che sono riconosciuti come canali della Verità guidati da Dio; implica invece una fedeltà al Signore e alla Verità in quanto superiori a tutti i maestri umani e ai loro sermoni; implica anche che essi non stanno lì ad aspettare di sentire la voce dell'uomo, ma la voce del Sommo Pastore; che essi banchettano con le sue parole e le amano, amano masticarle e digerirle. Tali membra del corpo crescono più forti e più rapidamente di altri nel Signore e nella potenza della sua forza perché più attenti alla guida e all'ammaestramento del Signore.

Questa unità generale del corpo, questa simpatia generale, questo insegnamento generale mediante un canale generale a cui il Signore ha provveduto per radunare per se stesso la sua proprietà particolare quando si renderà presente per la seconda volta (Mal. 3:17; Mat. 24:31), non interferisce, tuttavia, con un giusto riconoscimento dell'ordine in ciascuna delle piccole assemblee, o ecclesie. Per quanto piccola sia l'assemblea, ci dovrebbe essere ordine in essa. Con questa parola "ordine" tuttavia, non intendiamo dire [275] rigidità o formalismo. L'ordine che funziona meglio e che è più soddisfacente è quello che funziona senza rumore e il cui il meccanismo rimane piuttosto nascosto alla vista. Nel caso l'incontro sia piccolo di tre o cinque o dieci persone, cionondimeno ci si dovrebbe rivolgere al Signore per essere sicuri della sua guida per capire chi del gruppo deve essere riconosciuto come anziano, chi come senior, o chi è più avanti nella Verità, in possesso dei vari requisiti richiesti ad uno per essere un Anziano come li abbiamo già visti descritti a grandi linee nella Parola ispirata: chiarezza per quanto riguarda la Verità, attitudine all'insegnamento di essa, candore di vita rispetto al carattere morale e capacità di mantenere l'ordine senza frizione superflua, come si potrebbe osservarne l'esempio nella sua famiglia, ecc.

Se pertanto la piccola assemblea ha la Parola e lo Spirito del Signore davanti a sé e li mette in pratica, il risultato delle loro decisioni prese insieme, come viene espresso quando si eleggono i servitori, dovrebbe essere accettato come il pensiero del Signore in materia: le persone scelte come anziani, con tutta probabilità, saranno le migliori e le più adatte del gruppo. Tuttavia si deve fare attenzione che queste scelte non siano fatte senza la dovuta considerazione e senza la dovuta preghiera; quindi è consigliabile che si dia in anticipo il dovuto annuncio e che si riconosca che soltanto coloro che affermano di essere membri della Nuova Creazione (maschi e femmine) provino ad esprimere il pensiero del Signore in materia, durante la votazione. Costoro dovranno aver passato il punto del pentimento dei peccati, della restaurazione al massimo della loro capacità e il punto dell'accettazione del sacrificio del Signore Gesù quale base della loro armonia con Dio. Saranno coloro che avranno poi fatto una piena consacrazione di se stessi al Signore ed in tal modo vengono a far parte di coloro che godono dell'unzione e di tutti i privilegi della "casa dei figli". Solo costoro sono competenti al punto da capire ed esprimere il pensiero, la volontà, del Capo del corpo. Costoro soltanto costituiscono la Chiesa, il corpo di Cristo, sebbene altri, che non hanno ancora fatto il passo della consacrazione ma che hanno fiducia nel sangue prezioso, possano essere annoverati come membri della "famiglia della fede" il cui progresso è da sperarsi e la cui prosperità è da tenere in considerazione. [276] 

Ordinare gli anziani per ciascuna chiesa

"E fatti ordinare per ciascuna chiesa [Ecclesia] degli anziani, dopo aver pregato e digiunato, raccomandarono i fratelli al Signore." Atti 14:23

La forma di quest'affermazione, insieme ad altri riferimenti frequenti agli anziani in connessione con tutte le chiese, giustifica la deduzione per cui questa era l'usanza invariabile della Chiesa primitiva. Il termine "anziani", come visto nel testo, comprende gli evangelisti, i pastori, i maestri e i profeti (oppure esponenti pubblici); quindi è importante che impariamo cosa si intende con questa parola "ordinati". In questi tempi questa parola è usata generalmente con riferimento ad una cerimonia di installazione; questo però non è il significato della parola greca kirotoneo usata nel testo in questione. Essa significa: "ordinare stendendo la mano", la forma abituale tuttora usata per votare. Questa è la definizione che viene data nell'Analytical Bible Concordance [ovvero Concordanza Analitica della Bibbia] del prof. Young. Dato che essa può essere considerata di autorità Presbiteriana, daremo anche la definizione stabilita nella Strong's Exhaustive Concordance[ovvero Concordanza Completa di Strong], che si può considerare di autorità Metodista. Quest'ultima definisce la radice della parola: "Una persona che stende la mano oppure che vota (per alzata di mano)."

Viene usata una parola greca completamente diversa quando nostro Signore ha dichiarato parlando degli apostoli: "Non siete voi che avete scelto me, ma son io che ho ordinati voi." (Giovanni 15:16) Questa è la stessa parola: tithemi, usata dall'Apostolo allorché, parlando della sua ordinazione, dice: "Io fui ordinato banditore ed apostolo." (I Tim. 2:7) Ma questa ordinazione, afferma chiaramente l'Apostolo, fu "non dagli uomini né per mezzo d'alcun uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre." (Gal. 1:1) Tutti i membri del Corpo Unto, uniti al Capo e partecipanti del suo Spirito, sono ordinati lì in modo simile, non ad essere apostoli come Paolo, ma ad essere ministri (servitori) della Verità, ciascuno secondo i propri talenti e le opportunità (Is. 61:1); solo i dodici furono ordinati ad essere apostoli, o rappresentanti speciali, ministri plenipotenziari.

Ricorrere all'ordinazione o al riconoscimento degli anziani con il voto della congregazione (Ecclesia) della Nuova Creazione, con lo "stendere la mano in avanti", [277] come visto sopra, notiamo che questo era il modo abituale; poiché l'Apostolo usa la stessa parola greca quando parla di come Tito diventò suo aiutante. Dice: "che fu anche scelto dalle chiese per viaggiare con noi."Le parole in corsivo provengono dalla parola greca kirotoneo che, come mostrato sopra, significa: "eleggere stendendo la mano". Ed inoltre la parola "anche" implica qui che l'Apostolo stesso fu scelto con un voto simile. Non scelto o eletto ad essere apostolo, ma ad essere missionario, rappresentante delle chiese in quest'occasione e, senza dubbio, a spese loro.

Tuttavia evidentemente alcuni dei viaggi successivi dell'Apostolo avvennero senza il voto o l'appoggio della Chiesa di Antiochia. (II Tim. 1:15) I regolamenti della Chiesa Primitiva lasciavano tutti liberi di esercitare i propri talenti e il proprio modo di amministrare secondo le loro coscienze. Le ecclesie (congregazioni) potrebbero accettare o declinare i servizi degli apostoli anche se loro rappresentanti speciali; e gli apostoli potrebbero accettare o rigettare tali impegni, ciascuno esercitando la propria libertà di coscienza.

Ma, non c'è nessuna ordinazione di anziani, ecc. di cui si fa menzione nel Nuovo Testamento oltre a questa: un'elezione? Non c'è nulla che voglia dire conferire autorità o permesso di predicare, come accade per la parola inglese "ordain" [ovvero "ordinare"] che è usata generalmente in tutte le denominazioni in connessione con dare il permesso o ordinare anziani, predicatori, ecc.? Andremo a fondo in queste questioni.

La parola "ordinare", riferita agli anziani, si usa in un altro posto soltanto ed è la traduzione di una parola greca diversa, vale a dire: kathestemi, che significa: "Mettere o porre giù" (Young). "Mettere giù" (Strong). Questa parola appare in Tito 1:5: "Perché tu dia ordine alle cose che rimangono da fare ed ordini degli anziani per ogni città, come t'ho ordinato", cioè come ho disposto. "Revised Version" [ovvero "Versione Corretta"]: "come ti ho incaricato". A prima vista questo testo sembra implicare il fatto che furono conferiti a Tito dei poteri per nominare questi anziani, senza tener conto dei desideri delle congregazioni (chiese, ecclesie); ed è su questo punto di vista che si basa la teoria Episcopaliana dell'ordine della chiesa. I Cattolici, gli Episcopaliani e gli Episcopaliani-Metodisti affermano tutti che i loro vescovi hanno un'autorità che viene dagli apostoli di [278] costituire, di mettere o nominare anziani per le congregazioni, senza stendere in avanti la mano oppure senza il voto della Chiesa.

Questo testo è il baluardo di tale idea; ma sembra essere un sostegno piuttosto debole se si nota l'ultima clausola ("Come t'ho ordinato") e riflettiamo sul fatto che l'Apostolo non avrebbe sicuramente dato a Tito l'ordine o istruzione di fare diversamente da quanto avrebbe fatto egli (l'Apostolo) in questa faccenda. Il racconto di come procedette personalmente l'Apostolo, tradotto giustamente, è molto esplicito: "E fatti eleggere per alzata di mano degli anziani per ciascuna Ecclesia e dopo aver pregato e digiunato, li raccomandarono al Signore."Atti 14:23

Non c'è dubbio che il consiglio dell'Apostolo e il consiglio di Tito, che egli raccomandò in modo speciale ai fratelli come ministro fedele della Verità, non fosse stato solo desiderato, ma cercato da parte dei fratelli e molto seguito in genere; cionondimeno l'Apostolo e tutti coloro che seguirono nei suoi passi cercarono di mettere la responsabilità lì dove Dio l'ha messa: nell'Ecclesia, la cui preoccupazione dovrebbe essere: "Provate gli spiriti [ciò che si insegna come pure coloro che insegnano] per sapere se sono da Dio." (I Giov. 4:1) "Se qualcuno parla non secondo questa Parola è perché non c'è la luce in loro"; e l'Apostolo consiglia: "da costoro andate via"; non debbono votare per costoro né debbono accettarli in alcun modo come maestri, anziani, ecc.

In ogni caso il consenso della Ecclesia sarebbe necessario sia che venga espresso con il voto, come affermato, o meno; poiché supponete che Tito avesse nominato anziani non congeniali ai fratelli, per quanto tempo avrebbe trionfato la pace? Quanto lavoro pastorale o quanto altro servizio potrebbe portare a compimento un tale Anziano sgradevole ai sentimenti della Chiesa? Praticamente nessuno.

Gli intrighi preteschi, e non gli insegnamenti di nostro Signore e dei suoi dodici apostoli, sono responsabili per la divisione dei santi in due classi, dette "clero" e "laici". È lo spirito degli intrighi preteschi e dell'anticristo che cerca di avere dominio sull'eredità di Dio in tutti i modi possibili, in proporzione della densità di ignoranza che prevale in una [279] congregazione. Il Signore e l'Apostolo riconoscono non gli anziani ma la Chiesa (Ecclesia) quale corpo di Cristo; e qualsiasi dignità o onore accompagna i fedeli anziani, quali servitori del Signore e della Chiesa, non è semplicemente il riconoscimento di se stessi o il loro riconoscimento da parte di altri anziani. La congregazione che li sceglie deve conoscerli, deve riconoscere le loro grazie e le loro capacità Cristiane alla luce della Parola di Dio, altrimenti non possono conceder loro una tale posizione o un tale onore. Nessun Anziano quindi ha alcuna autorità nominandosi da solo. Al contrario, la disposizione ad ignorare la Chiesa, corpo di Cristo, e di fare se stesso e il proprio giudizio superiori a tutto l'insieme, è evidenza di prima classe che tale fratello non ha l'atteggiamento giusto per essere riconosciuto quale Anziano, visto che l'umiltà e un riconoscimento dell'unità dell'Ecclesia quale corpo del Signore sono gli elementi essenziali di tale servizio.

Né alcuno dei fratelli dovrebbe assumere delle mansioni pubbliche nella Chiesa come capo, rappresentante, ecc. senza un'elezione, anche se si è sicuri che non ci sono riserve rispetto alla sua accettabilità. Il metodo Scritturistico di ordinare gli anziani in tutte le chiese è per elezione da parte della congregazione, stendendo la mano in avanti per votare. Insistere su tale elezione prima di servire è seguire l'ordine Scritturistico; fortifica l'Anziano ed inoltre ricorda all'Ecclesia i suoi doveri e le sue responsabilità come colei che nomina gli anziani nel nome e nello spirito del Signore, come colei che esprime la scelta di Dio, la volontà di Dio. Inoltre questa disposizione Scritturistica fa interessare i membri dell'Ecclesia a tutte le parole e le azioni degli anziani, quali suoi servitori e rappresentanti. Si oppone all'idea prevalente secondo cui gli anziani possiedono e governano la congregazione e mette fine al loro modo di pensare e di riferirsi ad essa quale "il mio popolo", invece che "il popolo di Dio che io servo".

Perché queste faccende, che sono così chiaramente Scritturistiche, non sono capite di più e non sono esposte di più in genere? Perché alla natura umana piace ricevere onori ed alti incarichi e ben presto cade nelle condizioni errate favorevoli a tali onori ed alti incarichi; perché essi sono stati prevalenti per diciassette secoli; perché hanno ceduto a [280] queste condizioni e le hanno preferite ai privilegi con cui Cristo ci fa liberi. Poi molti si sono anche sentiti così sicuri del fatto che le usanze di Babilonia dovevano essere giuste che non si sono mai messi a studiare la Parola del Signore su questo argomento.

Il periodo per cui si è scelti come Anziani

Niente è stato detto per ispirazione riguardo al periodo per il quale un Anziano dovrebbe essere scelto: quindi siamo liberi di usare la ragione e il buon senso in materia. Molte persone possono essere ritenute anziane, o fratelli che hanno raggiunto un certo grado di sviluppo nella Chiesa, e possono essere utili e grandemente apprezzati, ma nonostante ciò non essere fra gli anziani scelti preposti dall'Ecclesia in qualità di suoi rappresentanti: evangelisti, maestri, pastori. Le "donne anziane"* sono così definite varie volte dagli apostoli con onore, senza il minimo suggerimento che alcune di esse fossero mai state scelte quali anziane rappresentanti o maestre nella congregazione (Ecclesia). Alcuni scelti in quanto adatti al servizio dell'Ecclesia potrebbero cessare di avere i requisiti stipulati; oppure altri, per provvidenza divina, potrebbero raggiungere maggiore efficienza nel servizio della Chiesa. Un anno, o parti di esso (metà o un quarto) sembrerebbero periodi giusti per tali servizi; parti di un anno, se le persone sono meno provate, un anno, se sono ben provate e conosciute in modo favorevole. Mancando una legge, o persino un consiglio o suggerimento, sta a ciascuna congregazione determinare nel miglior modo possibile la volontà del Signore in ciascun caso.

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* Il posto della Donna nella Chiesa è trattato nel Cap.v.

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Il numero degli Anziani

Nelle Scritture il numero degli anziani non è limitato; ma logicamente molto dipenderà dalla misura dell'Ecclesia come anche dal numero a disposizione: persone competenti, ecc. (Non si dovrebbe supporre di nessuno che sia credente e completamente consacrato; dovrebbe aver dato prove inequivocabili sia in parole che in fatti sia della sua fede che della sua consacrazione ben prima di essere scelto come Anziano.) [281]

Incoraggiamo ad avere tanti quanti sono in possesso dei requisiti descritti e a suddividere i servizi fra di loro. Se li stimola il giusto zelo, presto qualche tipo di attività evangelistica o missionaria li farà suoi, o farà sua, parte del tempo di molti. Ciascuna Ecclesia dunque dovrebbe essere un seminario teologico dal quale dovrebbero emergere maestri efficienti in continuazione per finire nei più vasti campi di servizio. L'Anziano che dovesse manifestare gelosia degli altri e desiderio di impedir loro di espletare il loro servizio dovrebbero essere considerati indegni di permanere in carica; ed ancora, nessuno incompetente o principiante dovrebbe essere scelto a soddisfazione della sua vanità. La Chiesa, quale membra del corpo di Cristo, deve votare come crede che il Capo vorrebbe che votasse.

Si dovrebbe dare un avvertimento forse affinché non si elegga un Anziano qualora non si trovi nessuno competente per il servizio, secondo i requisiti stabiliti dagli apostoli: è molto meglio non avere nessun anziano che averne di incompetenti. Nel frattempo, finché non si trova un fratello competente per il servizio, si facciano degli incontri di tipo informale, con la Bibbia come libro di testo e con il Fratello Russell presente in modo rappresentativo quale maestro degli Studi Scritturistici, il vostro Anziano scelto, se lo preferite.

Chi può eleggere gli Anziani e come?

Solo l'Ecclesia (il corpo: maschile e femminile), le Nuove Creature, sono elettori o votanti. La "famiglia della fede" generale, credenti che non sono stati consacrati, non hanno nulla a che vedere con tale elezione, visto che ciò che si cerca è la scelta del Signore, attraverso il suo "corpo", in possesso del suo Spirito. Tutti coloro che appartengono al corpo consacrato dovrebbero votare e ciascuno di loro può fare delle nomine in una riunione generale radunata a questo fine, preferibilmente una settimana prima della votazione in modo da lasciare del tempo per considerarle.

Alcuni hanno chiesto con insistenza che il voto sia per mezzo di votazione segreta, in modo da lasciar tutti più liberi di esprimere la loro scelta effettiva. Noi rispondiamo che qualsiasi vantaggio ci sia in ciò è controbilanciato da uno svantaggio: cioè, nella perdita della disciplina e della formazione del carattere che si verifica [282] seguendo il modo apostolico di "stendere in avanti la mano". Ciascuno dovrebbe imparare ad essere sincero e franco, ma, allo stesso tempo, affettuoso e mansueto. Il voto, si deve tener presente, è la scelta del Signore espressa dai membri del suo corpo nella misura in cui sono capaci di discernerla. Nessuno ha la libertà di eludere questo dovere o di preferire uno anziché un altro a meno che non creda di avere, e di esprimere, l'opinione del Signore.

Le maggioranze non sono sufficienti

Nelle faccende del mondo la voce di una pura maggioranza decide; ma evidentemente non dovrebbe essere così nell'Ecclesia, o corpo, del Signore. Anzi, per quanto è fattibile, dovrebbe prevalere il decreto della giuria e si dovrebbe cercare un verdetto o una decisione unanime. Il fratello che riceve una mera maggioranza nella votazione si sentirà scarsamente comodo nell'accettare il voto quale "la scelta del Signore", non più di quanto scarsamente comoda si sentirà la congregazione. Si dovrà cercare un altro candidato capace di attrarre l'appoggio di tutti, o di quasi tutti, mediante una votazione dopo l'altra, una settimana dopo l'altra, finché non si trova oppure si dovrebbe abbandonare la cosa; oppure tutti dovrebbero accordarsi sui due o i tre o più i quali potrebbero servire a turno e in tal modo si potrebbe venire incontro alle idee di tutti. Ma se prevale l'amore fervente per il Signore e per la Verità, con la preghiera per la guida e la disposizione a preferire l'un l'altro nell'onore, laddove i talenti sono su un piede di parità, si troverà generalmente facile essere uniti nel discernimento riguardo alla volontà divina in materia. "Non si faccia nulla per spirito di parte o vanagloria." "Conservate l'unità dello Spirito col vincolo della pace." Fil. 2:3; Efes. 4:3

Lo stesso ordine dovrebbe prevalere riguardo alla scelta degli aiutanti chiamati diaconi e diaconesse, la cui buona reputazione dovrebbe essere anch'essa ben considerata quale requisito. (Vedere I Tim. 3:8-13) A costoro può venir richiesto qualsiasi servizio e dovrebbero possedere quanti più requisiti possibili uguali a quelli richiesti per poter essere considerati come anziani, compresa l'abilità di insegnare e le grazie dello Spirito.

Varietà dei ministeri

Come già visto, gli anziani possono possedere requisiti speciali in una cosa particolare o in più: alcuni eccellono nell'esortare, alcuni nell'insegnare, alcuni nel [283] profetizzare o nell'oratoria, alcuni come evangelisti, nel far sorgere interesse nei non credenti, ed alcuni come pastori nel prendersi cura della supervisione generale del gregge nei suoi vari interessi, locali o generali. Il discorso dell'Apostolo Paolo agli Anziani dell'Ecclesia ad Efeso ci dà la visione generale del ministero al quale ciascun individuo deve adattare e accomodare i propri talenti in quanto amministratore. Le sue parole meritano grandemente attenta e devota considerazione da parte di tutti coloro che accettano il servizio di Anziano in qualsiasi campo di attività esso sia. Disse: "Badate, quindi, a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito santo vi ha costituiti soprintendenti [la parola che è stata resa altrove in modo errato come vescovi] per pascere la Chiesa [Ecclesia] di Dio." (Atti 20:28) Ah, sì! Gli anziani debbono prima di tutto badare a se stessi, affinché il poco onore della loro posizione non li renda orgogliosi e altezzosi, e affinché non assumano per se stessi autorità ed onori che appartengono al Capo, il Sommo Pastore. Pascere il gregge è il campo d'azione del Signore; come sta scritto: "Come un pastore, egli pascerà il suo gregge." (Is. 40:11) Pertanto quando uno viene scelto come Anziano è così perché possa rappresentare il Sommo Pastore, perché possa essere lo strumento o il canale attraverso cui il grande Pastore del gregge possa mandare ai suoi "carne nella dovuta stagione", "cose nuove ed antiche".

"Guai ai pastori [custodi] che distruggono e disperdono il gregge del mio pascolo! dice l'Eterno. Perciò così parla l'Eterno, l'Iddio d'Israele, riguardo ai pastori [custodi] che pascono il mio popolo: Voi avete disperse le mie pecore, le avete scacciate, e non ne avete avuto cura: ecco, io vi punirò, per la malvagità delle vostre azioni, dice l'Eterno...Costituirò su loro dei pastori che le pastureranno: ed esse non avranno più paura né spavento." Ger. 23:1,2,4

Imposizione delle mani dei Presbiteri

(1) "Non trascurare il dono [dotazione] che è in te, il quale ti fu dato per profezia [predizione] quando ti furono imposte le mani dal presbiterio [collegio degli anziani]." I Tim. 4:14

(2) "E li [i sette diaconi scelti dalla Chiesa] presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani." Atti 6:6

(3) "Nella Chiesa [Ecclesia] che era ad Antiochia, ... lo Spirito santo disse: Mettetemi a parte Barnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati. Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro [284] le mani, e li accomiatarono."Atti 13:1-3

(4) "Non imporre le mani con precipitazione ad alcuno, e non partecipare ai peccati altrui." I Tim. 5:22

(5) "E dopo che Paolo ebbe loro imposto le mani, lo Spirito santo scese su loro e parlavano in altre lingue e profetizzavano [predicavano]." Atti 19:6

(6) "Allora [gli apostoli] imposero loro le mani ed essi ricevettero lo Spirito santo." Atti 8:17-19

(7) "Ravviva il dono di Dio che è in te, per l'imposizione delle mie mani." II Tim. 1:6

Raccogliamo così la testimonianza ispirata con riguardo all'imposizione delle mani nell'Ecclesia della Nuova Creazione. Negli ultimi tre (5, 6, 7) è evidente il riferimento al conferimento dei "doni" comune nella Chiesa primitiva. Le mani Apostoliche venivano così imposte su tutti i credenti consacrati ed uno o più doni facevano seguito: "lingue", ecc. "Una certa misura dello Spirito è data ad ogni uomo per trarne profitto."* I primi quattro testi (1, 2, 3, 4) si possono raggruppare come facenti parte ad un unico insegnamento generale, vale a dire come il marchio di approvazione o di appoggio, ma non come segno di permesso o di autorizzazione.

*Vedere Volume V, Cap. viii.

(1) Timoteo, "figlio" adottato di Paolo nel ministero, era già stato battezzato ed aveva già ricevuto un dono dello Spirito santo per mano dell'Apostolo Paolo (vedere 7) quando si era recato con Paolo a Gerusalemme. (Atti 21:15-19) Senza dubbio, immediatamente "Giacomo e tutti gli anziani", gli anziani-apostolici, riconoscendo la devozione di Timoteo e l'intima affiliazione con Paolo, tutti insieme lo benedissero, imponendo le loro mani su di lui con valore di appoggio; e il racconto implica che essi agirono così, non secondo un'usanza comune né secondo quanto avveniva per tutti i compagni di Paolo, ma "per profezia", indicando che essi furono mossi a farlo a causa di qualche predizione fatta dal Signore, o per qualche istruzione ricevuta da Lui.

(2) Questi diaconi non furono incaricati, o autorizzati a predicare, mediante l'imposizione delle mani degli apostoli su di loro, poiché non erano stati scelti per essere predicatori, ma per servire alle tavole; e, comunque, essi, per via della loro unzione dello Spirito santo, avevano già autorità per predicare nella misura dei loro talenti e secondo [285] l'opportunità. E senza fare menzione di licenza, o permesso, o di altra ordinazione da parte di qualcuno, troviamo che Stefano, uno di questi diaconi, predicava con così tanto zelo da essere stato il primo dopo il Maestro a sigillare la sua testimonianza con il proprio sangue. Questa imposizione delle mani evidentemente significava puramente l'approvazione e la benedizione apostolica.

(3) L'imposizione delle mani su Paolo e Barnaba non poteva essere stato un permesso a predicare; poiché erano già riconosciuti come anziani ed avevano già insegnato nella Chiesa d'Antiochia da più di un anno. Inoltre erano andati entrambi a predicare precedentemente da altre parti. (Paragonare Atti 9:20-29; 11:26.) Questa imposizione delle mani poteva voler dire soltanto l'approvazione dell'opera missionaria che stava per essere intrapresa da Paolo e Barnaba affinché l'Ecclesia di Antiochia si unisse a loro in quella missione e probabilmente rimborsasse i loro costi.

(4) Qui l'Apostolo lascia intendere che un'imposizione delle mani da parte di Timoteo su un compagno d'opera nella vigna significa l'approvazione o l'appoggio suo: di modo che se le cose non fossero andate bene con lui sotto qualsiasi rispetto, Timoteo sarebbe stato coinvolto nel suo demerito. Per quanto è possibile, egli deve assicurarsi di non usare il suo ascendente per presentare una persona che potrebbe recare del male alle pecore del Signore, dal punto di vista morale o dottrinale.

Non si dovrebbero correre rischi; si dovrebbe essere cauti sia nell'offrire lettere di raccomandazione che approvazioni pubbliche nella forma di buon augurio pubblico. Lo stesso consiglio si confà anche a tutti coloro che appartengono al popolo del Signore in proporzione al loro grado di influenza. Tuttavia ciò non implicava affatto che si era dipendenti dalla previa approvazione di Timoteo per poter avere il diritto di predicare: questo è un diritto accordato dal Signore secondo le proprie capacità a tutti coloro che ricevono l'unzione dello Spirito santo.

Un ministero remunerato?

L'abitudine di un ministero remunerato, così vastamente in voga ora e considerato da molti inevitabile e indispensabile, non era la norma della Chiesa primitiva. Nostro Signore e i suoi dodici, per quanto possiamo giudicare dai documenti ispirati, erano [286] poveri, eccezion fatta, forse, per Giacomo, Giovanni e Matteo. Abituati a dare di propria volontà ai Leviti, gli Ebrei estesero evidentemente questa usanza a tutto ciò che era religioso, che piaceva loro perché si trattava di cose di Dio. I discepoli avevano un tesoriere generale, Giuda (Giov. 12:6; 13:29) ed evidentemente non mancava loro mai niente; allo stesso tempo è evidente anche che non facevano mai la questua. Neanche un minimo accenno al riguardo si trova nei documenti riguardanti le parole di nostro Signore. Si fidava della provvidenza del Padre e certe donne onorabili si curavano di lui (e dei suoi) con i loro beni. Vedere Mat. 27:55, 56; Luca 8:2,3.

Se i discorsi e le parabole di nostro Signore fossero state infiorate di implorazioni per i soldi, ciò avrebbe fiaccato la loro vivacità. Nulla ci attira di più dell'altruismo evidente del Maestro e di tutti i suoi eletti in modo speciale, con l'unica eccezione di Giuda, la cui avidità gli costò la caduta. (Giov. 12:5,6) L'amore per i soldi, per le apparenze e per il sistema di Babilonia della questua sono oggi molto contrari al suo potente ascendente; e l'assenza di questo spirito tra i fedeli del Signore ora, come alla prima venuta, dice molto a loro favore per coloro che li studiano come epistole viventi, non capendone a fondo gli insegnamenti. Il Signore finora ha provveduto alla sua opera di "raccolto" in un modo piuttosto straordinario senza fare neppure una sola implorazione per i soldi; e abbiamo fiducia che non sarà mai altrimenti, perché crediamo che questa è l'idea del Signore.

Lasciamo che coloro che ambiscono i lussi e il benessere di questo mondo li ricerchino nei campi del commercio o in professioni lucrose; ma facciamo sì che nessuno diventi ministro del Vangelo di Cristo per nessun altro motivo che l'amore per Dio, per la sua Verità e per i suoi fratelli: un amore che godrà nel sacrificare comodità, ricchezza e onore degli uomini, non di malincuore ma con grande entusiasmo. Ma, ahimè! la Religione Cristiana si è ingrandita ed è diventata mondana, e i suoi servitori vengono onorati con titoli di Reverendo, Molto Reverendo, Reverendissimo e Dottore in Teologia; e a questi onori e con questi titoli si accompagnano i salari: non secondo i bisogni del ministro, ma sulla base commerciale della sua capacità di attrarre vaste congregazioni e [287] persone ricche. Ne ha fatto seguito il risultato naturale: "Pertanto i sacerdoti insegnano per un salario e i profeti pertanto fanno predizioni per denaro: eppure si appoggeranno al Signore e diranno: Non è con noi il Signore? Non ci potrà accadere nulla di male." "I suoi guardiani sono ciechi: sono tutti ignoranti, sono tutti "D------ D------" [ovvero cani], non sanno abbaiare; sognano o parlano mentre dormono; pigri, amano il sonnecchiare [la comodità]. Sì, sono cani ingordi che non sanno cosa sia l'esser satolli; son dei pastori che non capiscono nulla: son tutti volti alla propria via [benessere], ognuno mira al proprio interesse, dal primo all'ultimo [denominazione]." "Si accumuleranno maestri per prurito d'udito [per la lode degli uomini]; e distoglieranno le orecchie dalla Verità e si volgeranno alle favole." Is. 56:10, 11; Michea 3:11; Fil. 3:2; II Tim. 4:3, 4

Alcuni possono ragionare dicendo che si dovrebbero evitare gli estremi (grandi salari e nessun salario) e richiamano alla memoria le parole del Signore: "Il lavoratore è degno della sua mercede" e le parole dell'Apostolo: "Se abbiamo seminato in voi cose spirituali, è tanto se raccogliamo le vostre cose carnali?". Ma dobbiamo ricordare che anche queste potentissime affermazioni della Scrittura non si riferiscono a salari principeschi ma alle minime necessità. Così l'Apostolo illustra con questo passo: "Non metterai la museruola al bue che trebbia il frumento." Il bue doveva essere libero per provvedere alle sue necessità, ma non di più. L'Apostolo ci ha dato il concetto fondamentale del suo ministero così coronato da successo: "Non vi sarò d'aggravio: poiché non cerco i vostri beni ma voi... E io molto volentieri spenderò e sarò speso per voi; se io v'amo tanto, devo esser da voi amato meno?" II Cor. 12:14, 15

Se proseguiamo sulle orme di Gesù, esse non ci portano in direzione dei salari: neppure se proseguiamo nelle orme del suo apostolo principale, Paolo. Quest'ultimo, dopo aver mostrato che chiedere una remunerazione terrena per i servizi spirituali non viola in alcun modo la giustizia, ci parla del suo proprio modo di risolvere questa faccenda in queste parole:

"Io non ho bramato né l'argento, né l'oro, né il vestito d'alcuno. Sì, voi stessi sapete che queste [mie] mani hanno provveduto ai bisogni miei e di coloro che erano con [288] me. In ogni cosa vi ho mostrato che è con l'affaticarsi così che bisogna venire in aiuto ai deboli e ricordarsi delle parole del Signore Gesù, il quale disse egli stesso: Più felice cosa è il dare che il ricevere." Atti 20:33-35

"Noi non abbiamo fatto uso di questo diritto [su di voi di chiedervi cose temporali in cambio di cose spirituali]: anzi sopportiamo ogni cosa per non creare nessun ostacolo al vangelo di Cristo." (I Cor. 9:12) "Quando durante il mio soggiorno fra voi mi trovai nel bisogno, non fui d'aggravio a nessuno: perché i fratelli venuti dalla Macedonia [spontaneamente] supplirono al mio bisogno." II Cor. 11:9

I nostri diritti sono proprio gli stessi di quelli degli apostoli rispetto a ciò; e la fedeltà alla causa ci dovrebbe portare a seguire i loro passi in questa materia come in tutte. Il Signore, gli apostoli e i loro compagni che viaggiarono e dedicarono tutto il loro tempo al ministero della verità, accettarono contributi volontari dai loro fratelli per far fronte alle loro spese; e, come già lasciato intendere, l'imposizione delle mani della Chiesa d'Antiochia su Paolo e Barnaba, in procinto di partire per il loro primo viaggio missionario, sembra aver implicato che la Chiesa era divenuta responsabile delle spese che essi avrebbero sostenuto e di conseguenza prese parte alla loro opera.

Non viene lasciato intendere né direttamente né indirettamente che gli anziani che servivano la Chiesa sul posto ricevevano un salario o del denaro per le spese; e crediamo che si riterrà generalmente un vantaggio se ciascuna Chiesa locale usa i servizi volontari dei suoi propri membri, siano essi pochi o tanti, grandi o insignificanti. Questo metodo Scritturistico è spiritualmente sano: tende a far parlare tutti i vari membri facendo sì che esercitino i doni spirituali che hanno e a portare tutti a guardare al Signore come al Pastore reale, più di quanto non faccia il metodo del salario. Man mano che aumenta il numero di maestri qualificati, facciamo sì che si imiti l'esempio della Chiesa d'Antiochia: lasciamo che alcuni vengano inviati come missionari, distributori ambulanti di testi religiosi, pellegrini, ecc.

Nondimeno, se una congregazione considera che il suo proprio campo di utilità sia vasto e che ci sia un vantaggio ad avere un fratello che dedichi tutto il suo tempo al [289] servizio di essa e al lavoro missionario, e se essa gli offre spontaneamente del denaro sufficiente per coprire le sue spese, non abbiamo conoscenza di nessun passo scritturistico che vieti di accettarlo. Ma entrambi, l'Anziano che serve e l'Ecclesia che mantiene, dovrebbero far sì che l'ammontare previsto non superi le spese ragionevoli di vitto per il servitore e per coloro che sono giustamente dipendenti da lui. Ed entrambi dovrebbero anche fare attenzione che tutti i membri dell'Ecclesia vengano messi all'opera e, in modo particolare, coloro che posseggono i requisiti richiesti per essere considerati anziani; altrimenti si svilupperà di sicuro lo spirito di Babilonia, la devozione alla chiesa.

Disciplina nell'Ecclesia
Mat. 18:15-18

L'amministrazione della disciplina non è solo la funzione degli anziani, ma della Chiesa intera. Se sembra che uno sia nell'errore o nel peccato, dovrebbe far notare lo sbaglio presunto a chi erra solo colui che ha ricevuto dei danni da costui oppure solo il membro che ha scoperto per primo lo sbaglio. Se colui che viene ripreso non riesce a discolparsi e continua nell'errore o nel peccato, allora si dovrebbe chiedere a due o a tre fratelli senza previo preconcetto di ascoltare la faccenda e di consigliare i disputanti. (Essi possono essere Anziani o meno ma il loro essere degli Anziani non aggiungerebbe nessuna forza né nessuna autorità al caso eccetto per quanto riguarda il fatto che il loro giudizio potrebbe essere più maturo e il loro ascendente più potente.) Se questo comitato decide all'unanimità per una delle parti, l'altra parte dovrebbe accettare e la faccenda dovrebbe essere completamente risolta effettuando presto la correzione, o restituzione, per quanto possibile. Se uno dei disputanti originari persiste ancora nel cammino sbagliato, colui che ha fatto all'inizio l'accusa o uno di coloro che sono stati chiamati nel comitato, oppure, preferibilmente, tutti costoro insieme, possono allora (ma non prima) esercitare il loro privilegio di presentare la questione all'Ecclesia, al corpo, alla Chiesa. In tal modo è evidente che gli Anziani non dovevano essere in nessun senso giudici dei membri: si lasciava l'udienza e la sentenza al corpo, o alla Chiesa, locale.

Una volta fatti i due passi preliminari (summenzionati), una volta che i fatti erano stati assicurati agli anziani, sarebbe stato loro compito convocare un'assemblea generale [290] dell'Ecclesia, o corpo consacrato, a mo' di corte, per ascoltare il caso in tutti i particolari e, nel nome del suo Capo e nella riverenza verso di lui, per offrire una decisione. E la faccenda dovrebbe essere così chiara, e la persona condannata dovrebbe avere un trattamento così generoso, che la decisione sarebbe all'unanimità, o quasi. In tal modo si preserverebbe la pace e l'unità del corpo (l'Ecclesia). Il pentimento fino al momento in cui si è condannati dalla Chiesa è possibile. O meglio, assicurare il pentimento e il ravvedimento è il vero obiettivo di ogni fase di questi procedimenti, riabilitare il trasgressore; la sua punizione non è affatto l'obiettivo. La punizione non appartiene a noi ma a Dio: "A me la vendetta, io darò la retribuzione, dice il Signore." (Rom. 12:19) Se colui cha ha sbagliato si pente in qualsiasi momento di questo procedimento, dovrebbe essere motivo di ringraziamento e di gioia per tutti coloro che posseggono lo Spirito del Signore e chiunque non lo possiede non è membro del suo corpo. Rom. 8:9

In verità, anche se il trasgressore si rifiuta di dar ascolto (obbedire) alla decisione della Chiesa intera, non si deve infliggere né tentare di infliggere nessuna punizione. Che fare allora? La Chiesa deve semplicemente togliergli la sua amicizia e tutti i segni o le manifestazioni di fraternità. Da quel momento in poi il colpevole deve essere trattato "come un pagano e un pubblicano." Mat. 18:17

In nessun momento si debbono rendere di dominio pubblico le colpe o le mancanze del colpevole durante questi procedimenti, provocando scandalo per lui, per la Chiesa e per il Signore, Capo della Chiesa. Né si deve parlare di lui duramente anche dopo la separazione; come pure non dobbiamo rimproverare o inveire contro i pagani e i pubblicani, ma dobbiamo "non parlar male di nessuno" e "fare del bene a tutti". (Tito 3:2; Gal. 6:10) L'amore è la qualità che insiste sull'obbedienza più stretta a questi due ultimi requisiti verso "tutti gli uomini": quanto più insisterà l'amore affinché un "fratello", un membro come lui dell'Ecclesia, il corpo di Cristo, non solo non sia danneggiato da dichiarazioni false o travisate, ma le sue debolezze o i suoi errori grossolani o i suoi peccati siano per di più ben coperti, perché non siano visti non solo dal mondo non comprensivo, ma anche dalla "famiglia della fede" e persino dalla Chiesa, fino a che non [291] si veda assolutamente necessario il passo finale del "dirlo alla Chiesa". Ad ogni passo lo spirito d'amore spererà che colui che ha sbagliato sia vittima di qualche malinteso e pregherà perché la sapienza e la grazia allontanino il peccatore dall'errore del suo cammino e così (magari) salvino un'anima dalla morte. Giacomo 5:20

Oh, che lo Spirito santo, spirito d'amore, possa dimorare in ogni membro dell'Ecclesia così abbondantemente che dia dolore sentire una storia diffamatoria contro chiunque e specialmente contro un nostro membro! Ciò eliminerebbe immediatamente metà, o più, della frizione. E se si seguisse il procedimento suddetto, descritto a grandi linee dal Signore, non si arriverebbe a frequenti processi nella chiesa: anzi, togliendo di mezzo il motivo delle animosità, si inculcherebbe rispetto per il giudizio della Chiesa in quanto giudizio del Signore e si darebbe ascolto e si obbedirebbe alla voce della Chiesa. Inoltre, visto che prevarrebbe l'ordine e l'amore, possiamo star certi che ciascuno cercherebbe per quanto possibile di "interessarsi dei fatti propri" e non cercherebbe di rimproverare suo fratello o di correggerlo, o di presentare la faccenda a un comitato o alla Chiesa, a meno che la cosa non fosse di qualche importanza per quanto riguarda se stesso, la Chiesa o la Verità.

Senza dubbio, la maggior parte dei guai della Chiesa (come pure dei guai della società e della famiglia) sorgono non dal desiderio di far del male, e neppure da un male commesso senza averne l'intenzione, ma da malintesi e, almeno, da interpretazioni parzialmente errate di intenzioni o motivi. La lingua è la seminatrice generale di discordie; e pertanto fa parte dello spirito di una mente sana mettere a guardia le labbra come pure il cuore, da cui provengono sentimenti non generosi che, espressi dalle labbra, infuocano passioni perverse e recano spesso danno a molti. La Nuova Creazione, la Chiesa, ha istruzioni rigide su questo argomento importante da parte del suo Signore e Capo. Il suo spirito d'amore deve riempirli quando vanno da soli, in modo privato, dalla persona che sta facendo del male senza conferire con altri o parlarne con alcuno. Essi vanno non per farlo (o farla) vergognare della sua condotta, né per rimproverarlo o [292] altrimenti punirlo, ma per assicurarsi che il male finisca e, se possibile, per ottenere una ricompensa per il danno già subito. Dire ad altri del male, prima o dopo, è crudele, non affettuoso, è contrario alla Parola e allo Spirito del nostro Capo. Non si dovrebbe parlarne neppure per cercare consiglio: abbiamo il consiglio del Signore e dovremmo seguire quello. Se si tratta di un caso speciale, si dovrebbe chiedere consiglio al più saggio degli anziani seguendo la falsariga di un caso ipotetico, in modo da non svelare il vero guaio e la vera persona che sta sbagliando.

A meno che il guaio non sia serio, la faccenda dovrebbe limitarsi al richiamo personale di smettere di fare il male, rivolto alla persona che sta errando, sia che essa ascolti o si astenga dall'ascoltare, dall'arrendersi. Ma se si ritiene necessario fare il secondo passo, non si dovrebbe dare nessuna spiegazione del problema a coloro che vengono consultati finché non si radunino in presenza dell'accusatore e dell'accusato. In tal modo si eviteranno "discorsi" calunniosi e il comitato di fratelli si porrà di fronte al caso senza prevenzione e sarà più capace di consigliare saggiamente entrambe le parti; poiché il problema può essere in entrambe le parti o, magari, completamente dalla parte dell'accusatore. In tutti i casi, l'accusato sarà ben impressionato da tale trattamento giusto e sarà più propenso ad arrendersi a tali consiglieri se quanto sta facendo risulti anche a loro uno sbaglio. Ma sia che colui che viene trovato in fallo dal comitato si arrenda o meno, l'intera faccenda rimane ancora strettamente confidenziale e non se ne dovrebbe parlare con nessuno finché, nel caso si ritenga che sia sufficientemente importante, essa venga presentata alla Chiesa e, alla fine, giudicata. Allora per la prima volta è di proprietà comune soltanto dei santi, e nella proporzione di quanto santi sono non desidereranno dire a nessuno di più di quanto è necessario riguardo alle debolezze o ai peccati di qualcuno.*

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* Inoltre vedere Cap. ix
- "Se tuo fratello pecca contro di te."
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Nello svolgere le ricerche del tribunale della Chiesa, la faccenda spetta a ciascun individuo; perciò ciascuno deve discernere la giustizia della decisione da se solo. La pena per cui viene tolta l'amicizia è volta a correggere nel verso della giustizia ed è prescritta dal Signore. Serve da protezione per la Chiesa, per separare coloro che camminano [293] disordinatamente, non secondo lo spirito dell'amore. Non deve essere considerata come una separazione perpetua, ma semplicemente finché colui che è condannato non riconosca e non ammetta il suo sbaglio e nella misura in cui è capace di fare ammenda.

Accuse contro Anziani

"Non ricevere accusa contro un Anziano, se non sulla deposizione di due o tre testimoni." I Tim. 5:19, Versione Riveduta

L'Apostolo in quest'affermazione riconosce due principi. (1) Che un Anziano è stato già riconosciuto dalla congregazione come uno che possiede un carattere buono e nobile, e come uno che è specialmente scrupoloso per quanto riguarda la Verità, ed è devoto a Dio. (2) Che tali persone, in virtù della loro importanza nella Chiesa, sono contrassegnati dall'Avversario come obiettivi speciali per i suoi attacchi: obiettivi di invidia, di malizia, di odio e di litigio da parte di alcuni, proprio come nostro Signore preavvisò: "Non vi meravigliate se il mondo vi odia;" "voi sapete che ha odiato me prima di odiare voi;" "Se hanno chiamato Belzebù il Padrone di casa, quanto più chiameranno così quelli di casa sua!" (Mat. 10:25; I Giov. 3:13; Giov. 15:18) Più fedele e più capace è il fratello, più è quasi una copia del suo Maestro, più giusta è la sua scelta ad essere un Anziano; e più fedele l'Anziano, più sicuro sarà che avrà come nemici non soltanto Satana e i suoi messaggeri, ma anche tutti quelli che Satana riuscirà a ingannare e a indurre in errore.

Queste ragioni dovrebbero garantire a un Anziano che non sarà condannato sulla deposizione di una qualsiasi persona, se per il resto la sua vita appare coerente. Per quanto riguarda la testimonianza fondata su dicerie o su una voce, non vi si dovrebbe prestare la minima attenzione; poiché nessun vero compagno, a conoscenza della regola del Signore (Mat. 18:15) farebbe circolare voci o avrebbe fiducia nella parola di coloro che non terrebbero così in considerazione le direttive del Maestro. Per essere anche solo ascoltati, gli accusatori debbono professare di essere stati testimoni. Ed anche se due o più testimoni fanno accuse non vi sarebbe nessun altro modo di giudicare il caso che nel modo già descritto. Qualsiasi persona che accusi l'Anziano di qualcosa di male, dovrebbe, nel caso la discussione personale non abbia successo, aver portato con sé altre due o tre persone che così diventerebbero testimoni dell'insubordinazione. Quindi la faccenda, per [294] cui non si è ancora fatto ammenda, potrebbe essere presentata da Timoteo o da qualcun altro alla Chiesa, ecc.

In verità, questa accusa davanti a due o tre testimoni, essendo il requisito come per tutti gli altri membri, lascia supporre che l'Apostolo stesse semplicemente affermando che un Anziano dovrebbe avere ogni diritto e privilegio garantito nei confronti di qualsiasi fratello. Può darsi che alcuni siano propensi a sostenere che, visto che un Anziano deve avere "una buona reputazione", non solo nella Chiesa, ma anche fuori di essa, un Anziano dovrebbe essere chiamato in giudizio alle minime accuse, in virtù della sua posizione influente. Ma le parole dell'Apostolo mettono le cose in chiaro dicendo che le opportunità di un Anziano debbono essere uguali a quelle degli altri.

Bisogna che questa faccenda dei testimoni si scolpisca proprio bene nella mente di ogni Nuova Creatura. A ciò che altri affermano di sapere e a ciò che raccontano calunniosamente non si deve nemmeno prestare attenzione, non si deve prestare ascolto. Se due o tre, seguendo le direttive del Signore, muovono un'accusa a qualcuno (non per maldicenza o per calunnia ma per seguire le istruzioni ricevute) alla presenza della Chiesa, neanche in questo caso debbono essere creduti; quella invece sarà l'occasione giusta per la Chiesa di ascoltare la questione, ascoltare entrambe le parti, alla presenza l'una dell'altra; e poi di esprimere una pia decisione e di dare un pio ammonimento, usando delle parole che aiutino colui che ha fatto del male a tornare sulla via della rettitudine e non lo respingano facendolo finire nel buio più lontano.

Chiamate errate alla predicazione

Un numero considerevole di persone dichiara di aver ricevuto dal Signore una chiamata a predicare il Vangelo; magari vi aggiungono dopo un attimo che non hanno mai saputo perché, oppure che si rendono conto di non avere qualificazioni speciali per questo servizio, oppure che è sembrato sempre che le circostanze impedissero loro di rispondere a quella chiamata. Se si fanno loro delle domande sulla natura di quella "chiamata", viene fuori che questa è stata semplicemente una fantasia o una congettura. Uno è rimasto impressionato ad un certo punto nel corso della propria esperienza (forse addirittura prima di diventare Cristiano) pensando che avrebbe dovuto dedicarsi a Dio e al suo servizio e il suo altissimo ideale del servizio di Dio è nato da esperienze fatte nella [295] sua chiesa nominale, rappresentata dal predicatore ai cui servizi la propria famiglia era solita andare. Un altro ha sentito il proprio senso di approvazione profondamente toccato e si è detto: "Come mi piacerebbe poter indossare l'abito e ricevere il rispetto, i titoli e il salario di un predicatore, anche di secondo o terzo ordine." Se inoltre è posseduto da una grande stima di se stesso, si potrebbe anche essere sentito ulteriormente impressionato dal fatto che come gli apostoli furono "uomini senza talenti e non colti", così, probabilmente, Dio ha avuto in mente proprio lui a causa della sua mancanza di talento e di cultura. Dio ha favorito molti di questo tipo come pure ha favorito la sua causa, nel non aprire il varco alle ambizioni di costoro, fraintese come sua chiamata alla predicazione.

Come già indicato, ogni membro della Nuova Creazione è chiamato a predicare; non per ambizioni o fantasie proprie, ma per la Parola che richiede a tutti coloro che non ricevono invano la grazia di Dio di "proclamare le virtù di colui che ci ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce." (I Piet. 2:9) Quindi questa chiamata comprende tutti coloro che sono generati dallo spirito della Verità, maschi e femmine, schiavi e liberi, ricchi e poveri, colti e non istruiti, neri, mori, rossi, gialli e bianchi. Di quale altro mandato c'è bisogno oltre a questo: "Egli ha messo nella mia bocca un nuovo cantico", addirittura "la benignità di Geova"? Sal. 40:3; 107:43

Vero, il Signore scelse in modo speciale e chiamò in modo speciale i dodici apostoli per un'opera speciale; è anche vero che egli ha proposto che nella misura in cui il suo popolo presterà attenzione alle sue parole egli "stabilirà le varie membra nel corpo" come piace a lui: alcuni adibiti ad un servizio e altri ad un altro: "a ciascuno secondo la sua capacità." (Mat 25:15) Ma chiaramente ci mostra che molti cercheranno di "stabilirsi" come maestri; che è il dovere della Chiesa di guardare continuamente a lui come al suo vero Capo e Leader e non di incoraggiare i fratelli ambiziosi egoisti; che trascurare questo dovere vuol dire trascurare le sue parole; quindi mancanza di amore e di obbedienza; e che trascurare questo dovere sarà sicuramente a svantaggio spirituale di una tale Ecclesia, come pure a svantaggio dei maestri autoproclamatisi tali.

Il [296] regolamento del Signore su tale argomento è stabilito chiaramente con queste parole: "Chi si abbassa sarà innalzato; e chi si innalza sarà abbassato." (Luca 14:11) La Chiesa deve seguire questo regolamento, questa idea dello Spirito, in tutte le faccende in cui cercherà di conoscere ed obbedire il suo Signore. Il metodo del Signore è di far avanzare soltanto colui il cui zelo e la cui fedeltà e perseveranza nel fare il bene si sono rivelati nelle piccole cose. "Chi è fedele nelle cose minime, è pur fedele nelle grandi." (Luca 16:10) Sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose." (Mat. 25:21, 23) C'è sempre molto spazio ai piedi della scala dell'onore. Chi vuole, non dovrà stare a lungo senza opportunità di servire il Signore, la Verità e i fratelli in modi umili che vengono disdegnati e trascurati dagli spiriti orgogliosi, in cerca di servizio più onorevole agli occhi degli uomini. Coloro che sono fedeli godranno di qualsiasi servizio e il Signore spalancherà per loro porte di opportunità sempre più grandi. Così la sua volontà, esemplificando la sapienza che viene dall'alto, deve essere seguita da ogni membro della Nuova Creazione, specialmente nella votazione, nell'imposizione delle mani quale membro del corpo di Cristo per esprimere la volontà del Capo.

Si dovrebbe ignorare un fratello egoista, per quanto possa essere capace; e si dovrebbe scegliere per Anziano un fratello meno capace, ma umile. Un rimprovero così delicato dovrebbe essere di beneficio a tutti, anche se non si dovrebbe far parola sulle ragioni che sono in gioco. E nel caso che un Anziano capace dia segni di spirito dittatoriale, o sia propenso a considerarsi al di sopra della Chiesa e appartenente ad una classe distinta, oppure insinui di essere in possesso di un diritto divino all'insegnamento non proveniente dall'Ecclesia (Chiesa), sarebbe una gentilezza nei suoi confronti come pure un dovere verso di lui porlo in una parte del servizio meno rilevante oppure esonerarlo da tutti i servizi speciali per un certo tempo finché non riceva questo rimprovero delicato e si riesca a districare dall'insidia dell'Avversario.

Tutti si debbono ricordare che, come le altre facoltà, sia nella Chiesa che nel mondo è necessaria l'ambizione; ma che nella Nuova Creazione non deve essere [297] un'ambizione egoista ad essere qualcosa di grande e di importante, ma un'ambizione piena d'amore a servire il Signore e il suo popolo, perfino i più umili. Tutti sappiamo come l'ambizione portò alla caduta di Satana: dal favore e dal servizio di Dio alla posizione di nemico del suo Creatore e antagonista di tutti i suoi regolamenti giusti. Similmente tutti coloro che adottano la sua linea d'azione, dicendo: "Salirò più in alto delle stelle di Dio [mi stabilirò al di sopra di altri fra i figli di Dio], sarò come l'Altissimo [un comandante fra di loro, un usurpatore dell'autorità divina senza nomina divina e in modo contrario al regolamento divino]", certamente saranno vittime della disapprovazione divina e, in proporzione, dell'alienazione dal Signore. E l'influenza di tale persona, come quella di Satana, è sicuramente dannosa. Come Satana sarebbe un maestro non sicuro, così tutti coloro che posseggono la sua disposizione portano certamente alle tenebre anziché alla luce; perché non sono nell'atteggiamento adatto a ricevere la luce e ad essere impiegati come messaggeri di essa agli altri.

Quindi ogni volta che un fratello si sente sicuro di essere chiamato alla predicazione in una capacità pubblica laddove non sia stato aperto nessun accesso al servizio nella maniera stabilita, se egli è propenso a costringere la Chiesa ad accettarlo senza la richiesta quasi unanime di questa, o se è stato scelto per la posizione di leader o di Anziano e cerca di mantenere questa posizione e di considerarla sua per diritto, senza, di tanto in tanto, i voti normali della Chiesa con la richiesta di continuazione del suo servizio, possiamo ritenere o che quel fratello non ha rispettato le regole del caso oppure che ha uno stato d'animo sbagliato, egoista che non si confà a nessun servizio nell'Ecclesia. Sia in un caso che nell'altro, la linea da seguire è alla prima occasione giusta quella di fare un cambiamento per avere un'elezione; e, come già suggerito, la prima domenica dell'anno o di un trimestre sarebbe un momento appropriato e una data facile da ricordare.

"Ammonire i disordinati"

"Vi esortiamo, fratelli, ad ammonire i disordinati, a confortare gli scoraggiati, a sostenere i deboli, ad esser longanimi verso tutti. Guardate che nessuno renda ad alcuno male per male; anzi procacciate sempre il bene gli uni degli altri e quello di tutti." I Tess. 5:14, 15

Questa [298] esortazione non è per gli anziani, ma per la Chiesa intera, inclusi gli anziani. Prende atto del fatto che sebbene la Chiesa intera, quale Nuova Creazione di Dio, abbia una buona reputazione al suo cospetto quali Nuove Creature in Gesù Cristo, cionondimeno essa sia singolarmente che come gruppo ha le sue imperfezioni per quanto concerne la carne. Inoltre rende evidente ciò che tutti riconosciamo, vale a dire che ci sono differenze nei gradi e nei generi delle imperfezioni carnali; così che, come per i figli di una famiglia terrena si richiedono ai genitori trattamenti diversi a seconda delle loro disposizioni diverse, molto di più ciò avviene nella famiglia di Dio dove le differenze di disposizione sono così vaste da richiedere una considerazione vicendevole speciale. Prendere nota delle imperfezioni vicendevoli, dal punto di vista della critica, sarebbe provocare molto danno a noi stessi, coltivando nei nostri cuori una disposizione criticona, sempre pronta a ravvisare le debolezze e le imperfezioni di altri e, proporzionalmente, forse, propensa ad essere cieca ai nostri stessi difetti. Tale critica è completamente estranea allo spirito e all'intenzione dell'esortazione dell'Apostolo.

Ci si è rivolti a coloro che sono stati generati dallo spirito della verità, dallo spirito di santità, dallo spirito di umiltà, dallo spirito d'amore. Costoro, pertanto, man mano che crescono nelle grazie dello Spirito, temeranno e criticheranno principalmente i propri difetti, mentre il loro amore per gli altri li porterà, mentalmente, a scusarli e a far loro delle concessioni il più possibile. Ma mentre questo spirito d'amore condona giustamente le offese e le debolezze dei fratelli, nondimeno deve stare all'erta perché faccia loro del bene, non mediante litigi, discordie, alterchi, rimproveri, il trovare da ridire su tutto e il fare della maldicenza reciproca, ma in una maniera tale da essere approvata dalla Regola d'oro. Con mansuetudine, mitezza, tolleranza e pazienza cercherà di fare concessioni l'uno verso l'altro e allo stesso tempo cercherà di aiutare ad uscir fuori da esse, ciascuno ricordandosi delle proprie debolezze di un tipo o dell'altro.

I disordinati non debbono essere confortati, appoggiati e incoraggiati nel cammino sbagliato; ma nella benevolenza, nell'amore, debbono essere ammoniti ricordando loro che Dio è un Dio dell'ordine; e che in proporzione di quanto cresciamo a [299] sua immagine e nel suo favore, noi dobbiamo osservare le regole dell'ordine. Si dovrebbe ammonirli dicendo loro che non c'è niente più lontano dall'ordinamento divino che l'anarchia; e che come anche le persone del mondo riconoscono il principio secondo cui la peggior forma immaginabile di governo è preferibile all'anarchia, tanto più il popolo di Dio, che ha ricevuto lo spirito di una mente sana, lo Spirito santo, dovrebbe riconoscere questo stesso principio nella Chiesa; e l'Apostolo ci esorta a sottometterci l'uno all'altro per gli interessi generali della causa del Signore. Se fossimo tutti perfetti e se il nostro giudizio riguardante la volontà del Signore fosse perfetto, penseremmo tutti esattamente allo stesso modo, non ci sarebbe nessuna necessità particolare di sottometterci l'uno all'altro. Dato però che il nostro giudizio è diverso, è necessario che ciascuno prenda in considerazione l'altro e il punto di vista da cui l'altro osserva e giudica e che ciascuno cerchi di cedere qualcosa nell'interesse della pace generale, sì, di cedere tutto pur di preservare l'unità dello Spirito nei vincoli della pace nel corpo di Cristo, eccetto laddove il principio fosse violato da tale azione.

Forse i disordinati o i male organizzati non sono interamente da incolpare per questa condizione. Molte persone sono male organizzate di nascita e propense ad essere tali nell'abbigliamento e in tutti i loro affari della vita. La mancanza di ordine, quindi, è parte della loro debolezza di cui si dovrebbe avere compassione, con mansuetudine, ma, nondimeno, non si dovrebbe permettere loro di recare danno alla Chiesa di Dio, di ostacolare la sua utilità, di impedire la sua cooperazione nello studio e nel servizio della Verità. Non è la volontà di Dio che il suo popolo abbia quella mitezza che non sarebbe altro che debolezza nel trattare con le persone male organizzate. Con mansuetudine, con amore, ma con fermezza, si dovrebbe mostrar loro che, visto che l'ordine è la prima legge del cielo, esso dovrebbe essere molto stimato tra coloro che hanno la mente rivolta verso il cielo; e che sarebbe peccaminoso per la congregazione permettere ad uno o a due o a più dei suoi membri di fare violenza ai regolamenti divini, come espresso nella Parola di Dio e come generalmente capito dalla congregazione con la quale tale persona è affiliata.

Ammonimento non un ordine generale

Sarebbe [300] un grande errore, tuttavia supporre che l'Apostolo, nell'usare questo linguaggio generale verso la Chiesa, volesse dire che ciascun individuo della Chiesa avrebbe dovuto rivolgere tale ammonimento. Ammonire in modo saggio, in modo che sia di aiuto, è una faccenda veramente molto delicata e incredibilmente pochi hanno il talento di farlo. L'elezione degli anziani da parte delle congregazioni è intesa con il significato dell'elezione di coloro che fanno parte del numero di chi possiede la misura più grande di sviluppo spirituale, insieme alle qualificazioni naturali a costituirli rappresentanti della congregazione, non solo rispetto alla conduzione degli incontri, ecc. ma anche rispetto al mantenere l'ordine negli incontri e all'ammonire i disordinati in modo saggio, con mitezza, con fermezza. Che questo sia il pensiero dell'Apostolo è mostrato chiaramente nei due versetti precedenti, in cui si dice:

"Fratelli, vi preghiamo di avere in considerazione coloro che faticano fra voi, che vi son preposti nel Signore e vi ammoniscono, e di tenerli in grande stima ed amarli a motivo dell'opera loro. E vivete in pace fra voi." I Tess. 5:12, 13

Se si è cercata la sapienza divina appropriatamente e se essa si è esercitata appropriatamente nella scelta degli anziani di una congregazione, segue che coloro che sono stati scelti in tal modo erano persone tenute in grande stima; e visto che non si debbono scegliere dei principianti, ne segue che costoro sono stati apprezzati e scelti per il lavoro da loro svolto, perché è stato capito dai fratelli che essi avevano una misura considerevole dello Spirito santo d'amore, di saggezza e di mitezza, oltre a certi doti e qualificazioni naturali per questo servizio. "Vivere in pace fra voi", come esorta l'Apostolo, significherebbe che, avendo scelto questi anziani perché fossero i rappresentanti della congregazione, il corpo in generale badi a loro nello svolgimento del servizio per il quale sono stati scelti e non cerchi di assumersi individualmente il compito di essere uno che rimprovera, o uno che ammonisce, ecc. In verità, come abbiamo già visto, il popolo del Signore non si deve giudicare a vicenda a livello personale; e solo la congregazione nel suo insieme può escludere uno del gruppo dalla comunione e dai privilegi dell'incontro. E ciò, abbiamo visto, può solo verificarsi dopo che si son fatti vari [301] passi di natura più privata: dopo che tutti gli sforzi per provocare un cambiamento si sono dimostrati vani, e gli interessi della Chiesa in generale sono stati minacciati per via del cammino sbagliato del trasgressore. Ma nel testo che è di fronte a noi l'Apostolo esorta affinché la congregazione "conosca", cioè prenda nota, badi a, coloro che essi hanno scelto come loro rappresentanti e si aspetti che costoro si prendano cura degli interessi della Chiesa e rivolgano l'ammonimento ai disordinati, fino al punto in cui le cose dovessero diventare alquanto serie da presentarle alla Chiesa nella sua funzione di tribunale.

Rare le riprovazioni in pubblico

In alcune circostanze questo ammonire si potrebbe fare in pubblico davanti alla congregazione, come suggerisce a Timoteo l'Apostolo: "Quelli che peccano [in pubblico] riprendili in presenza di tutti, onde anche gli altri abbian timore." (I Tim. 5:20) Tale riprovazione in pubblico indica necessariamente un peccato pubblico di natura grave. Per una deviazione relativamente leggera dal regolamento riguardante l'ordine, gli anziani, secondo la legge dell'amore, e la Regola d'oro, dovranno sicuramente "avere considerazione l'uno per l'altro per incitare all'amore e alle opere buone", e avendo questa considerazione sapranno che una parola in privato sarà probabilmente più utile all'individuo che una riprovazione in pubblico, che potrebbe dar luogo ad un taglio o una ferita o un danno per una natura sensibile laddove non sarebbe stato necessario produrre quella ferita e laddove l'amore avrebbe potuto suggerire un cammino diverso. Ma anche se un Anziano dovesse riprovare un peccato serio in pubblico, dovrebbe essere fatto, cionondimeno, con amore e con un desiderio che colui che riceve la riprovazione si possa correggere ed aiutare a riabilitarsi e non con un desiderio di renderlo odioso e di scartarlo. Né, in verità, rientra nei compiti dell'Anziano riprovare qualche persona al punto tale da escluderla dai privilegi della congregazione. Un tipo di riprovazione simile può venire soltanto dalla Chiesa nel suo insieme ed anche così solo dopo aver ascoltato per intero il caso, durante il quale uno ha la possibilità completa o di difendersi o di fare ammenda dei suoi comportamenti ed essere perdonato. La Chiesa, l'Ecclesia, i consacrati del Signore, [302] sono nel loro insieme i suoi rappresentanti e l'Anziano è semplicemente il rappresentante della Chiesa, l'idea migliore che la Chiesa ha della scelta del Signore. La Chiesa dunque, e non gli anziani, costituisce il tribunale di ultima istanza in tutte le faccende di questo tipo; perciò la linea di azione di un anziano è sempre soggetta a revisioni e a correzioni da parte della Chiesa, secondo il giudizio congiunto della volontà del Signore.

Mentre consideriamo questa fase della questione, possiamo fermarci un momento per cercare di sapere fino a che punto la Chiesa debba direttamente o indirettamente, o attraverso i suoi anziani, esercitare questo dovere di ammonire i disordinati ed, infine, di escluderli dall'assemblea. Non rientra nel potere della Chiesa escludere su una base permanente. Il fratello che, avendo offeso un membro fratello oppure l'intero corpo della Chiesa, ritorna un'altra volta e dice: "Mi pento degli sbagli che ho compiuto e prometto i miei migliori sforzi per agire bene in futuro", o una cosa equivalente, deve essere perdonato completamente, senza riserve, di tutto cuore come speriamo che il Signore perdoni le offese di tutti. Nessuno se non il Signore ha il potere o l'autorità di tagliar fuori un individuo per sempre, il potere di recidere un ramo dalla Vite. Ci è dato di conoscere che c'è un peccato che porta alla morte per il quale è inutile pregare (I Giovanni 5:16); e ci dobbiamo aspettare che un tale peccato intenzionale visto che comporta la sentenza della Seconda Morte sarà così chiaro, così flagrante, da essere riconosciuto immediatamente da coloro che sono in comunione con il Signore. Non dobbiamo giudicare nessuno per quello che hanno in cuore poiché non possiamo leggere i cuori; tuttavia, se commettono un peccato intenzionale che porta alla morte, diventerà sicuramente chiaro esternamente: mediante le loro labbra, se si tratta di trasgressioni dottrinali, che negano il sangue prezioso dell'espiazione; oppure mediante i loro atti immorali, se si sono messi a camminare per la via della carne "come la scrofa che è stata lavata e che ritorna a rotolarsi nel pantano". È con individui come costoro, cui si fa riferimento in Ebr. 6:4-8; 10:26-31, che l'Apostolo ci avvisa di non avere niente a che fare: né mangiare con loro, né riceverli nelle nostre case, né salutarli (II Giovanni 9-11); perché coloro che si assoceranno con essi o li saluteranno saranno considerati come [303] persone che si mettono dalla parte dei nemici di Dio e compartecipi delle azioni malvagie o delle dottrine malvagie, a seconda dei casi.

Ma con gli altri, i quali "camminano in modo disorganizzato", la regola è molto diversa. Tale fratello o sorella esclusi non dovranno essere trattati come un nemico né considerati tali; invece se un fratello sbaglia, come l'Apostolo dice più avanti in questa stessa epistola: "Se qualcuno non ubbidisce a quel che diciamo in questa epistola [se disordinatamente, non volendosi sottomettere a un ragionamento sano e a dei regolamenti amorosi e generosi sull'ordine] notatelo quel tale, e non abbiate relazione con lui, affinché si vergogni; però non lo tenete per nemico, ma ammonitelo come fratello." (II Tess. 3:14, 15) Un caso come questo comporta qualche opposizione aperta, pubblica da parte del fratello ai regolamenti di ordine stabiliti dall'Apostolo, quale portavoce del Signore; e tale opposizione pubblica a principi giusti dovrebbe essere rimproverata dalla congregazione, nel caso in cui dovessero decidere che il fratello è così fuori linea che necessita di un ammonimento; e se non acconsente alla forma di parole sane, mandateci da nostro Signore attraverso l'Apostolo, egli dovrebbe essere considerato così in disarmonia da non potersi ritenere più una cosa appropriata per lui stare in comunione con i fratelli finché non sia d'accordo con questi requisiti ragionevoli. I fratelli non dovrebbero passare accanto a lui per strada ignorandolo, ma dovrebbero trattarlo cortesemente. L'esclusione dovrebbe riguardare semplicemente i privilegi dell'assemblea e qualsiasi associazione speciale con i fratelli, ecc. pertinenti ai fedeli. Ciò è sottinteso anche nelle parole del Signore: "Che sia per te come un pagano e un pubblicano." Nostro Signore non intendeva dire che dovremmo recare danno a un pagano o a un pubblicano, né semplicemente trattare l'uno o l'altro in modo sgarbato; ma semplicemente che non dovremmo ammetterli in comunità come fratelli, né cercare che si confidino, né come Nuove Creature dovremmo fare le nostre confidenze a loro. La famiglia della fede deve essere cementata e tenuta insieme dall'amore e dalla compassione vicendevole, come pure dalle espressioni che ne derivano in vari modi. È dalla mancanza di tali privilegi e benedizioni che si fa soffrire il fratello escluso finché non senta che deve ravvedersi e ritornare alla [304] riunione della famiglia. C'è un suggerimento a questo proposito rispetto al calore, alla cordialità, al vero senso di fraternità, che dovrebbe prevalere tra coloro che sono membri del corpo del Signore.

"Confortate i deboli di mente"

Continuando il nostro esame delle parole dell'Apostolo nel nostro testo, notiamo che la Chiesa deve confortare i deboli di mente. Pertanto ci rendiamo conto che il ricevere lo Spirito santo non trasforma i nostri corpi mortali al punto da superare completamente le nostre debolezze. Ci sono alcuni con menti deboli, come altri con corpi deboli, e ciascuno ha bisogno di compassione a seconda della propria debolezza. Le menti deboli non si dovevano curare miracolosamente; né ci dovremmo aspettare che poiché le menti di alcuni sono deboli e incapaci di cogliere tutta la lunghezza, l'ampiezza, l'altezza e la profondità del piano divino, per questo motivo essi non facciano parte del corpo. Anzi, come il Signore per la sua Chiesa non cerca semplicemente coloro che sono fisicamente ben sviluppati, forti e robusti, così allo stesso modo non cerca semplicemente quelli che nella mente sono forti e robusti, capaci di ragionare ed analizzare nei minimi particolari, in modo completo, ogni aspetto del piano divino. Nel corpo ci saranno coloro che saranno qualificati in tal senso, ma altri sono di mente debole e non raggiungono neppure lo standard medio del sapere. Che conforto dovremmo dare a costoro? Rispondiamo che gli anziani, nel presentare la Verità, e tutti coloro che appartengono alla Chiesa nei rapporti che hanno l'uno con l'altro, dovrebbero confortare queste persone, non necessariamente nel mettere in evidenza il loro essere deboli di mente e nel condonarlo, ma piuttosto secondo linee generali, nel non aspettarsi lo stesso grado di abilità e di discernimento intellettuale che c'è nei membri della famiglia di Dio. Nessuno dovrebbe affermare che coloro che hanno simili handicap non facciano pertanto parte del corpo.

La lezione è la stessa se accettiamo la lettura corretta: "Confortate i pusillanimi." Ad alcuni per natura manca il coraggio e lo spirito combattivo e, con una volontà così buona e dei cuori così leali, non possono "essere forti nel Signore" allo stesso modo di altri membri del corpo, né "combattere la buona battaglia della fede" allo scoperto. Il [305] Signore, tuttavia, deve vedere la loro volontà, la loro intenzione di essere coraggiosi e leali e così dovrebbero fare i fratelli, se vogliono raggiungere il rango di vincitori.

Tutti dovrebbero riconoscere che il giudizio del Signore riguardo al suo popolo è fatto a seconda dei cuori delle persone e che questi deboli di mente o pusillanimi hanno posseduto una sufficienza di attività mentale e di volontà tale da cogliere i punti fondamentali del piano divino di redenzione mediante Gesù Cristo e della loro giustificazione agli occhi di Dio mediante la fede nel Redentore. Se su questa base si sforzano di vivere una vita di consacrazione al Signore, essi debbono essere trattati in ogni modo che permetta loro di sentire che essi sono pienamente e completamente membri del corpo di Cristo; e che il fatto che essi non possano esporre o non possano discernere forse con chiarezza ogni aspetto del piano divino dal punto di vista intellettuale e difenderlo coraggiosamente come fanno gli altri, non deve essere considerato come una messa in dubbio della loro accettazione presso il Signore. Dovrebbero essere incoraggiati a persistere nella via di abnegazione al servizio divino, facendo quelle cose che capitano loro fra le mani, per la gloria di Dio e la benedizione del suo popolo, confortati al pensiero che al tempo opportuno tutti coloro che vivono in Cristo e coltivano i frutti del suo Spirito, che camminano sui suoi passi di sacrificio avranno corpi nuovi con capacità perfetta, nei quali tutti i membri potranno conoscere come sono conosciuti, e nel frattempo il Signore ci assicura che la sua forza appare più pienamente nella nostra debolezza.

"Aiutate i deboli"

Questo comporta che ci siano alcuni nella Chiesa più deboli di altri; non semplicemente più deboli fisicamente, ma più deboli spiritualmente, nel senso che posseggono degli organismi degenerati in modo tale che come Nuove Creature incontrano difficoltà maggiori nella crescita e nello sviluppo spirituale. Costoro non debbono essere rigettati dal corpo, ma anzi dobbiamo capire che se il Signore li ha ritenuti degni di conoscere la sua grazia, significa che egli li può rendere vittoriosi attraverso di lui che ci ha amati e ci ha acquistati con il suo sangue prezioso. Debbono [306] essere aiutati con promesse come quelle offerte dalle Scritture che dicono che quando siamo deboli in noi stessi possiamo essere forti nel Signore e nel potere della sua potenza, gettando tutte le nostre preoccupazioni su di lui e per mezzo della fede beneficiando della sua grazia; che nell'ora della debolezza e della tentazione, essi scopriranno che si è avverata questa promessa: "La mia grazia è sufficiente per te; la mia forza è resa perfetta nella debolezza." L'intera congregazione può assistere in questa opera di conforto e di aiuto anche se, naturalmente, gli anziani hanno un incarico e una responsabilità speciali verso costoro, perché essi sono i rappresentanti della Chiesa e, perciò, del Signore.  L'Apostolo, parlando dei vari membri del corpo, dopo aver parlato di pastori e di maestri, parla di "assistenze". (I Cor. 12:28) Evidentemente il piacere buono del Signore sarebbe quello che ogni membro della Chiesa cercasse di occupare un tale posto di utilità, non solo nell'aiuto agli anziani scelti quali rappresentanti della Chiesa, ma anche nell'aiuto vicendevole, facendo del bene a tutti man mano che se ne presenta l'opportunità, e specialmente alla famiglia della fede.

"Pazienti verso tutti"

Nell'obbedire a questa esortazione ad esercitare pazienza verso l'un l'altro in tutte le circostanze, le Nuove Creature scopriranno che non solo stanno esercitando l'atteggiamento giusto verso l'un l'altro, ma che stanno coltivando in se stessi una delle maggiori grazie dello Spirito santo: la pazienza. La pazienza è una grazia dello Spirito che troverà opportunità abbondante di pratica in tutti gli affari della vita, nei confronti di quanti sono fuori della Chiesa come pure verso coloro che sono dentro di essa. È bene ricordare che il mondo intero ha diritto alla nostra pazienza. Noi discerniamo questa cosa solo man mano che otteniamo chiare visioni della condizione della creazione che geme, rivelataci attraverso le Scritture. In esse vediamo la storia della caduta, e come tutti ne sono stati danneggiati. In esse vediamo la pazienza di Dio verso i peccatori e il suo magnifico amore nella loro redenzione, nei provvedimenti da lui presi, non solo per la [307] benedizione e l'elevamento della sua Chiesa dal fango melmoso e dall'orribile abisso del peccato e della morte, ma anche nei provvedimenti gloriosi per il mondo intero dell'umanità. In essa vediamo anche che la grande difficoltà per il mondo sta nel fatto che esso è sotto le illusioni dell'Avversario, "il dio di questo mondo", che ora lo cieca e lo inganna. II Cor. 4:4

Sicuramente conoscere ciò ci dovrebbe dare pazienza! E se abbiamo pazienza con il mondo, molta più pazienza dovremmo avere con coloro che non sono più del mondo, ma che hanno raggiunto per la grazia di Dio le condizioni del suo perdono in Gesù Cristo, sono stati adottati nella sua famiglia ed ora stanno cercando di camminare sui suoi passi. Che pazienza amorosa e tollerante dovremmo avere verso questi compagni discepoli, membri del corpo del Signore! Sicuramente non potremmo avere altro che pazienza verso di loro; e sicuramente il nostro Signore e Maestro disapproverebbe in modo speciale e in qualche modo rimprovererebbe l'impazienza verso chiunque di loro. Inoltre, abbiamo grande bisogno di pazienza anche nel trattare con noi stessi sotto la sofferenza, le debolezze e le battaglie attuali con il mondo, la carne e l'Avversario. Imparare a capire questi fatti aiuterà a renderci più pazienti verso tutti.

"Fate attenzione che nessuno renda male per male"

Questo è più di un consiglio individuale: è un comando, rivolto alla Chiesa nel suo insieme e si applica a ciascuna congregazione del popolo del Signore. Sottintende che se alcuni della famiglia della fede hanno la disposizione a vendicarsi, a fare rappresaglie, a rendere male per male, o contro membri fratelli o contro persone di fuori, la Chiesa non agirà facendo la parte di ficcanaso nel prendere nota di tale comportamento. È dovere della Chiesa fare attenzione a questo. "Fate attenzione che nessun uomo renda male per male" significa prestare attenzione che questo spirito giusto sia osservato in mezzo a voi tra i fratelli. Se, perciò, gli anziani dovessero venire a conoscenza di occasioni simili che ricadono sotto questo comando, dovrebbe essere loro dovere ammonire benevolmente i [308] fratelli o le sorelle per quanto riguarda la Parola del Signore; e, se non ascolteranno, dovrebbe essere dovere dei suddetti presentare la faccenda alla congregazione, ecc., ecc. Ed ecco il mandato della Chiesa di prendere atto di tale linea di condotta non appropriata da parte di chiunque. Non dobbiamo solo guardarci così a vicenda, e fare attenzione gli uni agli altri con tenero interesse, per controllare che non si facciano dei passi indietro, ma, anzi, dovremmo fare attenzione che tutti seguano ciò che è buono. Dovremmo rallegrarci e lodare ogni segno di progresso in un modo giusto, dandogli il nostro appoggio come individui e come congregazioni del popolo del Signore. Facendo così, come suggerisce l'Apostolo, possiamo godere per sempre e con buon motivo; per via di questo mutuo aiuto il corpo di Cristo stesso crescerà in amore, diventando sempre di più a somiglianza del Capo e diventando sempre più adatto per la coeredità insieme a lui nel Regno.

"Facciamo attenzione gli uni agli altri per incitarci
a carità e a buone opere"
Ebr. 10:24

Che bel pensiero pieno d'amore è espresso qui! Mentre altri prendono in considerazione i propri compagni per trovare colpe o scoraggiarli, oppure per approfittarsi delle loro debolezze, la Nuova Creazione deve fare il contrario: studiare attentamente le disposizioni l'uno dell'altro con lo scopo di evitare di dire o di fare cose che possono ferire inutilmente, accendere l'ira, ecc. e con lo scopo invece di incitarli a carità e a una buona condotta.

E perché no? Non è tutto l'atteggiamento del mondo, la carne e il diavolo che provocano invidia, egoismo, gelosia, e non sono pieni di malvagia attrazione per il peccato: di pensiero, parola e opera? Perché, allora, non dovrebbero le Nuove Creature del corpo di Cristo non solo astenersi da tali provocazioni verso se stesse e verso altri, ma impegnarsi a dar vita o ad incitare nella direzione opposta, verso la carità e le opere buone? Di sicuro ciò, come ogni ammonimento ed esortazione della Parola di Dio, è ragionevole e proficuo.

"La nostra comune adunanza"

"Non [309] abbandonando la nostra comune adunanza, come alcuni sono soliti fare, ma esortandoci a vicenda, e tanto più che vedete avvicinarsi il gran giorno." Ebr. 10:25

Il comando del Signore, attraverso l'Apostolo, per quanto riguarda l'adunanza del suo popolo, è in pieno accordo con le sue stesse parole: "Dove due o tre sono radunati nel nome mio, ivi sono io in mezzo a loro." (Mat. 18:20) L'obiettivo di queste adunanze è indicato chiaramente; servono per l'edificazione vicendevole nelle cose spirituali: occasioni per provocare o incitare l'un l'altro ad una carità sempre maggiore verso il Signore e l'uno verso l'altro, come anche per un maggior numero di opere buone di ogni tipo che glorifichino nostro Padre, che benedicano i fratelli e che facciano del bene a tutti gli uomini man mano che se ne presenta l'occasione. Se colui che dice: "Amo Dio", e nonostante ciò odia suo fratello, se costui non sa quel che dice e inganna se stesso (I Giovanni 4:20), similmente, crediamo, sono nell'errore coloro che dicono: "Desidero ardentemente essere con il Signore e godere della sua benedizione e della fratellanza con lui" se contemporaneamente trascurano le opportunità di incontrarsi con i fratelli e non godono della loro compagnia e della fratellanza con loro.

È nella natura delle cose che ciascun essere umano debba cercare qualche forma di compagnia; e l'esperienza afferma la verità del proverbio che dice: "Ognuno va col proprio simile." Perciò se non viene capita, agognata e cercata la fratellanza di coloro che hanno la mente rivolta alle cose spirituali, se non miglioriamo le opportunità per goderla, possiamo star certi che queste non sono indicazioni sane per quanto concerne la nostra condizione spirituale. L'uomo naturale ama e gode l'associazione e la compagnia naturale e pianifica e programma con i propri soci faccende che hanno a che vedere con l'attività commerciale e con i piaceri, anche se le loro speranze e i loro piani mondani comuni sono davvero molto limitati al confronto delle speranze eccezionalmente grandi e preziose della Nuova Creazione. Man mano che le nostre menti diventano trasformate dal rinnovamento dello Spirito santo, il nostro appetito per la fratellanza non è distrutto ma semplicemente orientato verso nuovi canali, dove troviamo un magnifico campo per la [310] fratellanza, le ricerche, le discussioni e il divertimento: la storia del peccato e della creazione che geme, passata e presente, la documentazione di Dio della redenzione e la liberazione che sta per venire della creazione che geme, la nostra chiamata eminente alla coeredità con il Signore: evidenze che la nostra liberazione sta avvicinandosi, ecc. Che campo abbondante per il pensiero, per lo studio, per la fratellanza e la comunione!

Non c'è da meravigliarsi se diciamo che colui che non capisce il privilegio di incontrarsi con altri per parlare di tali soggetti è spiritualmente malato, sotto alcuni rispetti, sia che egli sia capace di diagnosticare il suo male o meno. Può darsi che sia malato di una specie di orgoglio e di autosufficienza spirituali, che lo portano a dire a se stesso: "Non ho bisogno di andare alla scuola comune di Cristo, perché mi venga impartito l'insegnamento insieme ad altri seguaci; prenderò lezioni private dal Signore a casa, ed egli mi insegnerà separatamente, lezioni più profonde e più spirituali. Molti sembra che siano afflitti da questo egotismo spirituale: immaginare se stessi meglio degli altri fratelli del Signore e immaginare che egli lasci la sua usanza abituale e si allontani dalle linee tracciate nella sua Parola, per servire loro in una maniera particolare, solo perché essi si pensano migliori di quanto dovrebbero pensarsi e perché essi lo chiedono. Codesti fratelli dovrebbero ricordarsi che non hanno una sola promessa di benedizione del Signore fintanto che mantengono questo atteggiamento di cuore e di condotta. Anzi, "il Signore resiste agli orgogliosi e mostra i suoi favori agli umili". Il Signore benedice coloro che ascoltano e obbediscono alle sue istruzioni, dicendo: "Se mi ami, segui i miei comandamenti." A coloro che si trovano in un giusto atteggiamento del cuore è più che sufficiente che il Signore abbia comandato di riunirsi insieme nel suo nome; e che abbia promesso benedizioni speciali persino a un piccolo gruppo di due o tre che lo obbediscono, e che la Chiesa in modo rappresentativo è il suo corpo e deve essere fatta prosperare mediante "ciò che ogni punto di giunzione fornisce", deve essere stabilita ed "edificata reciprocamente", quali membra in tutte le grazie e in tutti i frutti dello Spirito. A volte la difficoltà non è puramente un egotismo spirituale, ma parzialmente un trascurare la Parola di Dio e un appoggiarsi alla comprensione umana, supponendo che la [311] promessa: "essi saranno tutti istruiti da Dio" implichi un insegnamento individuale, distinto l'uno dall'altro. Le usanze degli Apostoli e i loro insegnamenti, come pure l'esperienza del popolo del Signore, sono tutte contrarie a tale linea di pensiero.

Tuttavia, d'altro lato, non dobbiamo desiderare appassionatamente puri numeri, l'ostentazione e la popolarità, ma dobbiamo ricordare che la benedizione del Signore promessa è a "due o tre di voi"; ed, ancora, attraverso l'Apostolo, l'esortazione è alla "nostra comune adunanza". Non è uno spirito settario che inculcano qui il Signore e l'Apostolo, quando lasciano intendere che le adunanze non debbono essere adunanze mondane, in cui il popolo del Signore deve socializzare, ma adunanze cristiane, adunanze di coloro che sanno della grazia di Dio e che l'hanno accettata mediante una piena consacrazione di se stessi a lui e al suo servizio. I mondani non debbono essere spinti a venire a questi incontri. Essi non sono dei vostri, proprio come "Voi non siete del mondo"; e se fossero attratti o dalla musica o da altri aspetti, lo spirito del comando sarebbe perduto, poiché ove vi fosse mondanità e desiderio di piacere e di attrarre i mondani, si perderebbe di vista molto presto l'obiettivo giusto dell'incontro. Quest'obiettivo giusto è spiegato in termini di "edificando voi stessi sulla vostra santissima fede", "edificatevi l'un l'altro", "incitarci a vicenda alla carità e alle buone opere". Giuda 20; I Tess. 5:11; Ebr. 10:24

Che coloro che hanno la disposizione al male vadano con i loro simili, se vogliono; che coloro che hanno la disposizione alla moralità vadano con i loro simili; e che coloro che sono generati dallo Spirito si radunino tutti insieme e procedano secondo i criteri stabiliti nella Parola del Signore per la loro edificazione. Ma se essi trascurano ciò, che la colpa delle conseguenze sfavorevoli non sia fatta ricadere sul Capo della Chiesa né sugli apostoli fedeli, che chiaramente posero l'accento sulla linea di condotta giusta e la esemplificarono nella loro stessa condotta.

Ciò non vuol dire che a coloro che sono di fuori sia proibito l'accesso agli incontri della Chiesa, se sono abbastanza interessati da desiderare di venire e "osservare il vostro ordine", essere benedetti dalla vostra santa conversazione, dalle vostre sante esortazioni a [312] compiere opere buone, dall'amore e dall'esposizione della Parola divina della promessa, ecc. L'Apostolo lascia intendere ciò molto chiaramente in I Cor. 14:24. Quello che stiamo cercando di dire è che "radunarsi insieme" non è una riunione di persone non credenti, dove si fanno costantemente sforzi per spezzare i cuori dei peccatori. Il peccatore dovrebbe essere libero di partecipare, ma dovrebbe essere lasciato da solo a guardare l'ordine e l'amore che prevale tra i consacrati del Signore, di modo che anche se capisce solo in parte, egli possa essere disapprovato per i suoi peccati mediante il discernimento dello spirito di santità e di purezza presenti nella Chiesa e si possa convincere per quanto riguarda i suoi errori dottrinali con l'osservazione dell'ordine e della simmetria della verità che prevale in mezzo al popolo del Signore. Confrontare I Cor. 14:23-26.

Ciò ci porta ad una considerazione del generale

Carattere degli incontri

del popolo del Signore. Notiamo anzitutto che su questo argomento, come su altri, il popolo del Signore si trova senza delle leggi e dei regolamenti ferrei, si trova libero di adattarsi ai cambiamenti delle condizioni del periodo e della nazione, si trova libero di esercitare lo spirito di una mente sana, si trova libero di cercare la sapienza che viene dall'alto e di manifestare il grado di conseguimento della somiglianza di carattere con quella del Signore seguendo la disciplina della Legge dell'Amore. Questa Legge dell'Amore sicuramente inciterà alla modestia per quel che riguarda tutte le innovazioni o i cambiamenti rispetto alle usanze della Chiesa primitiva; di sicuro esiterà ad operare cambiamenti radicali eccetto quando ne vedrà la necessità e, anche in questo caso, cercherà di mantenersi nello spirito di ogni ammonimento, istruzione e pratica della Chiesa primitiva.

Nella Chiesa primitiva abbiamo l'esempio degli apostoli quali maestri speciali. Abbiamo l'esempio degli anziani, che svolgono l'opera pastorale, il lavoro evangelistico, profetizzano o parlano in pubblico; e da un'illustrazione offerta dettagliatamente in I Cor. 14 possiamo farci l'idea che ciascun membro della Chiesa era incoraggiato dagli apostoli a stimolare qualsiasi talento e dono possedesse per glorificare il Signore e servire i [313] fratelli, per far pratica in tal modo e per crescere forte nel Signore e nella Verità, aiutando altri e essendo aiutato a sua volta da altri. Questo racconto di un normale incontro della Chiesa nel corso della giornata dell'Apostolo non potrebbe essere seguito pienamente e nei dettagli al giorno d'oggi, a causa dei particolari "doni dello Spirito" elargiti temporaneamente sulla Chiesa primitiva al fine di convincere coloro che erano fuori di essa come pure al fine di dare un incoraggiamento personale in un periodo in cui, senza questi doni, sarebbe stato impossibile per qualunque membro essere edificato e trovare beneficio in alcuna misura. Cionondimeno, da quest'originaria usanza, approvata dall'Apostolo, possiamo dedurre certe lezioni preziose e utili, che possono essere fatte proprie dalle piccole accolte di persone del popolo del Signore dappertutto, a seconda delle circostanze.

La lezione principale è quella dell'essere utili gli uni agli altri, "edificando l'un l'altro nella fede più santa". Non era usanza che uno o anche più anziani predicasse regolarmente, né che facesse o cercasse di fare tutto l'ammaestramento o l'edificazione. L'usanza era che ciascun membro faceva la sua parte, mentre le parti fatte dagli anziani erano più importanti a seconda delle loro capacità e delle loro doti; e si può vedere che questa sarebbe una sistemazione abbastanza utile e porterebbe una benedizione non solo a coloro che ascoltano, ma anche a tutti i partecipanti. E chi non sa che perfino l'oratore con meno capacità o la persona più illetterata può comunicare pensieri che potrebbero essere preziosi per tutti gli eventuali ascoltatori, se il suo cuore è pieno d'amore per il Signore e di devozione per lui. La categoria di incontri qui descritti dall'Apostolo era evidentemente un esempio della maggior parte degli incontri tenuti dalla Chiesa. Il racconto indica che si trattava di un incontro misto, nel quale, se si dovesse parlare in termini odierni, uno magari esortava, un altro spiegava, un altro offriva preghiere, un altro proponeva un inno, un altro magari leggeva una poesia che sembrava essere adatta ai suoi sentimenti e alle sue esperienze, in sintonia con il tema dell'incontro; un altro magari citava le scritture che avevano a che vedere con il tema in discussione, e così il Signore poteva usare ciascuno e tutti questi membri della Chiesa per l'ammaestramento reciproco, per la mutua edificazione.

Non siamo del parere che non ci sia stata mai predicazione nella Chiesa primitiva. [314] Anzi, troviamo che dovunque andavano gli apostoli erano considerati delle persone particolarmente capaci di spiegare la Parola di Dio, che potevano rimanere in un dato posto solo per breve tempo e durante la loro presenza, molto probabilmente, non facevano quasi altro che parlare in pubblico, anche se non dubitiamo che ci fossero anche altri incontri sociali, aperti a tutti. Questa stessa prassi riguardo alla predicazione apostolica non c'è dubbio che fosse seguita da altri che non erano apostoli; come ad esempio Barnaba, Timoteo, Apollo, Tito, ecc. e che gli stessi privilegi fossero goduti anche da alcuni che li usarono male ed esercitarono un'influenza piuttosto grande verso il male: Imeneo, Fileto ed altri.

Visto che il Signore non vi ha posto una legge positiva sarebbe inappropriato se noi o altri fissassero una legge. Noi offriamo, tuttavia, dei suggerimenti, nel senso che ci sono certi bisogni spirituali della Chiesa che richiedono il servizio per:

(1) L'Istruzione è necessaria: nelle faccende più puramente profetiche ed anche nelle dottrine morali e riguardo allo sviluppo delle grazie Cristiane.

(2) A causa dei metodi più o meni diversi nell'uso della lingua, e a causa dell'ottusità mentale maggiore o minore e dei gradi variabili della percezione spirituale, come tra coloro che sono dei bambini in Cristo e coloro che sono più maturi in sapienza e grazia, si consiglia di offrire delle occasioni in cui ciascuno possa essere incoraggiato ad esprimere ciò che ha capito delle cose che ha imparato, sia attraverso la lettura che attraverso l'ascolto con lo scopo che se ciò che ha capito è difettoso, possa essere corretto dalle affermazioni di altri in materia.

(3) Dovrebbero esserci incontri regolari frequenti in cui si potrebbero offrire a chiunque ragionevolmente ampie occasioni di presentare quello che possa credere che sia una visione differente della verità da quella che è generalmente detenuta e approvata dall'Ecclesia.

(4) Non ci dovrebbero essere solo servizi devozionali connessi con gli incontri del popolo del Signore, ma l'esperienza dimostra come è proficua, nei fratelli che ascoltano, la confessione fatta a voce da ciascuno, sia nelle testimonianze che nelle preghiere, della propria devozione al Signore.

La dottrina ancora necessaria

Riguardo [315] alla prima proposizione: Noi viviamo in un tempo in cui le dottrine sono in genere schernite e in cui un numero piuttosto grande di persone afferma che la dottrina e la fede non hanno alcun valore al confronto con le opere e la morale. Noi non possiamo essere d'accordo con ciò, perché lo troviamo completamente fuori sintonia con la Parola divina, nella quale la fede viene messa come prima cosa e le opere al secondo posto. È la nostra fede che è accettata dal Signore ed egli ci ripagherà secondo la nostra fede, sebbene si aspetti giustamente che una fede buona produca molte opere buone quante ne permetterà il vaso fatto di terracotta. Questa è la regola della fede che è affermata dappertutto nelle Scritture. "Senza fede è impossibile piacere a Dio." "Questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede." (Ebr. 11:6; I Giovanni 5:4) Nessun uomo può essere giustamente un vincitore, quindi, a meno che non eserciti la fede in Dio e nelle sue promesse; e per esercitare la fede nelle promesse di Dio deve capirle; e questa opportunità e capacità di crescere forte nella fede sarà in proporzione del suo capire il piano divino delle età e delle promesse eccezionalmente grandi e preziose connesse con esso. Pertanto, la dottrina, l'istruzione, è importante non puramente per la conoscenza che il popolo di Dio deve avere e di cui deve godere al di sopra e al di là della conoscenza che il mondo ha delle cose che riguardano Dio, ma specialmente a causa dell'influenza che questa conoscenza eserciterà su tutte le speranze, su tutti gli scopi e sulla condotta. "Chiunque ha questa speranza in lui, si purifica " (I Giovanni 3:3) è un'espressione Biblica che coincide pienamente con quanto affermato sopra. Colui che si sforza di purificarsi, di ripulire la propria condotta, deve, per riuscire, cominciare come cominciano le Scritture, dal cuore, e deve andare avanti usando, per una pulizia, le promesse ispirate. E questo significa una conoscenza delle dottrine di Cristo.

Tuttavia, è giusto che differenziamo e facciamo chiaramente una distinzione tra le dottrine di Cristo e le dottrine degli uomini. Le dottrine di Cristo sono quelle che egli stesso e i suoi apostoli ispirati ci hanno presentato nel Nuovo Testamento. Le dottrine [316] degli uomini sono rappresentate nei credi degli uomini e molte di esse si scostano grossolanamente e gravemente dalle dottrine del Signore e tutte esse sono in disaccordo l'una con l'altra. Inoltre non è sufficiente che siamo istruiti nella dottrina una volta; poiché, come l'Apostolo lascia capire, riceviamo il tesoro della grazia di Dio in poveri vasi di terracotta che hanno molte perdite; e quindi, se smettiamo di ricevere, smetteremo di possedere; e per questo motivo è necessario che possediamo "riga dopo riga, precetto dopo precetto", e che continuamente rinnoviamo e rivediamo il nostro studio del piano divino delle età, con l'uso di qualsiasi aiuto e assistenza che la provvidenza divina ci mette a disposizione, cercando il più possibile di obbedire al comando dell'Apostolo di essere "non uditori che si dimenticano, ma facitori dell'opera", e quindi "facitori della Parola". Giacomo 1:22-25

Il nostro secondo suggerimento è tale che può non essere capito pienamente subito come il primo. Si ha la tendenza in molti a pensare che coloro che sanno esprimere la verità più chiaramente, con più facondia, con più accuratezza, dovrebbero essere gli unici ad esprimerla e che gli altri dovrebbero rimanere in silenzio ad ascoltare e imparare. Sotto molti aspetti questo concetto è giusto. Non stiamo suggerendo che chiunque dovrebbe essere assegnato all'insegnamento o che dovrebbe essere rispettato come maestro, o che le loro parole dovrebbero essere accolte come insegnamenti, se non sono idonei ad impartire l'insegnamento e non capiscono chiaramente il piano divino. Ma c'è una grande differenza tra stabilire che essi insegnino, come nel caso degli anziani, e avere un incontro al quale tutti i membri della Nuova Creazione abbiano un'opportunità di esprimersi brevemente o di fare domande, con l'intesa che le loro domande o i loro dubbi o le loro espressioni non si debbono considerare da parte della Chiesa come fossero i sentimenti dell'assemblea. A tali incontri, può darsi che vengano presentate delle idee sbagliate in forma di domanda, non con l'intenzione di insegnare simili opinioni, né con lo scopo di metterle in pratica, ma in vista di una critica da fare al riguardo. Ma si faccia attenzione a non violare la coscienza nel tentativo di difendere l'errore. Questo procedimento dovrebbe essere permesso solo alla presenza di qualcuno che è avanti nella [317] Verità ed è capace di dare una ragione Scritturistica alla propria fede e di mostrare la via del Signore in modo più perfetto. Viene chiesto: "Che vantaggio può scaturire dal procedere in tal senso?". Rispondiamo che di frequente abbiamo visto la dimostrazione dei vantaggi. Spesso è difficile, e a volte impossibile, affermare delle questioni nella maniera più semplice e più diretta; ed è ugualmente impossibile per tutte le menti, per quanto oneste, afferrare una materia con ugual grado di chiarezza dalla stessa illustrazione. Di qui l'importanza delle domande e di una varietà di presentazioni della medesima verità, come illustrato nelle parabole di nostro Signore, che presentano argomenti da vari punti di vista, offrendo una visione dell'insieme più completa e armoniosa. Così abbiamo notato anche che l'affermazione confusionaria e in certo modo pasticciata di una verità, a volte, può riuscire ad entrare in alcune menti laddove non vi è riuscito ad entrare un'enunciazione più solida e più ben ragionata: l'incompetenza dell'oratore si è accoppiata in qualche senso al piano inferiore di ragionamento e di giudizio dell'ascoltatore. Dobbiamo gioire se si predica il Vangelo e se esso trova posto nei cuori affamati, a prescindere dal canale, come spiega l'Apostolo: "alcuni predicano Cristo perfino per competizione e vanagloria". Possiamo solo gioire se qualcuno viene fatto arrivare ad una giusta conoscenza del Signore anche se dobbiamo rammaricarci molto per i motivi non appropriati della presentazione; oppure, come nell'altro caso, per l'imperfezione della presentazione. È il Signore, la Verità e i fratelli che noi amiamo e desideriamo servire; e pertanto dobbiamo gioire per tutto quello che produce i risultati desiderati e dovremmo fare in modo da non interferire con questo che riconosciamo essere un fatto. Ciò non significa che alle persone illogiche e incompetenti dovrebbe essere affidato l'incarico di insegnare nella Chiesa, né che dovremmo immaginare che le presentazioni illogiche sono quelle che riscuotono più successo in genere. È proprio il contrario. Cionondimeno, non dobbiamo ignorare completamente quello che vediamo a volte come un canale di benedizione per alcune menti e che ha la convalida nell'usanza della Chiesa primitiva.

A sostegno della nostra terza affermazione: A prescindere da quanto ci sentiamo [318] sicuri di possedere la verità, non sarebbe di certo saggio se chiudessimo e bloccassimo la porta dell'interrogazione e delle espressioni contrarie come ad escludere tutto ciò che potrebbe essere considerato errore dal leader dell'incontro o dall'intera congregazione. Dovrebbe prevalere solo una limitazione per un'esclusione completa, vale a dire che le adunanze delle Nuove Creature non servono per prendere in considerazione argomenti di natura secolare, scienze e filosofie mondane, ma solamente lo studio della rivelazione divina; e per tale studio della rivelazione divina la congregazione dovrebbe, per prima cosa, per ultima cosa e sempre, riconoscere la differenza tra i principi fondamentali delle dottrine di Cristo (che non è permesso a nessun membro cambiare o alterare, e per i quali non è permesso a nessun membro di dare l'approvazione perché vengano messi in dubbio) e la discussione di dottrine avanzate, che debbono essere in completo accordo con i principi fondamentali. Questi ultimi dovrebbero avere a profusione sempre complete opportunità di essere ascoltati e ci dovrebbero essere incontri nei quali poterli ascoltare. Tuttavia ciò non vuol dire che si dovrebbero ascoltare in continuazione e che si dovrebbe permettere a qualche individuo di confondere e distrarre ogni incontro e ogni argomento con qualche particolare idea fissa. Che la sua idea fissa abbia il suo giusto momento per essere ascoltata e che ci sia una discussione giusta al momento appropriato, alla presenza di qualcuno ben preparato nella Verità, e se viene esclusa dalla congregazione come idea non biblica, e se il promotore del concetto non è convinto della mancanza di riscontro biblico nell'idea, che almeno si trattenga dall'imporre l'argomento all'attenzione della Chiesa per molto tempo (forse un anno) allorché, senza essere improprio, potrà richiedere un'altra udienza, che può venire accordata o meno, a seconda che la congregazione pensi che la questione sia degna o meno di udienza e di ricerca.

Ciò a cui vogliamo esortare è che, a meno che non ci sia tale tipo di sfogo, si potrebbero verificare due pericoli:Uno il pericolo di cadere in quella condizione che vediamo prevalere ora nelle chiese nominali della Cristianità, nelle quali è impossibile trovare accesso ai loro orecchi attraverso gli incontri normali della Chiesa, visto che ogni modo di approccio è guardato scrupolosamente. L'altro pericolo è che l'individuo avendo [319] una teoria che si riferisce al proprio giudizio come verità, a prescindere da quanto possa essere falso o irrazionale, non si senta mai soddisfatto a meno che non abbia un'udienza ragionevole e invece continui ad imporre il tema; mentre, essendo stato ascoltato ragionevolmente, anche se non è convinto dell'errore del suo punto di vista, rimarrebbe disarmato riguardo alla scorrettezza di imporre la questione a coloro che hanno già ascoltato e respinto la sua linea di pensiero.

La nostra quarta affermazione: La crescita nel sapere tende molto a detrarre dalla devozione, per quanto possa sembrare strano. Troviamo che le nostre capacità sono così piccole, e il nostro tempo per le cose della religione così limitato, che, se si dirigesse l'attenzione energicamente in un solo canale, ciò potrebbe arrestare la crescita in altre direzioni. Il Cristiano non è tutto testa e niente cuore, né tutto cuore e niente testa. Lo "spirito di una mente sana" ci porta a coltivare tutti i frutti e tutte le grazie che confluiscono nel completare un carattere perfetto e renderlo ben sviluppato in tutte le direzioni. La tendenza dei nostri giorni in tutte le faccende è la direzione opposta: specializzare. Un lavoratore fa questa parte, un altro lavoratore quella parte; cosicché ora molto pochi lavoratori capiscono un mestiere come nei tempi passati. La Nuova Creatura deve resistere a questa tendenza e di conseguenza deve "spianare i sentieri per i suoi passi"; affinché mentre da una parte coltiva un elemento della grazia egli non cada nel pericolo della mancanza di giusto esercizio di un'altra facoltà o di un altro privilegio concessi da Dio.

Le qualità di devozione si riscontrano in tutta l'umanità in grado maggiore o minore di sviluppo. Queste qualità mentali sono chiamate venerazione e spiritualità e chiamano in aiuto gli organi della coscienza, della speranza, della sintonia, ecc. Se questi vengono trascurati, succederà che quell'interesse alla Verità e quell'amore per essa degenererà; cosicché invece di vedere i nostri cuori portati verso il Signore con un apprezzamento maggiore del suo amore, e con un desiderio maggiore di fargli piacere, di onorarlo e di servirlo, ci ritroviamo con gli organi inferiori ad aggregarsi di più nella controversia, prendendo il posto di questi organi più elevati, e le ricerche andranno a finire per essere di più alla luce di filosofie mentali, nelle quali entreranno bellicosità e capacità distruttiva, ambizione, discordia e vanagloria. La Nuova Creazione deve, perciò, [320] non solo riunire i servizi devozionali, la preghiera e la lode, come parte di ogni incontro, ma, crediamo, ha bisogno inoltre di un incontro speciale del tipo devozionale una volta alla settimana, insieme al quale ci dovrebbero essere opportunità per la testimonianza riguardo ad esperienze Cristiane, non secondo la solita usanza che risale da uno a venti anni o più di raccontare di una prima conversione, ecc., ma per una testimonianza aggiornata, che si riferisca specificamente ai sentimenti del momento, e durante la settimana intermedia a partire dall'ultimo incontro del genere. Queste testimonianze aggiornate si rivelano di aiuto per coloro che ascoltano; a volte incoraggiandoli con la ripetizione di esperienze positive, e a volte confortandoli con la narrazione di prove, difficoltà, perplessità, ecc., perché discernono così che non sono soli ad aver avuto esperienze ardue e a volte dei fallimenti.

In tal modo tutti possono imparare pienamente il significato delle parole dell'Apostolo: "Non vi stupite della fornace accesa in mezzo a voi per provarvi, quasiché vi avvenisse qualcosa di strano." (I Piet. 4:12) Trovano che tutti coloro che costituiscono il popolo del Signore hanno prove e difficoltà e ciascuno impara così a provare compassione per l'altro; e man mano che cresce il vincolo della compassione cresce lo spirito del giovamento e lo spirito d'amore, lo Spirito santo. Tali incontri a metà della settimana potrebbero trarre vantaggio dall'avere un tema suggerito durante l'adunanza precedente della domenica; ed essendo questo tema presente alla mente della classe dovrebbe ispirare ciascuno a fare attenzione alle esperienze della vita che occorrono e a prendere nota di esse, specialmente con riferimento al tema particolare per la settimana. Senza dubbio ogni Cristiano ha un'abbondanza di occasioni di prendere nota delle lezioni e delle esperienze di vita con riferimento a vari temi ogni settimana; ma la maggior parte, non pensando, non prestando attenzione, lascia che queste preziose lezioni passino accanto a loro senza essere riconosciute, ed impara principalmente dalle esperienze più grandi e più amare della vita ciò che avrebbe potuto imparare meglio se avesse prestato attenzione alle relazioni giornaliere del Signore con loro mediante gli atti di intervento divino.

Per [321] dare un'illustrazione: Si supponga che il tema per la settimana sia stato: "La pace di Dio", dal testo: "La pace di Dio che sorpassa ogni intelligenza, guarderà [vigilerà] i vostri cuori." (Fil. 4:7) Ogni fratello dovrebbe prendere nota durante la settimana fino a che punto questo passo scritturistico ha trovato compimento nel proprio caso; e quali cose sembra siano venute ad interrompere e a prevenire questa pace dominante, apportando inquietudine e scontento. Queste esperienze e le lezioni che se ne traggono, raccontate da quelli del gruppo che sono più esperti e da quelli che sono meno esperti (maschi e femmine) non solo richiamerebbero all'attenzione reciproca le proprie esperienze durante la parte anteriore della settimana, ma nella parte posteriore aggiungerebbero alle loro esperienze le lezioni e le esperienze di altri, allargando in tal modo la loro compassione e portandoli sempre di più a discernere le bellezze della pace in contrasto con la discordia: la benedizione della pace di Dio nel cuore; e come è anche possibile avere questa pace anche quando si è circondati da trambusto e confusione o da condizioni di afflizione sulle quali non abbiamo nessun controllo. L'aspetto devozionale di questi incontri sarà un'aggiunta al loro profitto. Colui che si rende conto più acutamente dei propri difetti e che si sforza più seriamente possibile di crescere nelle grazie dello Spirito, sarà il più serio nelle sue devozioni verso il Signore e nei suoi desideri di piacergli e di partecipare sempre di più del suo Spirito santo.*

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*Vi sono incontri del genere qui descritto tenuti in vari luoghi, comodi per i piccoli gruppi che li costituiscono.
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In questi incontri, come in tutti gli altri, è palese che il bene più grande può essere compiuto preservando l'ordine, non al punto di distruggere la vita e il libero accesso all'incontro, ma al punto giusto di preservare meglio il suo libero accesso, senza anarchia o disordine, con ritegno saggio, amoroso e delicato. Ad esempio: Il carattere dell'incontro si dovrebbe capire in anticipo; e sarà il dovere del leader di condurlo, con rilassatezza ragionevole, amorosa, per lo scopo specifico e concordato. Dovrebbe essere chiaro che questi non sono incontri generali dove fare domande, né incontri per discutere, né per [322] predicare; che sono previsti altri incontri e che coloro che lo desiderano sono benvenuti se vi partecipano; ma che questi incontri invece hanno uno scopo ben definito. Per mantenere così l'incontro adeguatamente in linea e per evitare discussioni private o risposte date da un individuo all'altro, il leader, essendo la persona scelta a rappresentare il gruppo, dovrebbe essere l'unico a rispondere o a criticare gli altri e a farlo solamente quando fosse necessario. È il suo sacrosanto dovere far sì che alcune testimonianze non siano così lunghe da essere noiose e da non dare ad altri opportunità, e che l'incontro non si prolunghi oltre la sua ragionevole durata prestabilita. Tutte queste cose devolute al leader lasciano intendere che egli debba essere un Anziano nella Chiesa. Un principiante con esperienza non sufficiente potrebbe, anche con le migliori intenzioni, o essere troppo rilassato o troppo rigido nell'applicare i principi in questa situazione; potrebbe o rovinare gli incontri con troppa indulgenza, oppure offendere qualche fratello o sorella di riguardo con una correzione espressa in modo poco saggio e un'applicazione poco saggia delle regole appropriate. Per di più, il leader di tale incontro dovrebbe essere un Anziano, oppure uno competente nel ricoprire la posizione di un Anziano nella Chiesa, così da poter avere una conoscenza sufficiente della Parola, esperienza nella grazia e capacità all'insegnamento per poter dare una parola d'incoraggiamento o un consiglio utile in risposta alle varie testimonianze man mano che vengono presentate. Poiché: "Com'è buona una parola detta a tempo!", quanto più utile, spesso, di un discorso intero in altre condizioni. Prov. 15:23

Sebbene in quanto detto abbiamo indicato vari interessi che dovrebbero essere previsti per gli incontri, abbiamo descritto in modo particolare solo l'ultimo, che, comunque, consideriamo il più importante di tutti: l'incontro più utile nel corso della crescita spirituale. Diamo un'occhiata ora a ciò che potrebbero essere buone disposizioni per altri incontri. Ciò sarà diverso a seconda delle circostanze, delle condizioni e del numero delle persone che costituiscono la riunione: l'Ecclesia, il corpo. Se si tratta di un numero come cinquanta o più, e se alcuni del gruppo sono particolarmente dotati nel [323] parlare in pubblico e nel dare chiare esposizioni della Verità, consigliamo che un servizio per la predicazione alla settimana potrebbe essere di vantaggio, specialmente come l'incontro al quale si potrebbero invitare amici, vicini e altri. Ma se nella provvidenza del Signore nessuno del gruppo è qualificato in modo speciale per la presentazione di un discorso ben connesso, logico, ragionevole su qualche tema Scritturistico, crediamo che sarebbe meglio che questa forma di incontro non si tenti, oppure che il tempo venga suddiviso tra varie persone che abbiano un po' di capacità di trattare in pubblico un soggetto Scritturistico così connesso, laddove il tema sia lo stesso e i fratelli facciano a turno ad iniziare. O tali anziani potrebbero alternarsi, uno questa domenica, uno un'altra, e così via, oppure due questa domenica, due la successiva, e così via. Sembrerebbe che siano preservati i migliori interessi della Chiesa intera presentando e concedendo opportunità a tutti i fratelli in proporzione alla loro capacità, stimando sempre che l'umiltà e la chiarezza nella Verità sono assolutamente i primi elementi essenziali, non l'espressione fiorita e l'oratoria.

Ma l'incontro più importante a nostro giudizio, il più utile, accanto all'incontro devozionale descritto prima, è quello in cui tutta la compagnia dei credenti prende parte a volte sotto la guida di un direttore, o leader, e a volte sotto un altro. Per questi incontri si può prendere sia un tema che un testo della Scrittura per la discussione, e il leader, guardando al soggetto in anticipo, dovrebbe ricevere l'autorità di suddividerlo fra i fratelli più preparati, affidando loro se possibile una settimana prima le parti che spettano a loro così che possano venire all'incontro pronti ad offrire suggerimenti, ciascuno secondo la linea della loro sezione particolare del tema. Questi partecipanti principali che esaminano il soggetto (magari due, o forse una mezza dozzina, o più, come richiederà il numero di persone competenti, la grandezza della congregazione e l'importanza del tema) troveranno molto utili le Bibbie Bereane con i riferimenti agli Studi e alle Ristampe e agli Indici analitici. Che presentino la materia con le loro parole, oppure che trovino degli stralci dagli Studi, Ristampe, ecc. , proprio al punto giusto, che potrebbero leggere [324] collegandoli con qualche commento appropriato.

Se l'incontro si apre con la lode e la preghiera, i temi possono venire chiamati nell'ordine appropriato dal Direttore; e, dopo che ciascun presentatore designato ha esposto ciò che ha trovato sulla parte del tema affidata a lui, si dovrebbe permettere alla classe intera di fare domande e di esprimersi, sia d'accordo sia in opposizione a ciò che è stato presentato da colui che ha condotto la presentazione sul tema. Se la classe non sembra propensa a discutere ed ha bisogno di essere spinta perché parli, il Direttore dovrebbe fare ciò facendo delle domande ben formulate. Il Direttore dovrebbe solo rivolgersi ai presentatori o tentare di rispondere o di armonizzare le dichiarazioni che hanno fatto; anche se, logicamente, può contare su uno qualsiasi dei presentatori per chiedere ulteriori chiarificazioni sulla sua posizione o sui suoi motivi. I presentatori dovrebbero tutti rivolgere i loro commenti al Direttore e mai l'uno all'altro, ed in tal modo si può evitare il pericolo di personalità e alterchi. Il Direttore non dovrebbe far altro che quanto detto sopra per quanto riguarda la discussione, ma alla conclusione dovrebbe riuscire a tirar le fila delle varie presentazioni, riepilogando brevemente tutto l'argomento dal suo punto di vista, prima di chiudere la sessione con lodi e ringraziamenti.

Ogni punto potrà essere esaminato, e tutto il soggetto ben dibattuto e ricercato, così che potrà essere chiaramente compreso da tutti. Oppure, in alcuni degli argomenti più complessi, il Direttore farebbe meglio a riassumere e a dare il proprio punto di vista alla chiusura dell'esame di ciascun tema. Non conosciamo tipo migliore di incontro che questo per uno studio completo della Parola divina. Lo consideriamo di solito di maggior vantaggio della predicazione normale per la maggior parte degli incontri del popolo del Signore.

Un incontro di questo tipo comprende tutte le caratteristiche incluse nei suggerimenti numero 1, 2 e 3, di cui si è parlato sopra. Con riguardo al primo, coloro ai quali sono state affidate le parti da presentare hanno piena opportunità di far uso di qualsiasi talento posseggono. Con riferimento al secondo punto, tutti hanno opportunità [325] di prendere parte, di fare domande, di offrire suggerimenti, ecc. facendo seguito a ciascun presentatore principale su diversi punti. E per quanto riguarda il terzo punto, anch'esso viene rispettato da un incontro di questo tipo, poiché il tema per ogni settimana dovrebbe essere preferibilmente deciso da tutta la classe, e non dal leader, ed almeno una settimana prima della loro discussione.

Ogni persona che partecipa a tale classe dovrebbe avere il privilegio di presentare le proprie domande o il proprio tema, e lo spirito d'amore, di compassione, di giovamento e di considerazione che pervade tutti dovrebbe essere tale che si dovrebbe prestare ascolto rispettosamente a ogni tema adatto. E nel caso di una richiesta speciale di un tema ritenuto essere contrario alle vedute generali della congregazione, ma pienamente entro le linee dei principi fondamentali del Vangelo, la persona che desidera che si discuta l'argomento dovrebbe ricevere un tempo ragionevole per la presentazione, e dovrebbe essere il presentatore principale per quell'occasione, con tempo possibilmente limitato, diciamo, a trenta minuti o più o meno, a seconda dell'importanza dell'argomento e all'interesse che la classe ha in esso. Una volta terminata la sua presentazione, l'argomento dovrebbe essere lasciato aperto perché possa essere discusso dagli altri nella classe, permettendo al proponente dell'argomento di avere alcuni minuti in seguito per dare una breve risposta a eventuali obiezioni presentate da altri, mentre il Direttore avrà la parola finale alla chiusura dell'incontro.

Un altro tipo di incontro che si è dimostrato di molto vantaggio nello studio della Parola è noto come un " Circolo Bereano per lo studio della Bibbia". Questi non sono puramente circoli di lettura, ma uno studio sistematico del piano divino in tutte le sue fasi, prese voce per voce. I diversi volumi di STUDI SCRITTURISTICI, che trattano i soggetti, come fanno, in ordine connesso e consecutivo, costituiscono (con la Bibbia) libri di testo per questi studi Scritturistici; ma per trarre profitto da queste classi è necessario che il leader e la classe facciano una chiara distinzione tra lettura e studio. Per quanto concerne la lettura, tutti i cari amici possono allo stesso modo, o forse meglio, fare [326] la lettura per conto proprio a casa. L'obiettivo di questi studi è prendere una certa parte di ciascun tema come presentato in uno o più paragrafi e discuterlo in profondità tra di essi facendo riferimento a passi collaterali della Scrittura, ecc. e dibattere dettagliatamente la questione, e, se possibile, far sì che ciascun membro della classe esprima la sua idea riguardo a quella particolare questione presa in considerazione, e poi procedere al tema successivo. Alcuni di questi circoli Bereani hanno impiegato uno o due anni per lo studio di un solo volume di STUDI SCRITTURISTICI, e l'hanno fatto con grande interesse e profitto.*

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*In varie luoghi ci sono incontri di questo tipo e di sera più comodi per gli amici che partecipano a ciascuno. Sono condotti da vari fratelli-anziani.
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"Sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente"
Rom. 14:5

Tutte le menti logiche godono nell'arrivare a una decisione, se possibile, riguardo a ogni questione della verità; e l'Apostolo dichiara che questo dovrebbe essere perseguito da ogni membro della Chiesa da solo: "nella propria mente". È sbaglio comune, tuttavia, cercare di applicare questa buona regola della decisione personale ad una Chiesa o ad una classe di studi Biblici, cercare di forzare tutti a decidere su esattamente la stessa conclusione riguardo al significato della Parola del Signore. È giusto che dovremmo augurarci che tutti possano "concordare"; ma non è ragionevole aspettarsi che ciò succeda quando sappiamo che tutti sono caduti dalla perfezione, non solo del corpo, ma anche della mente, e che queste deflessioni sono avvenute in varie direzioni, come dimostrato dalle varie forme di testa che troviamo in qualsiasi riunione di persone. I nostri vari tipi e gradi di educazione sono fattori importanti anche nell'assistenza o nell'impedimento all'unità di vedute.

Ma non lascia capire l'Apostolo che dovremmo tutti interessarci alle stesse cose? E che saremo tutti istruiti da Dio così che avremo tutti lo spirito di una mente sana? E che dovremmo aspettarci di crescere in grazia e conoscenza, edificando l'un l'altro nella fede più santa?

Sì, [327] tutto ciò è vero; ma non è lasciato intendere che si raggiungerà tutto ciò in un solo incontro. Il popolo del Signore non solo ha delle teste sviluppate in modo diverso, oltre a differenze nell'esperienze e nell'istruzione, ma le persone sono inoltre di età diverse quali Nuove Creature: nella loro infanzia, gioventù, maturità. Non ci deve quindi sorprendere il fatto che alcuni comprendano più lentamente di altri e, pertanto, raggiungano una persuasione completa nelle loro menti più lentamente rispetto ad alcune delle "profonde cose di Dio". Debbono afferrare gli elementi fondamentali, che tutti siamo stati peccatori; che Gesù Cristo, nostro Leader, ci ha redento con il suo sacrificio sul Calvario; che siamo ora alla Scuola di Cristo per essere istruiti e resi adatti per il Regno e il suo servizio; e che nessuno entra in questa Scuola eccetto che dopo una piena consacrazione di tutti se stessi al Signore. Tutti debbono vedere queste cose e acconsentirvi pienamente e sempre, altrimenti non li possiamo riconoscere neppure come fratellini nella Nuova Creazione; ma tutti abbiamo bisogno di pazienza l'uno verso l'altro e di sopportazione per le peculiarità l'uno dell'altro, e dietro ad esse ci deve essere l'amore, che accresce ogni grazia dello Spirito man mano che ci avviciniamo sempre di più verso la sua pienezza.

Stando così le cose, tutte le domande, tutte le risposte, tutti i commenti, negli incontri dove partecipano diverse persone, dovrebbero essere per tutta la compagnia presente (e non personali considerando solo alcuni o un certo numero di persone), e perciò dovrebbero essere rivolte al Direttore, che rappresenta tutti, eccetto quando il Direttore magari per convenienza chiede al presentatore di girarsi di fronte al gruppo e rivolgersi ad esso direttamente. Pertanto, dopo aver espresso il suo punto di vista, ciascuno deve tranquillamente ascoltare le vedute degli altri e non sentirsi chiamato a dibattere e a riaffermare la sua posizione già enunciata. Avendo fatto uso della sua opportunità, ognuno deve confidare nel Signore perché guidi, insegni e mostri la verità, e non dovrebbe insistere che tutti debbano arrivare a vedere ogni particolare come lo vede lui, e neppure come lo vede la maggioranza. "Su ciò che è essenziale, l'unità; su ciò che non è essenziale, la carità" è il regolamento giusto da seguire.

Tuttavia siamo d'accordo che ogni argomento riguardante la verità è importante e l'argomento più piccolo riguardante l'errore è dannoso, e che il popolo del Signore dovrebbe pregare e impegnarsi per raggiungere l'unità nella conoscenza; ma non [328] dobbiamo sperare di raggiungere ciò con la forza. L'unità dello spirito sui primi principi fondamentali della verità è la cosa importante; e laddove questa viene mantenuta possiamo stare sicuri che nostro Signore guiderà tutti coloro che la posseggono a tutta la verità dovuta e necessaria per lui. È in questa connessione che i leader del gregge del Signore hanno bisogno di sapienza, di amore, di forza di carattere e di chiarezza speciali nella Verità di modo che alla fine di ogni incontro colui che l'ha condotto riepiloghi le conclusioni Scritturistiche e lasci tutte le menti sotto la loro influenza benedetta, esprimendosi chiaramente, positivamente, con amore, ma mai in maniera dogmatica, eccetto per quanto riguarda i principi fondamentali.

Servizi funebri

Nelle occasioni dei funerali, quando prevale tra gli amici che vi partecipano più o meno solennità, la salma fredda e silenziosa, i cuori feriti e gli occhi lacrimosi, il nastro nero, ecc. tutto coopera per imprimere la lezione generale che la morte non è l'amica dell'umanità, ma la nemica. Pertanto tali occasioni sono occasioni molto buone per presentare la Verità e si dovrebbero migliorare. Molti interessati oggi alla Verità Presente ricevettero le loro prime chiare impressioni di essa da un discorso durante un funerale. Inoltre, in un'occasione simile, parteciperanno e ascolteranno molti che sarebbero troppo prevenuti, troppo timorosi di opporsi ai desideri dei loro amici, per partecipare a un ministero regolare della Verità. Di conseguenza, consigliamo che tali opportunità vengano usate effettivamente come sarà permesso dalle circostanze. Laddove il defunto è un credente, e la sua famiglia è in opposizione, dovrebbe fare una richiesta riguardo alla sua morte secondo cui qualcuno che rappresenta la Verità parli ai partecipanti che verranno al suo funerale. Se il defunto è un bambino, e i genitori sono entrambi nella Verità, non ci sarà nessun problema riguardo a questa faccenda; ma se soltanto uno di essi simpatizza e l'altro è opposto, le responsabilità della questione ricadrebbero sul padre, sebbene la moglie abbia perfetto diritto di presentare al marito il suo punto di vista [329] sulla faccenda ed egli debba dare ragionevole considerazione ai suoi suggerimenti, non però per evitare la responsabilità che ha verso Dio come capo della famiglia.

In molte delle piccole compagnie ci sono fratelli alquanto qualificati a fare discorsi interessanti e positivi che ben si adattano a tale circostanza, senza alcun suggerimento da parte nostra o di altri; ma nella maggioranza dei piccoli gruppi di consacrati manca il talento speciale per un simile tipo di discorso; è per questa ragione che offriamo dei suggerimenti rispetto a un metodo utile per condurre tali servizi. Il fratello che conduce il servizio sarà preferibilmente non un parente stretto del defunto; tuttavia se non c'è nessun altro che un parente stretto, non ci sarebbe nulla di improprio se chi conduce il servizio è un figlio o un marito o un padre. A meno che non sia versato nel parlare in pubblico e abbia familiarità con il soggetto, il piano migliore potrebbe essere di adattare per il suo uso particolare e per l'occasione particolare i suggerimenti dati più avanti, trascrivendoli in forma di manoscritto, che poi leggerà agli amici radunati. Il testo dovrebbe essere scritto a mano in modo molto chiaro o a macchina e dovrebbe essere letto diverse volte a voce alta prima di accingersi a rivolgerlo in pubblico, di modo che si possa fare il discorso nel modo più scorrevole, comprensibile e distinto possibile. Suggeriremmo inoltre che se non si trova nessun fratello competente per quest'occasione non ci sarebbe nulla di improprio se una lettura del genere venisse fatta da una sorella, che indossi un qualche copricapo.

Offriamo di seguito suggerimenti su come condurre il servizio e su come rivolgere un discorso al funerale di un fratello nel Signore:

(1) Cominciate il servizio cantando qualche inno appropriato in un tono moderatamente lento: "Rock of Ages" ("Roccia delle età"), "Nearer, my God, to Thee" (Più vicino a te, mio Dio"), "Lead, Kindly Light" ("Conduci, illumina benignamente"), "Many sleep, but not Forever" (Molti dormono, ma non per sempre"), o altri.

(2) Se qualcuno della famiglia è membro di chiese confessionali e desidera che venga affidata al suo ministro una parte da svolgere nel servizio, questo sarebbe il momento giusto per chiedergli o di leggere alcuni versetti della Scrittura sulla [330] risurrezione, o offrire una preghiera, o entrambe le cose. Se non c'è nessuna richiesta del genere, si ometta questo (2) e si passi al (3).

(3) Suggerimento di linee principali per un discorso da rivolgere ad un funerale

Cari amici, siamo qui riuniti per offrire un tributo di rispetto alla memoria del nostro amico e Fratello i cui resti terreni stiamo per affidare alla tomba: polvere alla polvere, cenere alla cenere. Nonostante il fatto che non ci sia nulla di più comune al mondo che morire con annessi tutti i processi di malattia, di sofferenza e di dolore, nondimeno troviamo impossibile, quali esseri intelligenti, abituarci a un tale taglio doloroso dei legami di amicizia, di famiglia, d'amore, di fratellanza. Anche se applichiamo il balsamo alla piaga, ciò è ancora doloroso, anche se, come dichiara l'Apostolo, noi come Cristiani "non ci addoloriamo come coloro che non hanno speranza". E cosa potrebbe essere più appropriato qui oggi che un esame di questa buona speranza, postaci dinnanzi nel Vangelo come il balsamo di Gilead, che è capace di guarire i dolori della terra come nessun'altra cosa sa farlo?

Comunque prima di considerare le speranze posteci dinnanzi nel Vangelo (la speranza di una risurrezione dei morti, la speranza di una vita futura in una condizione molto più felice di quella presente) non è improprio se ci imbattiamo nella domanda: "Perché dovremmo avere bisogno di una speranza del genere? Perché non dovremmo essere risparmiati dalla morte invece che ricevere una speranza di risurrezione dai morti? Perché Dio ci permette di vivere solo pochi brevi giorni o anni, e questi anche pieni di affanno? E perché siamo recisi, poi, come l'erba che appassisce? E perché i sentimenti più profondi sono infranti, e l'andamento della casa e della famiglia messi in subbuglio da questo grande nemico della nostra razza, la morte, che durante i seimila anni passati ha colpito più di cinquantamila milioni della nostra razza umana, nostri fratelli nella carne, figli di Adamo? Per menti che ponderano non c'è domanda più interessante di questa da concepire.

La mancanza di fede religiosa ci dice che essendo puramente il grado più alto degli animali noi siamo nati, viviamo e moriamo come gli animali irragionevoli e che non [331] c'è nessuna vita futura prevista per noi. Ma mentre rabbrividiamo a tale pensiero e non potendo provare il contrario per nostra esperienza diretta, noi, quali figli di Dio abbiamo udito la Parola di nostro Padre "che parla di pace attraverso Gesù Cristo nostro Signore". Il messaggio di pace, che il nostro Redentore dà a noi come suoi seguaci, non è una negazione della realtà dei fatti, né una dichiarazione secondo cui non c'è sofferenza, non c'è dolore, non c'è morte, ma è il contrario di ciò. Egli afferma: "Io sono la risurrezione e la vita." Ci dice ancora che "tutti coloro che sono nelle tombe sentiranno la sua voce e verranno fuori". Ah! questa contraddizione della voce della mancanza di fede religiosa è dolce per noi! Porta speranza, e la speranza porta la pace in proporzione di quanto impariamo a conoscere e a confidare nel Padre ed anche nel Figlio, le cui parole abbiamo ascoltato e il quale sta portando avanti i piani misericordiosi del Padre.

Ma quindi se il Signore si propone una risurrezione, e se il messaggio di risurrezione porta pace, tranquillità e speranza, non è ancora giusto che indaghiamo perché Dio prima volge l'uomo alla distruzione e poi più tardi, mediante una risurrezione, dice all'umanità, nel linguaggio del Salmista (Sal. 90:3): "Ritornate, o figliuoli degli uomini"? Perché non lasciarli in vita? Perché non impedire il dolore, la sofferenza e la morte? Rispondiamo che le Scritture, e solo le Scritture, ci danno una spiegazione delle condizioni presenti: non c'è nient'altro che getta la minima luce sull'argomento. La loro testimonianza è che Dio all'origine creò la nostra razza perfetta, integra, a sua immagine e somiglianza, e che attraverso la disubbidienza i nostri progenitori caddero da quello stato nobile, fu loro inflitta la punizione del peccato, che è la morte, e che questa punizione per il peccato che fu pronunciata contro padre Adamo coinvolge la sua razza tutta intera in una maniera naturale. L'impeto del peccato accrebbe con le generazioni umane, e la malattia, la sofferenza e la salute accelerarono in maniera proporzionale.

È stato insegnato male a tutti noi che la paga del peccato di padre Adamo, la maledizione, la punizione, sarebbe stato l'eterno tormento; che noi e tutta l'umanità ha ereditato questa punizione indescrivibile quale conseguenza del peccato originale; e che [332] soltanto coloro che diventano seguaci di Gesù, santi consacrati, sfuggiranno al tormento eterno. Ma troviamo, cari amici, che la Parola di Dio non offre appoggio a tale piano irragionevole, ingiusto e senza amore, e che le Scritture, al contrario, affermano alquanto chiaramente che la paga del peccato è la morte, che la vita eterna è il dono di Dio, e che nessuno può avere questo dono eccetto coloro che diventano uniti in modo vitale al caro Figlio di Dio. Pertanto, vediamo che dato che agli empi non verrà concessa la vita eterna essi non potranno soffrire la miseria eterna. La dichiarazione Scritturistica è molto chiara e molto logica: "Dio distruggerà tutti gli empi." Sal. 145:20

Si noti quanto ciò sia stato affermato chiaramente a padre Adamo quando fu messo sotto processo, il momento e il luogo al di sopra di tutti gli altri al quale dovremmo guardare per trovare un'affermazione del nostro Padre Celeste riguardo a quale sarà la pena della sua giusta ira. L'affermazione è che il Signore aveva provveduto abbondantemente a dare ai nostri progenitori i vari alberi da frutto del Paradiso che donano la vita, e che li mise semplicemente alla prova nel campo dell'obbedienza proibendo loro di mangiare o perfino di toccare il frutto di un albero particolare. Fu questa disobbedienza che portò alla cacciata dal Paradiso, cacciata dagli alberi (frutteto) della vita e, pertanto, portò pian piano alle condizioni di morte che ancora prevalgono e in modo crescente; poiché tutti sono coscienti del fatto che la media della durata della vita umana oggi è molto più bassa di quella dei tempi di padre Adamo, che "visse novecentotrenta anni".

Le parole del Signore presentate nella Genesi sono: "Nel giorno in cui tu ne mangerai, per certo morrai." Questo "giorno", ci spiega l'Apostolo Pietro, era un giorno del Signore, del quale dice: "Non siate ignoranti, fratelli, riguardo a questa unica cosa, che un giorno con il Signore è come mille anni"; e fu all'interno di questo "giorno" che Adamo morì e nessuno della sua discendenza ha mai vissuto un intero giorno composto di mille anni. Dopo la trasgressione di Adamo, le parole di condanna del Signore mostrano molto chiaramente che non aveva nessuna intenzione di tormentare le sue creature, e che la maledizione non si estendeva più in là della distruzione della vita presente e più in là delle tribolazioni casuali connesse alla condizione del morire.

[333] L'espressione del Signore della maledizione lanciata ad Adamo fu: "Mangerai il pane col sudore del tuo volto finché tu ritorni nella terra donde fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai." Gen. 2:17; 3:19; II Piet. 3:8

Certamente è grande motivo di gioia rendersi conto che quella terribile dottrina del tormento eterno, con il suo castigo non solo inflitto sui nostri progenitori, ma su tutta la loro stirpe, tutti i loro figli, è una dottrina falsa che è giunta a noi non dalla Bibbia, ma dalle "Età oscure". Non è la dichiarazione del Signore in nessun senso della parola. Si ascolti la spiegazione dell'Apostolo Paolo sull'argomento, in pieno accordo con il racconto della Genesi. Dice (Rom. 5:12): "Per mezzo d'un sol uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato [come risultato del peccato] v'è entrata la morte, e in questo modo la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato." Cosa potrebbe essere più logico, più sensato o più soddisfacente di questa spiegazione divina della morte? Che essa è il risultato del peccato; che nostro padre Adamo, una volta processato, perdette tutti i suoi diritti e privilegi a causa della disobbedienza e venne a trovarsi sotto la maledizione della malattia, della sofferenza, del dolore, dell'affanno e della morte; e che noi, senza alcun processo (inutile per noi che abbiamo ereditato predisposizione e debolezze peccaminose) siamo partecipi della stessa sentenza divina contro il peccato; ossia la morte, e siamo una razza che pian piano sta scendendo in basso nelle debolezze, nella malattia, nella sofferenza e nell'affanno, dentro la tomba?

La spiegazione è soddisfacente a nostro parere e spiega il fatto che il neonato anche di un'ora o di un giorno o di una settimana o di un mese partecipa alla sofferenza e al processo della morte proprio come chi vive qualche anno in più e partecipa personalmente alla trasgressione delle leggi della rettitudine. "Sono nato nel peccato, formato nell'iniquità; nel peccato mi ha concepito mia madre" è la dichiarazione Scritturistica in materia. "Tutti hanno peccato e non sono all'altezza della gloria di Dio."

Ma ora, dov'è la speranza? Che aiuto ci può essere per uno stato delle cose così triste? Che si può fare per coloro che stanno soffrendo, che patiscono dolore e stanno morendo, in tutto il mondo, e cosa si può fare per i cinquantamila milioni che sono già [334] andati a finire giù nella prigione della morte? Rispondiamo che non possono fare niente per se stessi. Seimila anni di sforzo umano per sollevarsi dalla malattia, dal dolore e dalla morte, senza ombra di dubbio hanno dimostrato l'infondatezza più completa di ogni speranza di qualsiasi genere. Coloro che coltivano la speranza debbono farlo guardando al Signore, il Dio della nostra salvezza. Egli ha proposto una salvezza e la Bibbia è la rivelazione del piano glorioso delle età che Dio sta realizzando passo passo. Il primo passo è stata la redenzione, il pagamento della pena sentenziata contro di noi: la pena di morte. È stata pagata da nostro Signore Gesù, che "è morto, il giusto per gli ingiusti, per portarci a Dio". Nessuno appartenente alla razza condannata poteva salvare se stesso e quindi, certamente, come il profeta indicò: "Nessuno poteva dare a Dio il riscatto per suo fratello." Ma l'estrema avversità dell'uomo divenne l'opportunità di Dio e questi mandò Gesù che dette per noi la sua vita non menomata, la sua vita "santa, innocua, distinta dai peccatori", distinta dalla razza morente. Dio accetta questa vita come il prezzo corrispondente e il compenso della vita condannata di padre Adamo; e in tal modo viene in aiuto a tutti noi, figli di Adamo, perché non fummo condannati a causa nostra, ma "per la disobbedienza di un uomo"; pertanto Dio può essere giusto e può liberarci mediante l'obbedienza e il riscatto di uno: Gesù Cristo, nostro Signore. Di lui sta scritto che: "dette se stesso qual prezzo di riscatto per tutti, fatto che doveva essere attestato a suo tempo." I Tim. 2:6

Cari amici, prestiamo attenzione, mentre ci siamo, al fatto che nostro Signore Gesù non ha redento semplicemente la Chiesa; ma, come le Scritture affermano chiaramente: "Egli è la propiziazione [l'espiazione] per i nostri peccati [i peccati della Chiesa], e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo." (I Giovanni 2:2) Qui, grazie a Dio, abbiamo le basi della buona speranza che, come suggerisce l'Apostolo, ci permette di addolorarci non come gli altri che non hanno speranza, o che hanno solo una fragile speranza, non poggiata sulle dichiarazioni positive della Parola di Dio.

Ma, dice uno, è molto che Gesù è morto. Perché è ancora permesso al peccato e alla morte di regnare e di ingoiare la famiglia umana? Rispondiamo che Dio ha [335] ritardato il sacrificio di quattromila anni e sta ritardando ancora l'invio della benedizione assicurata da esso che in definitiva deve esserne il risultato; e tale benedizione sarà certa al "tempo opportuno" di Dio. L'obiettivo del ritardo è duplice, come spiegato dalle Scritture:

Primo, permettere la nascita di un numero sufficiente della famiglia umana per riempire o popolare bene tutta la terra, allorché sarà portata alla perfezione dell'Eden, e come un tutto sarà il Paradiso di Dio restaurato su scala più vasta e più maestosa. Costoro durante il tempo presente acquisteranno una certa quantità di esperienza del peccato e della morte ed impareranno parte di una lezione molto importante, vale a dire l'eccessiva peccaminosità del peccato e la sua indesiderabilità. Non appena arriverà il tempo del Signore, che non crediamo sia molto lontano, egli manterrà la sua promessa e stabilirà il suo Regno nel mondo, che incatenerà Satana, frenerà tutte le potenze e gli influssi che operano ora in direzione del peccato e della morte, e farà sì che la conoscenza del Signore si sparga su tutta la terra. Così Cristo benedirà la famiglia umana e la solleverà, passo passo, verso la grande perfezione in cui fu creata, ad immagine di Dio come rappresentata in padre Adamo. Questo periodo di benedizione è chiamato il Regno Millenaristico e fu per questo che il Signore ci insegnò a pregare: "Venga il tuo Regno; sia fatta la tua volontà sulla terra come in cielo." Occorrerà tutto questo giorno composto di mille anni, questo giorno di benedizione e di restaurazione per stabilire la rettitudine nella terra su una base solida e per mettere alla prova il mondo dell'umanità e determinare chi fra gli uomini, mediante l'obbedienza a Cristo, può essere considerato degno della vita eterna; e chi, in possesso della piena conoscenza, a motivo della sua preferenza per il peccato, sarà sentenziato alla Seconda Morte: "distruzione eterna lontano dalla presenza del Signore e dalla gloria della sua potenza". Queste benedizioni dell'età Millenaristica si estendono non solo sui milleseicento milioni ora viventi sulla terra, ma anche sui cinquantamila milioni che sono stati sepolti nelle tombe, la grande prigione della morte, dalla quale nostro Signore Gesù li chiamerà per partecipare alle opportunità del Regno; come egli dichiara: "Tengo le chiavi della morte e della tomba." Apoc. 1:18

Secondo, [336] cari amici, il Signore ha ritardato nel portare la benedizione e le opportunità generali per il mondo, dal tempo in cui nostro Signore ci ha redento, affinché durante quest'età del Vangelo potesse radunare, prendendolo dall'umanità, che ha redento, un "piccolo gregge", una classe di "eletti", discepoli, che avrebbero seguito le sue orme, persone sante, sacre. Pertanto sta cercando "un popolo particolare", "un Sacerdozio Regale" da associare a se stesso in quel Regno Millenaristico, non per far parte del mondo nella restaurazione alle condizioni terrene, per quanto perfette, grandiose e gloriose, e ad una dimora Edenica, per quanto desiderabile, ma per un dono ben più grande, per essere come il loro Signore: esseri spirituali, partecipanti della natura divina, molto più in alto degli angeli, dei principati e delle potenze, a condividere la sua gloria. Che magnifica speranza è questa e che ispirazione per i cuori di tutti coloro che hanno ascoltato l'invito e che sono divenuti discepoli, seguaci di Gesù, e stanno cercando di camminare sulle sue orme, dopo che egli ci ha dato esempio! Che benedizione sarà raggiungere una simile gloria, un simile onore e una simile immortalità come è offerto alla Chiesa nella Prima Risurrezione! E che grande privilegio sarà l'essere associati con nostro Signore nel dispensare i doni divini a tutta la creazione che geme, e nell'invitare chiunque voglia a Venire all'acqua della vita, e a berne a volontà! Sì, allora nel Regno lo Spirito e la Sposa diranno: "Vieni" (perché ci sarà una Sposa, allora, lo sposalizio dell'Agnello che si tiene alla fine di questa età del Vangelo) "e chi vuole, prenda in dono dell'acqua della vita." (Apoc. 22:17) Non sono queste due buone ragioni perché Dio abbia ritardato l'elargizione della benedizione subito dopo che fu compiuto il sacrificio redentore sul Calvario? Certamente possiamo gioire del ritardo e della nostra opportunità che ne è scaturita di essere chiamati e di rendere sicure la nostra chiamata e la nostra elezione.

Questa è una breve dichiarazione delle speranze gloriose che animarono il nostro caro fratello la cui memoria oggi onoriamo. Queste speranze sono state un'ancora per la sua anima, che gli hanno consentito di restar ben saldo a lato del Signore e di condividere le sorti di coloro che riconoscono il Maestro e che cercano di prendere la loro croce [337] giornaliera alla sua sequela. Egli aveva qualità nobili che senz'altro molti di voi hanno riconosciuto; ma non stiamo basando le nostre speranze e le nostre gioie nei suoi confronti sulla supposizione che fosse perfetto, ma sul fatto che sappiamo che Gesù Cristo fu il suo Redentore perfetto e che il nostro fratello confidò in lui; e che chiunque confida in lui non sarà mai svergognato ma alla fine riuscirà vincitore. Non c'è dubbio che il nostro caro fratello avesse delle qualità degne di stima che potremmo tutti imitare, ma non abbiamo bisogno di prendere nessun esempio terreno. Dio stesso ci ha dato in suo Figlio un esempio glorioso che tutti noi, come il nostro caro fratello, dobbiamo sforzarci di imitare. Facciamo bene a non guardarci a vicenda ma a guardare alla copia perfetta: Gesù. Facciamo bene a passar sopra ai difetti naturali, che tutta l'umanità ha a causa della caduta, e a ricordare che questi sono tutti coperti, per coloro che sono i seguaci del Signore, dal manto della sua giustizia in modo che essi vengono "accettati nel Diletto".

Infine, cari amici, impariamo una lezione sulla brevità della vita presente; e che mentre Dio ha grandi benedizioni in serbo per il mondo, noi che abbiamo già sentito parlare della sua grazia e della salvezza in Gesù abbiamo privilegi speciali, opportunità speciali e di conseguenza responsabilità speciali connessi con questa conoscenza. Come afferma l'Apostolo: "Colui che ha questa speranza in lui rende se stesso puro, proprio come egli è puro." Se ci aspettiamo di essere con il Signore, di partecipare alla sua gloria e di essere associati, nel futuro, alla sua opera, sappiamo che ciò vorrà dire che i nostri caratteri debbono essere trasformati, che i nostri cuori debbono essere rinnovati, che dobbiamo diventare non solo puri nel cuore, cioè, nelle intenzioni, nella volontà, nello scopo, verso Dio, ma, per quanto è possibile, anche nelle parole e nei fatti, il più possibile come è capace la nuova mente, nelle varie circostanze, di controllare questi corpi, imperfetti a causa della caduta. Dobbiamo ricordarci non solo di rimanere in Gesù e sotto il manto del suo merito, ma anche di coltivare sempre di più nei nostri cuori le grazie del suo Spirito; e i buoni propositi sono un grande aiuto in questa direzione. Decidiamoci, quindi, di nuovo in queste circostanze solenni e tenendo presenti questi pensieri solenni, seppure gioiosi, di sforzarci, per quanto sta a noi, a camminare più fedelmente nelle orme [338] del Maestro e a lasciare splendere la luce della sua verità e della sua grazia sempre di più attraverso le nostre vite. Facciamo in modo che il mondo sia migliore e più felice ogni giorno che vi viviamo e che per quanto è possibile glorifichiamo Dio nei nostri corpi e nei nostri spiriti che sono suoi. Amen.

(4) Al discorso può far seguito una preghiera condotta o direttamente da colui che ha parlato oppure da qualche fratello competente nella Verità. Non si dovrebbe mai chiedere l'aiuto di un ministro che venga da fuori per la preghiera da dire dopo il discorso. Pregherebbe quasi di sicuro rivolto agli uomini e non a Dio e cercherebbe di distruggere quasi certamente nelle menti degli ascoltatori qualsiasi buon frutto prodotto dal discorso. Nella preghiera il Signore dovrebbe essere ringraziato in modo speciale della sua grazia in Gesù Cristo e si dovrebbe chiedere la sua benedizione su tutti i presenti e in modo particolare su coloro che hanno legami con la famiglia cui è venuto a mancare il defunto.

(5) Si può concludere il servizio appropriatamente con una strofa o due di un inno che si addica alla situazione, come suggerito innanzi.

(6) Siamo del parere di dire semplicemente poche parole di preghiera sul luogo della sepoltura dopo che la bara è stata deposta.

Variazioni nel discorso, per adattarlo
a varie circostanze

Il discorso riportato sopra sarebbe certamente adatto in ugual modo anche per una sorella, sostituendo la parola "Sorella" a "Fratello"; nel caso, però, che si tratti di una persona mondana o di una che non possiede piena consacrazione al Signore, ci sarebbe bisogno di fare diverse correzioni, come risulta evidente a qualunque persona competente che sia solita rivolgere questo tipo di discorsi.

Nel caso di un bambino, sia che egli abbia un legame di parentela con un credente o meno, il discorso potrebbe variare per adattarsi a questa circostanza; si potrebbe far riferimento al defunto come "il nostro giovane amico, stroncato sul fiore dell'età, nello sviluppo verso la sua maturità di uomo o di donna, dalla falce del mietitore severo, la morte"; oppure, se si tratta di un piccolo bimbo, si può prendere il testo: "Trattieni la tua voce dal piangere, i tuoi occhi dal versar lagrime, poiché l'opera tua sarà ricompensata, [339] dice l'Eterno; essi ritorneranno dal paese del nemico." (Ger. 31:15-17) In tale caso sarebbe appropriato porre l'enfasi sul fatto che nessuno metterà in discussione che i bambini che non hanno raggiunto l'età della maturità non possono aver commesso peccato che porta alla morte e che pertanto si verifica la dichiarazione della Scrittura secondo cui fu per la disobbedienza di un uomo, e non per la disobbedienza universale, che il peccato entrò nel mondo, con la morte quale risultato o condanna.

Le decime, le collette, ecc.

Per quanto ci consta, nessuna delle piccole compagnie del popolo del Signore "di questa via" (Atti 22:4) fanno delle collette pubbliche. Sin dall'inizio siamo stati del parere di evitare collette pubbliche, non perché che ci sarebbe qualcosa di peccaminoso in questa procedura né perché c'è qualcosa nelle Scritture che le condannino, ma perché la questione dei soldi è stata fatta diventare un elemento così prominente in tutta la Cristianità da parte di tutte le denominazioni che, a parer nostro, l'evitarla totalmente sarebbe a gloria del Signore. Le persone alle quali per tutta la vita sono stati continuamente chiesti soldi ben presto finiranno col credere che una gran parte della predicazione e dell'insegnamento, ecc. è fatto per far soldi, se non è fatto unicamente o principalmente per far soldi, almeno per far soldi in misura considerevole.

Non solo le Scritture lasciano capire che la maggior parte dei fedeli del Signore sarà costituita dai poveri di questo mondo, ma la nostra esperienza conferma la medesima cosa, che non ci sono molti ricchi, non molte persone importanti, non molti nobili, ma "principalmente i poveri di questo mondo, ricchi nella fede". Alcuni di questi, ne siamo sicuri, venendo agli incontri dove si sostiene la causa della Verità Presente, sentono un senso di sollievo nell'assenza dello spirito mondano dell'accaparramento di soldi; almeno in alcuni casi quest'aspetto è servito a presentare loro la Verità come degna di lode. Coloro ai quali si aprono gli occhi alla luce della Verità Presente diventano presi da uno zelo e da un'energia di servire la Verità e da un desiderio così grande di far splendere la loro luce per la gloria del Padre e del Figlio, di modo che molti Cristiani tiepidi generalmente dicono: "Qual è la ragione? Qual è l'obiettivo? Cosa ci guadagnerete, [340] oppure che vantaggio ne trarrete nel cercare di suscitare l'interesse in me, nel prestarmi libri o nel trascorrere del tempo cercando di attrarre la mia attenzione a questi temi Biblici, come li vedi tu? Venendo agli incontri e scoprendo che non ci sono neanche le solite collette e richieste di soldi, questi che indagano sono ancor più convinti che è stato l'Amore, per il Signore, per la sua Verità e per il suo gregge, ad ispirare gli sforzi fatti per mettere la Verità alla loro portata. Anche se un po' propensi ad avere pregiudizi contro la Verità, queste prove di sincerità e di uno spirito, simile a quello di Dio, di benevolenza e generosità si presentano come degni di essere emanazioni dello Spirito del Signore, dello spirito d'amore.

Ma mentre difendiamo questo principio e lo raccomandiamo di tutto cuore a tutto il popolo del Signore ovunque, è nostro dovere, d'altra parte, richiamare l'attenzione al fatto che per quanto ignobile ed egoista ed avaro uno possa essere nel momento in cui accetta il Signore e si consacra a lui, costui non si potrebbe continuare ad identificare con "la Chiesa i cui nomi sono scritti in cielo", e con il Signore, Capo della Chiesa, senza riuscire vincitore, in grado notevole, sulla sua disposizione egoista. Sappiamo bene che l'egoismo e l'avarizia sono estranei allo Spirito del nostro Padre Celeste e del nostro Signore Gesù e debbono, pertanto, essere estranei a tutti coloro che saranno riconosciuti alla fine figli del loro Padre, i quali avranno tutti la somiglianza di famiglia, la cui caratteristica principale è l'amore, la benevolenza. Se, per eredità o per via di un ambiente e di un'istruzione sfortunati, si è sviluppato molto lo spirito di squallore nella carne mortale di chiunque è stato accettato come membro in prova della Nuova Creazione, costui andrà presto incontro ad una guerra proprio a questo riguardo. Come fa capire l'Apostolo, la mentalità della carne lotterà contro la mentalità dello spirito, la Nuova Creatura, e la mentalità della Nuova Creatura deve ottenere la vittoria se vuole raggiungere la posizione agognata tra i vincitori. L'egoismo e lo squallore debbono essere superati; si debbono coltivare diligentemente la pietà, la munificenza e la generosità, sia dell'animo che delle azioni. Può anche succedere che questi tali siano costretti a lottare [341] con la carne, perfino sino al giorno della morte, ma non ci debbono essere punti interrogativi sull'atteggiamento della mente, della nuova volontà; e coloro che li conoscono meglio percepiranno certamente nella loro condotta le prove della vittoria della nuova mente sulla mente carnale ed egoista.

Pertanto il nostro pensiero, riguardo all'evitare le collette e tutte le faccende finanziarie nelle adunanze della Chiesa non è diretto a scoraggiare il dare. Per quanto possiamo osservare, coloro che danno più abbondantemente al Signore, con più entusiasmo, con più allegria, sono quelli più benedetti da lui in materia dello spirito. Si vedrà che non stiamo limitando l'espressione: "Il Signore ama colui che dona con cuore allegro" a doni di natura pecuniaria; ma stiamo comprendendo in essa tutti i doni e i sacrifici che il popolo del Signore ha il privilegio di presentare sull'altare del sacrificio e di cui Dio ci fa sapere che è contento di accettare attraverso il merito del nostro caro Redentore. In verità, ogni qualvolta e ovunque ci si è presentata la domanda: "Dovrei impegnarmi completamente in questa attività commerciale e in tal modo riuscire a dare in abbondanza del frutto delle mie mani e del mio intelletto per la diffusione della Verità? O sarebbe meglio che mi accontentassi di una capacità e di un servizio minori in questa direzione, prendendo un'altra strada che mi permetterebbe di dare di più del mio tempo e della mia personalità per gli interessi della Verità e per la sua propagazione tra gli amici, i vicini, ecc.? Universalmente, la nostra risposta è stata che dovremmo considerare che il nostro tempo e l'influenza esercitata a servizio della Verità sono ancora più apprezzati agli occhi del Signore che i doni in denaro.

Pertanto, se uno si trova in possesso di un talento per presentare la Verità, ed anche di un talento per fare legittimamente soldi, il nostro consiglio sarebbe che costui esercitasse preferibilmente il talento di fare soldi soltanto fino ad un certo punto, in modo da dare tempo, attenzione ed energia quanto più possibile per il talento ancora più importante che possiede, cioè quello del ministero della Verità. E ciò varrebbe anche in misura notevole per i ministeri della Verità attraverso le pagine stampate, attraverso la distribuzione ambulante di testi religiosi, ecc.

"È più benedetto dare che ricevere" è un assioma che tutto il popolo del Signore [342] che ha raggiunto un certo buon grado di sviluppo nella somiglianza divina può capire bene. Dio è il grande Donatore: egli continua sempre a dare. Tutta la Creazione in ogni sua parte è il risultato di questa benevolenza da parte di Dio. Egli ha dato il Suo Figlio Unigenito, con la vita, i piaceri, le benedizioni dell'associazione intima con lui. Egli ha dato ai figli angelici di Dio innumerevoli benedizioni. Ha elargito alla nostra razza, nella persona del padre Adamo, la benedizione della vita e le benedizioni feconde di questo mondo, che, anche nella loro condizione presente caduta e degradata, sono meravigliose. Egli non ci ha dato soltanto i sensi, con i quali poter notare gli odori, i sapori piacevoli, i bei colori e le loro combinazioni, ecc., ecc. ma ha preso le misure opportune nella natura per la gratificazione di questi sensi in modo meraviglioso e abbondante: è stato generoso nell'elargire le sue bontà sull'uomo naturale, nei frutti e nei fiori, nelle gemme e nel cielo stellato.

E quando contempliamo le benedizioni che Dio ha in serbo per il "piccolo gregge" della Nuova Creazione, come rivelatoci nella sua Parola, riconosciamo che sono oltremodo abbondanti, molto di più di quanto avessimo potuto chiedere o pensare. "Gli occhi non hanno visto, né gli orecchi hanno sentito, né è entrato nel cuore dell'uomo ciò che Dio ha in serbo per coloro che lo amano; ma Dio le ha rivelate a noi per mezzo del suo Spirito." La benevolenza, quindi, o il dare, l'assistere, il benedire altri, è parte dell'essere simili a Dio. Che c'è da meravigliarsi, allora, se consideriamo il dare superiore al ricevere?

In proporzione di quanto impariamo ad apprezzare le cose spirituali e in proporzione di quanto siamo insieme al Signore e diventiamo partecipi del suo Spirito, e in proporzione di come quello spirito d'amore, di bontà, di generosità è traboccato nei nostri cuori, nella stessa proporzione scopriamo che proviamo piacere a fare del bene a tutti gli uomini, specialmente a quelli della famiglia della fede. L'amore in noi, come nel nostro Padre Celeste, non cerca semplicemente il suo proprio interesse e il suo proprio benessere, ma è continuamente all'erta per notare come poter conferire benedizioni anche su altri; come poter ravvivare e rallegrare le vite degli altri; come poter confortare gli altri [343] nei loro dolori e assisterli nella necessità. In verità è in proporzione di quanto questa mentalità è traboccata su di noi, in proporzione di come veniamo trasformati dal rinnovamento delle nostri menti, e mutati di gloria in gloria, che arriviamo a capire il valore della grande opera che Dio ha tracciato per noi in futuro: l'opera simile a quella di Dio di benedire tutte le famiglie della terra, di essere i suoi agenti nella distribuzione dei doni generosi celesti che ha previsto per tutti coloro che giungeranno all'armonia con lui. Le Nuove Creature, pertanto, trovano che, in proporzione di quanto crescono in grazia, mentre continuano ad apprezzare le glorie personali promesse, giungono a stimare in modo più particolare i privilegi che saranno loro attraverso la coeredità con il loro Signore, i privilegi del ministero della restaurazione e di tutte le sue benedizioni numerosissime elargite alla povera creazione che geme, sollevando tutte le persone che solleveranno fino alla perfezione umana dalla quale tutti caddero in Adamo.

Questo spirito d'amore, questo desiderio di dare, questo desiderio di assistere altri, man mano che cresce nei nostri cuori nel tempo presente, ci porta non solo alla generosità di pensiero rispetto ad altri, ma anche alla generosità di condotta, alla prontezza a sacrificare il nostro tempo e la nostra influenza per il bene degli altri; in tal modo che essi possano essere benedetti con la luce della Verità Presente, come siamo stati benedetti noi da essa. E questo stesso spirito ci porta, se non abbiamo talento per insegnare o per spiegare, a cercare di usare il nostro talento di tempo e di opportunità per la distribuzione di opuscoli, ecc., accompagnati da una parola appropriata, quantunque breve. E ci porta più avanti, se abbiamo anche il talento dei soldi, ad usarlo al servizio del Signore, per la promulgazione del Vangelo. In verità, crediamo che oggi il Signore apprezzi, come ha sempre fatto, lo spirito che era nella povera vedova la quale buttò due oboli nel tesoro del Signore e la cui abnegazione, come dimostrata in questa piccola offerta, a detta del Signore generò la sua stima per lei, e, quindi, la stima del Padre per lei, quale colei che dette al massimo grado, seguendo il proprio cuore: "Costei v'ha gettato tutto quanto aveva per vivere." (Luca 21:4) Quindi, a modo suo, fece per la causa generale qualcosa di molto [344] simile a quella che stava facendo nostro Signore. Stava dando, non semplicemente quanto aveva per vivere, ma stava dando la stessa vita, giorno per giorno, ora per ora, al servizio degli altri; e alla fine, sul Calvario, completò l'opera nel senso più pieno e più completo.

Siamo stati propensi a chiederci perché nostro Signore non abbia fatto notare alla povera vedova, in qualche modo, che aveva fatto più del suo dovere; che se aveva solo due oboli li avrebbe dovuti tenere entrambi, o almeno uno dei due, per le sue necessità. Se fosse stata un'altra persona diversa dal Signore oppure da uno degli apostoli a notare quel gesto e a lodarlo, ci saremmo sentiti perfettamente liberi di aggiungere quelle parole di cautela. Ma, tutto sommato, presumiamo che a molto pochi sono necessarie parole di cautela per quanto riguarda l'istinto di conservazione. Molto pochi hanno bisogno di ricevere parole di cautela che spieghino loro che non occorre che diano tutto ciò che hanno per vivere. Ce ne possono essere alcuni; ma siamo certi che per loro, come per la povera vedova, succederebbe che il Signore li ricompenserebbe in qualche modo per ciò che saremmo propensi a considerare la loro supergenerosità. Siamo piuttosto sicuri che è meglio che sbaglino in quel senso della cosa che nel senso opposto. "C'è chi spande liberamente e diventa più ricco [se non diventa più ricco in cose naturali lo diventerà sicuramente in cose spirituali] e c'è chi risparmia più del dovere [coloro che sono troppo accurati, troppo cauti, indigenti, oltremodo prudenti], ma non fa che impoverire [a volte fino alla povertà finanziaria, ma sempre, certamente, fino alla povertà spirituale]." Prov. 11:24

Dato che il Signore non ha imposto nessuna legge sul suo popolo riguardo ai doni generosi, ma ha lasciato la questione aperta per coloro che hanno consacrato a lui tutto ciò che hanno, è evidente che la loro consacrazione sarà misurata dalla loro condotta successiva: i loro sacrifici, i loro atti di abnegazione. La domanda, allora, si presenta davanti a ciascuno di noi individualmente: "Fino a che punto dovrei dare al Signore del mio tempo, della mia influenza importante, del mio denaro? Rispondiamo che se la domanda viene da uno che ha fatto una consacrazione completa di se stesso ed è [345] diventato una Creatura Nuova, non ci può essere che una risposta, vale a dire che non ha nulla da dare, ha già dato tutto quello che ha al Signore. Se ha trattenuto qualcosa, allora non ha fatto una consacrazione piena e può star certo di non essere stato accettato completamente dal Signore.

Ma, se ammettiamo di aver dato tutto al Signore, come determiniamo la volontà divina rispetto al mandare ad effetto questo dono? Rispondiamo che ciascuno deve considerarsi nominato dal Signore come amministratore del proprio tempo, della propria influenza importante, dei propri soldi, ecc. e ciascuno deve cercare di usare questi talenti al massimo della loro capacità, per la gloria del Maestro. E visto che a lui è concesso il privilegio del trono della grazia, ciò vuol dire che se è in dubbio circa l'uso di questi talenti, può chiedere a Dio che dà la sua sapienza liberamente a chi la chiede, e non rimprovera. Guidato da tale sapienza che viene dall'alto, in proporzione di quanto cresce giorno dopo giorno il suo amore e il suo zelo per il Signore mediante una conoscenza della Verità e il raggiungimento dello spirito di essa, si ritroverà a dare sempre di più del suo tempo, della sua influenza, e sempre di più dei mezzi che sono sotto il suo comando, per il servizio della Verità, e a programmare, inoltre, come può ridurre i suoi vari obblighi personali e familiari in maniera da poter aumentare le sue offerte e i suoi sacrifici.

Come ben noto, Dio ha istituito con gli Ebrei un sistema di pagamento della decima, secondo cui il decimo di tutto l'aumento della ricchezza, sia in grano che in verdure o mandrie o greggi o denaro, veniva messo da parte per usi sacri come appartenente al Signore, da usare soltanto per scopi sacri. Ma questo fu un ordinamento solo per "la casa dei servitori". Il Signore ha lasciato "la casa dei figli" senza nessuna legge o senza nessun regolamento del genere. Ciò implica che egli si aspetti di meno dai figli che dai servitori? In verità, no; il figlio che fosse meno interessato agli affari del padre del servitore sarebbe indegno della sua posizione di figlio e di certo la perderebbe; si troverebbe un altro che abbia maggior spirito vero di figliolanza. Nel caso della casa dei figli, non viene consacrato, sacrificato, solo un decimo ma ogni cosa, e tutto deve [346] essere usato come ci indicherà l'occasione sotto la forma di servizi al Signore e alla sua causa. Pertanto dobbiamo procedere continuamente, dando la nostra vita, il nostro tutto, al servizio della Verità. *

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*Gli obblighi dei consacrati verso le loro famiglie e come questi abbiano a che fare con l'offerta di tutto ciò che hanno al Signore, viene considerato nel Cap. xiii.
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L'Apostolo sottopone questa lezione alla nostra attenzione nella sua lettera ai Filippesi (4:17): li assicura che i loro doni dati spontaneamente sono stati utili e graditi ed aggiunge: "Non già che io ricerchi un dono; ho ricercato piuttosto il frutto che abbondi a conto vostro." Sapeva che come è certo che erano stati generati dallo Spirito santo questo avrebbe cominciato a portare frutti in opere buone e in doni generosi; e che più erano evidenti i doni generosi, più aveva la dimostrazione della loro crescita spirituale, che era la cosa che egli desiderava veramente. E così è oggi. Il Signore ci informa che tutto l'oro e l'argento è suo come pure il bestiame su mille colli. A dir il vero, egli non ha bisogno di nessuno dei nostri sforzi, di nessuna quantità di nostri soldi; ma siccome ci tornerà di vantaggio e ci aiuterà a svilupparci, egli lascia che la sua opera sia in una condizione tale da aver bisogno di tutti gli sforzi di coloro che sono veramente suoi e di tutti i mezzi che sarà loro suggerito di usare nei loro tentativi di glorificarlo.

Come è benigno questo ordinamento! Che benedizioni hanno già portato questi privilegi al caro popolo del Signore! Non dubitiamo che continueranno a scendere su di noi fino alla fine della corsa con lo scopo che tutti possiamo avere il privilegio benedetto di porgere i nostri talenti, qualunque essi siano, al servizio del Signore. Così dunque insistiamo perché, sull'esempio della povera vedova e dei suoi due oboli, non ci sia nessuno così povero da non poter mostrare al Signore il desiderio che ha in cuore. L'idea che nostro Signore sembra avere è che, come espresso da una parte, chi è fedele nel poco sarà fedele nelle occasioni più grandi e più importanti; e che egli sarà propenso a dare a costoro non solo le opportunità maggiori del futuro, ma le opportunità maggiori anche del tempo presente.

Il [347] nostro consiglio è che la questione dei soldi sia posta da parte, per quanto possibile (e crediamo che ciò sia completamente), e non venga considerata negli incontri generali della Chiesa. Consigliamo che si coltivi lo Spirito del Signore e che man mano che vive abbondantemente dentro, ciascuno si senta spinto a fare la sua parte per affrontare non solo le spese attuali della Chiesa (magari l'affitto o altre spese) ma anche a diffondere la luce che sta benedicendo la sua anima su altri che si trovano ancora nelle tenebre. Allo stesso modo consigliamo che non si chieda insistentemente denaro ad estranei, anche se non siamo al corrente di nessun motivo per cui si dovrebbe mai rifiutare il denaro offerto da estranei. Sarebbe, almeno, un'indicazione della loro simpatia e non c'è dubbio che porterà loro alla fine, o in questa vita presente o nella futura, qualche riconoscimento e premio da parte di colui che ha dichiarato che persino un bicchiere d'acqua fresca offerto ad uno dei suoi discepoli in suo nome non resterà senza premio. Mat. 10:42; Marco 9:41

*   *   *

"Anche in mezzo ai rumori più striduli della nostra giornata,
Si fa strada un preludio dolce, sommesso;
Attraverso nubi di dubbi e di credi di paura,
Calma e chiara irrompe una luce.

"Chi non vede deve per forza brancolare,
La lama deve stare davanti alla spiga;
Come ti senti tu mi sono sentito io,
E dove abiti tu devo abitare anch'io."

[348]

Se potessi sapere

"Se potessi sapere di sicuro
Che tutte queste cose che mi affaticano così tanto
Sono notate dal mio Signore:
Lo spasimo che mi taglia come un coltello,
Il rumore, la stanchezza, la lotta,
E tutti i mali innominati della vita.
Che pace darebbe!

"Mi chiedo se partecipa davvero
A tutti questi piccoli affanni umani,
Questo potente Re dei re!
Se colui che guida nello spazio sconfinato
Ogni pianeta splendente al suo posto,
Può avere la grazia che accondiscende
A curarsi di queste futili cose.

"Mi sembra, se certo di ciò,
Mescolato con ogni male verrebbe una tale gioia
Che io possa agognare il dolore,
E vedere ogni cosa che mi porti
Il pensiero benedetto di Dio
E il senso della dolce compassione di Cristo
Non una perdita, ma il più ricco guadagno.

"Caro Signore, il mio cuore non dubiterà più
Che tu mi circondi tutto
di compassione divina.
L'Amore che per me fu crocifisso una volta
Non è l'amore che si allontana da me,
Ma aspetta sempre di condividere
Ogni mio piccolissimo affanno."

 

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