Studies in the Scriptures

Tabernacle Shadows

 The PhotoDrama of Creation

 

Studi Sulle Scritture
Serie 6 - La Nuova Creazione

 

 STUDIO 7

LA LEGGE DELLA NUOVA CREAZIONE

L'EMANAZIONE DI UNA LEGGE IMPLICA LA CAPACITÀ DI RISPETTARE QUELLA DATA LEGGE—LA LEGGE DIVINA COME FU SCRITTA ORIGINARIAMENTE—NON SI POTEVA DARE UNA LEGGE DI VITA ALLA STIRPE CADUTA—REDENZIONE NON PER MEZZO DELLA LEGGE MA DELLA GRAZIA—L'ANTICO PATTO PORTATO A COMPIMENTO E IL NUOVO PATTO SIGILLATO DAL SOLO SACRIFICIO DI CRISTO—LA LEGGE DEL SINAI SOLO PER ISRAELE NELLA CARNE—LA LEGGE DEL NUOVO PATTO—IL COMANDAMENTO SOTTO IL CUI VINCOLO SI SVILUPPANO I SANTI—LA NUOVA CREAZIONE SEPARATA E DISTINTA NEL RAPPORTO DIVINO E NEL PATTO—CRESCITA NELLA COMPRENSIONE DELLA LEGGE PERFETTA—CORRERE PER RAGGIUNGERE LA META E TENER DURO UNA VOLTA ARRIVATI—LA REGOLA D'ORO—LA LEGGE PERFETTA DELLA LIBERTÀ

L'Emanazione di una legge da parte di qualsiasi autorità competente implica una capacità, in chi la riceve, di rispettare quella data legge oppure qualche disposizione per il condono delle offese compiute contro di essa. L'emanazione di una legge presuppone la possibilità che venga violata e, quindi, una legge comporta sempre delle punizioni ad essa connesse. Nel caso di padre Adamo che, ci viene detto, fu creato ad immagine e somiglianza di Dio, e sul quale ricadde una pena o una maledizione per aver disobbedito alla volontà divina, ragioniamo a ritroso nel senso che gli doveva essere stata data una legge e che questa era stata abbastanza esplicita, altrimenti non sarebbe potuto essere stato punito giustamente quale trasgressore dal suo Creatore. Ci viene detto chiaramente che il peccato dell'Eden fu disobbedienza ad un comando divino. La giustizia della pena di morte che si abbatté su Adamo e che, attraverso di lui, si è estesa in modo naturale alla sua discendenza, implicava la comprensione della legge cui era vincolato e che egli trasgredì consapevolmente: in caso contrario la colpa sarebbe stata di colui che aveva emanato la legge. Che Adamo fosse in condizioni di ricevere la legge divina, e di obbedirvi, è reso evidente anche dal fatto che non c'era nessuna disposizione per il condono delle offese [350] compiute sotto quella legge, nessun mediatore, ma come conseguenza della violazione si abbatté su di lui la punizione completa.

Non abbiamo nessun documento per provare che il Creatore presentò un codice di leggi a padre Adamo e a madre Eva scritte su pietra o in altro modo; e dato che tale codificazione di leggi è comune ai giorni nostri, per via della debolezza umana, molti non riescono a capire in che modo il perfetto Adamo possedesse una legge perfetta, in base alla quale fu processato e, avendola trasgredita, fu condannato. È uno sbaglio supporre che le leggi debbano essere scritte in modo esterno, su carta, su pietra, ecc., e non rendersi conto che nella creazione dell'uomo c'è una forma ancora più sublime di scrittura della Legge divina così in armonia con i principi di giustizia che sarebbe appropriato dire che la Legge divina (una comprensione di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato) è stata scritta nell'organismo perfetto. In tal modo la Legge di Dio è scritta nel suo stesso essere e nell'essere di tutti gli eserciti angelici e pertanto la Legge divina fu scritta anche nella costituzione stessa di Adamo ed Eva. Essi non erano propensi al peccato. Al contrario, erano portati alla giustizia. Erano giusti, circondati da condizioni giuste e perfette e consci degli obblighi che avevano verso il loro Creatore e consapevoli della loro responsabilità di obbedire ad ogni suo comando; e sapevano anche, non in modo vago, ma con esattezza, ciò che egli aveva comandato. Perciò, avendo trasgredito, non avevano scuse. La misericordia potrebbe far trovare delle scusanti per loro, adducendo la loro mancanza di esperienza, ecc., con riguardo alle punizioni; ma il fatto che può darsi che essi non abbiano compreso appieno ciò che avrebbe costituito le punizioni per il peccato non altera l'altro fatto che essi sapevano qual era la via giusta e quale quella sbagliata. Sapevano che era giusto obbedire a Dio e sbagliato disobbedirgli, a prescindere completamente dalla comprensione di quali calamità si sarebbero verificate come conseguenza della loro disobbedienza. L'Apostolo conferma il racconto della Genesi in tutti questi particolari, dicendo che: "Adamo non fu ingannato", che compì la trasgressione consapevolmente, deliberatamente, e che, facendo così, attrasse su se stesso con le sue stessi mani la maledizione, o la pena per peccato deliberato, che il suo Creatore aveva prima dichiarato, vale a dire la morte.

Se [351] oggi ci guardiamo attorno, vediamo che il mondo in genere ha perso in misura considerevole questo suo iniziale essere a somiglianza di Dio, stato in cui furono creati i nostri progenitori. Esso ha perso molto di più che la comprensione intuitiva di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato. La legge divina, una volta radicata così chiaramente e distintamente nella natura umana, nei seimila anni passati del "regno del peccato e della morte" è stata in grandissima parte cancellata. Mediante le sue comunicazioni con alcuni della famiglia umana, Dio ha risvegliato in misura notevole la legge originaria in molti cuori, tracciando di nuovo più o meno profondamente le varie caratteristiche della giustizia; eppure, persino tra i più civilizzati e i più Cristianizzati, nessuno osa fidarsi del proprio giudizio, a meno che non sia qualificato per farlo, per quanto riguarda ciò che è giusto o sbagliato su varie questioni. Perciò abbiamo ancora bisogno di porre dinnanzi a noi certi standard divini ai quali ricorrere e secondo i quali poter correggere le nostre valutazioni su ciò che è giusto e su ciò che è sbagliato, e portarle sempre più vicine al livello divino. Nondimeno, persino tra i popoli più degradati del mondo pagano, spesso troviamo barlumi di coscienza e certe concezioni più o meno rudimentali di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato. Queste sono le vestigia deformate e distorte della legge originaria dell'essere dell'uomo, in armonia con la quale egli fu creato all'inizio ad “immagine di Dio”. L'Apostolo si riferisce a questa condizione di cose tra i pagani, dicendo: "I loro pensieri, frattanto, si accusano o si scusano a vicenda." Dichiara che essi pertanto "mostrano che quel che la legge comanda è scritto nei loro cuori": vestigia della legge originaria, prove frammentarie che una volta essa era innata nell'umanità. Rom. 2:15

Ci sono fra gli uomini leggi per i criminali e leggi per coloro che non sono criminali: (1) leggi riguardanti la condotta civica, che garantiscono vita, pace, libertà, ecc. per coloro che obbediscono e che in modo corrispondente minacciano a chi le viola perdita di libertà, di privilegi, ecc. in prigione. (2) Le leggi che governano i carcerati con un grado più estremo di severità, a meno che non si segua una via di moderazione; ma che non offrono loro alcuna libertà in nessun senso della parola.

Così avviene anche per la legge divina. Dapprima abbiamo la legge originaria secondo la quale Adamo fu posto sotto processo. Tanto per cominciare, egli aveva [352] privilegi e benedizioni: la vita, la pace, la felicità e tutto il necessario. Queste cose gli erano garantite da essa fintanto che fosse rimasto obbediente al suo Creatore; alla disobbedienza era connessa una pena di morte: "Morendo morirai"; e questa punizione si estese in maniera naturale alla sua discendenza. Pertanto, dal periodo della trasgressione di Adamo, egli è stato colpevole, carcerato, privato delle speranze della vita di cui aveva goduto in precedenza; privato della sua dimora nell'Eden; privato della comunione che aveva avuto un tempo con il suo Creatore. La terra non preparata fu il suo grande penitenziario e la tomba fu la sua prigione eterna. La legge che lo aveva governato prima ora aveva cessato di esistere nel senso che non gli offriva più nessuna speranza o nessuna prospettiva di vita, mentre invece lo aveva già condannato a morte. Non si trovava più vincolato alla legge della vita e neanche i suoi figli erano più nati sotto il vincolo di quella legge della vita né avevano speranze o prospettive di raggiungere la vita eterna: erano tutti prigionieri. Il peccato e la morte, per parlare in modo figurativo, erano coloro che li avevano catturati, i loro tormentatori e carcerieri.

Se la legge originaria, però, non poteva fare più nulla a loro favore, ma aveva già espresso la sua vendetta nei loro confronti, essi vennero a trovarsi, nondimeno, vincolati a certe leggi della natura. Trovarono che, nella loro condizione di reclusione, c'era una legge in vigore secondo la quale ogni violazione delle loro coscienze, ogni tuffo più profondo in ciò che essi riconoscevano come peccato, portava loro degradazione e morte molto più velocemente; invece, più cura ponevano nel cercare di seguire ciò che essi riconoscevano come la cosa giusta da fare, più favorevole trovavano la loro condizione di prigionieri, sebbene nulla lasciasse intendere neanche minimamente che ci sarebbe stata una liberazione.

L'Apostolo suggerisce che non era possibile che Dio desse una legge di vita alla nostra stirpe caduta. Essa era stata condannata giustamente e fintanto che fosse rimasta questa pena non si poteva darle nessuna legge che, se seguita, l'avrebbe liberata dalla morte. Prima di poter dare alla famiglia umana una legge di vita di questo tipo, si sarebbe dovuta scontare la pena della prima legge e si sarebbe dovuta abolire la sua maledizione o condanna; a quel punto si sarebbero potute avere altre disposizioni, compresa quella di [353] offrire la vita eterna a certe condizioni, ma non fino a che non si fossero verificate quell'espiazione per la prima trasgressione e la cancellazione della sua pena. Il Signore aveva fatto capire la sua intenzione di compiere tale espiazione per il peccato in modo da dare all'umanità un'altra opportunità di vita eterna, in luogo di quella che aveva dato a padre Adamo e che quest'ultimo aveva compromesso definitivamente per se stesso e per tutta la sua discendenza. Ma le promesse divine erano estremamente vaghe, appena sufficienti per dare fondamento alla speranza; per questo, facendo forza sulle promesse divine, ci si riferisce alla famiglia umana, in quanto prigioniera tenuta sotto il controllo del Peccato e della Morte, come alla "prigioniera della speranza".

Uno di questi punti che suggeriscono l'idea di un'espiazione, ecc., ci è stato dato dalle parole del Signore al momento in cui fu pronunciata la pena, allorché dichiarò che la progenie della donna avrebbe alla fine schiacciato la testa del serpente. (Gen. 3:15) In questo linguaggio tenebroso e figurativo il Signore parlò del rovesciamento delle forze del male; di una vittoria che sarebbe venuta attraverso, e per, la famiglia Adamitica. Questa progenie della donna, come tutti sappiamo, ha raggiunto la sua realizzazione in Cristo. Dopo quattromila anni dalla degradazione Dio mandò suo figlio, "nato da donna", e pertanto membro della stirpe condannata e identificato con essa " perché mediante la grazia di Dio provasse la morte per ciascun uomo", pagasse la punizione per ciascun uomo, respingesse la maledizione, o la pena di morte, da ciascun uomo, concedesse a ciascun uomo, pertanto, una posizione legale che permettesse di dare di nuovo una legge di vita che, se rispettata, avrebbe offerto per ricompensa la vita eterna.

Prima, però, che per Dio giungesse il tempo di mandare suo Figlio e di compiere attraverso di lui la redenzione della razza dalla maledizione della morte, egli ebbe certi rapporti particolari con Abramo e la sua famiglia, conosciuta poi con il nome di Israeliti. Prima di tutto Dio fece delle promesse più o meno chiare ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe fornendo loro delle informazioni sulle sue intenzioni benevole di benedire tutte le famiglie della terra. Che un messaggio del genere provenisse dal grande Giudice che aveva condannato la razza, significava molto. Significava o la violazione della Giustizia, [354] in quanto veniva tolta la maledizione o la pena, oppure significava diversamente che la grande Corte Suprema dell'Universo aveva un piano mediante il quale riusciva ad essere giusta e, nondimeno, riusciva a praticare la misericordia verso quei membri della razza che si sarebbero mostrati degni di essa, entrando in armonia con le sue giuste disposizioni. I Patriarchi gioirono di queste promesse e più o meno chiaramente divennero consapevoli di una vita futura attraverso una risurrezione dei morti, che sarebbe stata proficua non solo per loro e la loro discendenza, ma che avrebbe significato alla fine una benedizione per ciascuna creatura della razza.

Fu in considerazione di questa promessa ad Abramo che il Signore impose una Legge speciale ai suoi figli, gli Israeliti, sul Monte Sinai. Quella Legge fu la base di un Patto con essi. Se rispettavano quella Legge, tutte le promesse, allora, sarebbero state loro. Quella Legge fu riconosciuta perfetta, giusta e buona in tutti i suoi particolari; ma, siccome gli Israeliti cedettero alla tentazione, furono degenerati, imperfetti, fu per questo dapprima necessario che venisse designato un mediatore, vale a dire Mosè; in secondo luogo fu necessario trovare un mezzo con il quale perdonare in modo tipico, una volta all'anno, le trasgressioni del popolo contro questa Legge e poter lasciare le persone andare avanti nel loro impegno a rispettare la Legge di generazione in generazione. L'istituzione di questa mediazione di Mosè e dei tipici sacrifici per i peccati, ecc., tutto mostra che il popolo al quale furono dati questo Patto e questa Legge fu riconosciuto incapace di obbedienza assoluta ad essi. Ciò appare in netto contrasto con il dare originario della Legge nell'Eden, dove non era previsto nessun mediatore e non vi era nessuna disposizione per le debolezze della carne. Questo fatto da solo ci dice, con un linguaggio indubbio, che il primo Adamo era perfetto ad immagine e somiglianza del suo Creatore e che era capace di obbedienza assoluta alla Legge divina. Ci dice che la razza, nel frattempo, aveva ceduto molto alla tentazione; poiché le disposizioni prese in connessione con la Legge Mosaica erano tali da addirsi a uomini caduti nella tentazione, depravati.

Per di più, abbiamo la rassicurazione dell'Apostolo secondo cui nessun Giudeo rispettò la Legge, eccezion fatta per nostro Signore Gesù, e perciò solo Gesù ha [355] guadagnato, o avrebbe potuto guadagnare le ricompense dell'Antico Patto fatto con Israele. Le parole dell'Apostolo sono: "In base agli atti della Legge nulla che abbia a che fare con la carne sarà giustificato ai suoi occhi." Pertanto quella legge servì per un duplice scopo: (1) quello di mostrare che nessun appartenente alla stirpe caduta è stato in grado di rispettare la Legge divina o di essere gradito agli occhi di Dio e (2) dichiarò che nostro Signore Gesù fu perfetto in quanto rispettò la Legge che nessuna persona imperfetta fu in grado di rispettare. Quindi nel rispettare la Legge divenne l'erede unico del Patto stipulato con Abramo. Pertanto egli fu designato quale la Discendenza predetta di Abramo, in cui tutte le famiglie della terra sarebbero state benedette. Quel Patto, che raggiunse così il suo compimento in Gesù Cristo, terminò per quanto riguardava la discendenza promessa della benedizione. Nondimeno, se ripensiamo attentamente alla promessa, notiamo che almeno per alcuni aspetti, essa fu duplice, nel senso che includeva una discendenza spirituale ed anche una discendenza terrena, come insito nella promessa: "La tua progenie sarà come le stelle del cielo e come la rena che è sul lido del mare." Gen. 22:17

Avendo portato a compimento il Patto, nostro Signore Gesù ha a sua disposizione tutta la faccenda della benedizione delle famiglie della terra; ma secondo il piano divino, secondo cui egli agisce e agirà, sarà alla fine contento di usare alcuni della discendenza terrena, Israele naturale, quale suoi strumenti terreni o agenti nella sua opera di benedizione. Pertanto il Patto non viene messo completamente da parte, per quanto riguarda Israele nella carne; invece, come dichiara l'Apostolo, una benedizione attende Israele naturale una volta che, alla seconda venuta del Signore, il Regno Celeste sarà stabilito. Le parole dell'Apostolo sono: "I doni e le vocazioni di Dio sono senza pentimento." "Per quanto concerne l'elezione sono amati per via dei loro padri." "Per la misericordia a voi [la Chiesa] usata ottengono essi pure misericordia." "Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per far misericordia a tutti." Ciò che queste parole lasciano intendere è che il Liberatore che verrà da Sion per la benedizione di tutto il genere umano allontanerà come prima cosa da Giacobbe l'empietà e che in tal modo viene permesso a Giacobbe (Israele secondo la carne) di cooperare alla fine nella benedizione del mondo. Rom. 11:26-32

Vediamo, [356] dunque, che fino al primo avvento di nostro Signore il mondo era rimasto senza legge, con l'eccezione della legge generale della natura, la legge della nostra condizione caduta e prigioniera; la legge che dichiara che possiamo accelerare i nostri affanni, sebbene non sia in nostro potere sfuggirli; la legge che dichiara che mentre la morte è sicura secondo la pena originaria, e mentre non possiamo sperare di sfuggirla, possiamo, però, in qualche misura ritardarne l'esecuzione per un po' di tempo e ammorbidirne un po' i rigori. Abbiamo visto che l'unica altra Legge o Patto fu quello dato ad Israele, riguardo al quale Mosè dichiarò così chiaramente, con queste parole, che non apparteneva ad altri popoli o nazioni: "Il Signore non concluse questo Patto con i nostri padri, ma con noi, che siamo qui oggi tutti quanti in vita." (Deut. 5:3) Abbiamo visto che, anziché la Legge giustificare gli Israeliti, e anziché gli Israeliti ottenere le benedizioni del Patto connesso con quella Legge, non vi furono successi per nessuno eccetto che per uno, l'uomo Gesù Cristo, il nostro Signore e Redentore. Ora approfondiamo ulteriormente la questione e osserviamo come sta operando ora la Legge divina.

Nostro Signore Gesù rispettò, cioè adempì, mediante la sua morte, l'idea base della Legge divina data sul Sinai. Questo è un riepilogo dei requisiti della Legge del Sinai: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutto il tuo essere e con tutte le tue forze; e amerai il prossimo tuo come te stesso." Il Padre celeste ha disposto le cose in modo tale che il suo Figlio benamato, avendo lasciato la gloria della condizione spirituale ed essendo diventato uomo perfetto tra uomini imperfetti, prima di tutto comprese la volontà del Padre: egli doveva diventare il redentore dell'uomo. Ciò non fu reso coercitivo ed egli aveva tutta la libertà, se lo avesse deciso, di seguire quello che gradiva; ma facendo così non avrebbe agito secondo la Legge, che dichiara che tutti coloro che sono vincolati da essa debbono amare Dio in modo supremo, più di quanto amano se stessi, e debbono dilettarsi a tal punto nel fare la volontà divina da sacrificare volentieri le loro volontà, sì, la vita stessa.

Ciò è implicito nelle parole: "Amerai il Signore con tutto il tuo cuore, la tua mente, il tuo essere e le tue forze." Tale amore per Dio non esiterebbe a dar la vita, il [357] proprio essere, le forze, un sacrificio volontario al piano divino. E così, come dichiara l'Apostolo, trovandosi nella forma di uomo e rendendosi chiaramente conto del programma divino, nostro Signore Gesù si dette incondizionatamente per essere il sacrificio dell'uomo. Sì! Si dice che lo fece con gioia, come leggiamo: "Io prendo piacere a far la tua volontà, Dio mio, e la tua legge è dentro al mio cuore." (Sal. 40:8) L'amore per gli uomini con cui era diventato imparentato per via della sua nascita terrena, fu anche un fattore in questo caso; ma averli amati come se stesso non avrebbe implicato il sacrificio di se stesso a loro favore. Tale sacrificio è stato amare gli uomini più di se stesso. È stato obbedienza alla prima parte di questa Legge che comportava il sacrificio dell'uomo Gesù Cristo. Tutto ciò che vediamo, allora, fu connesso al rispetto dell'Antico Patto, poiché egli era nato sotto l'Antico Patto, e vincolato a tutte le sue condizioni. Non sarebbe potuto diventare l'erede della promessa fatta ad Abramo se non attraverso quest'obbedienza, fino alla morte.

Ma un'altra cosa fu compiuta con la sua morte, un'altra cosa oltre all'aver provato che egli era degno di essere la Progenie promessa di Abramo, qualificato e degno di benedire il mondo. Quest'altra cosa fu la redenzione di Adamo e della sua stirpe dalla pena di morte originaria. Nella disposizione divina le due cose si verificarono simultaneamente mediante lo stesso sacrificio; cionondimeno, dobbiamo fare una chiara distinzione tra queste due. Nostro Signore non solo portò a compimento l'Antico Patto con la sua obbedienza fino alla morte, ma, inoltre, per disposizione divina, egli garantì un Nuovo Patto con la sua stessa morte. L'Antico Patto, come abbiamo visto, provò che egli era personalmente degno, ma il Nuovo Patto si riferisce all'umanità. La pena di morte fu inflitta alla razza e non vi sarebbe potuta essere benedizione permanente per la razza se, prima di tutto, non fosse stata pagata ed estinta la pena originaria. Non sarebbe stato possibile a nessuno se non allora benedire la razza o avere l'autorità di benedirla e farla sorgere dalla morte alla vita; poiché fino a quel momento la pena di morte divina era contraria a ciò e Dio non avrebbe potuto annullare affatto la colpa a spese della sua stessa Legge. Come è bella l'economia divina che, in una sola azione, non solo mise alla [358] prova il Redentore per quanto riguardava il suo essere degno di essere il liberatore e colui che avrebbe sollevato la razza, ma ha pagato il riscatto per padre Adamo e, in tal modo, in maniera inevitabilmente connessa, per tutti i suoi figli che, in modo naturale, avevano partecipato alla sua eredità di peccato e di morte! Abbiamo già trattato quest'argomento, e qui* non entreremo in ulteriori dettagli.

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*Vedere Vol. V, Capitoli xiv, xv.
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Ciò che stiamo studiando qui riguarda la Legge divina. Abbiamo visto che la Legge del Sinai si estendeva solo sulla discendenza naturale di Abramo; che il resto del mondo era stato lasciato senza Dio, senza speranza, senza incentivi, senza incoraggiamenti, senza promesse: esclusi dalla cittadinanza, estranei, stranieri. (Efes. 2:12) Vediamo che il Patto del Sinai è finito per quanto riguarda la grande prova e il suo premio. Abbiamo visto anche che è stato garantito un nuovo Patto (Ebr. 7:22), reso efficace mediante il sangue di Cristo; ed ora ci chiediamo se questo Nuovo Patto sia entrato in vigore o meno e, nel caso sia entrato in vigore, se si accompagni o meno ad una nuova Legge, come la Legge del Sinai si accompagnò all'Antico Patto. Rispondiamo che il Nuovo Patto non è entrato in vigore, per quanto concerne il mondo; che non entrerà in vigore pienamente e completamente fino alla seconda venuta di Cristo; e che, come abbiamo appena visto, Israele secondo la carne sarà fra i primi nell'umanità a trarre vantaggio dal Nuovo Patto.

Il Nuovo Patto non solo parlerà di pace per quanto riguarda la maledizione originaria e non solo la dichiarerà completamente scontata dal Redentore affermando che tutti coloro che si rivolgono al Padre attraverso di lui possono avere attraverso di lui con una possibile obbedienza la restaurazione dalla condanna originaria, ma per di più parlerà di misericordia verso Israele nella carne, che ricevette una condanna aggiunta sotto l'Antico Patto. Renderà noto a tutte le creature che non solo è stata offerta la redenzione per quanto concerne i peccati passati, ma che tutte le debolezze e le imperfezioni sotto il cui peso la razza ancora si affatica saranno condonate e che di conseguenza essi saranno trattati secondo quello che sono veramente e saranno aiutati dalle leggi del Regno del [359] Mediatore Cristo ad elevarsi sempre di più fino ad uscire dalle condizioni attuali di morte mentale, morale e fisica, su, su, su fino alla piena perfezione della natura umana, in cui saranno capaci di subire il processo davanti all'Onnipotente, e capaci di dimostrare il carattere e l'essere degni della vita eterna sotto le leggi del suo Regno. Questo nuovo Patto, quindi, comprende tutta la misericordia e il favore di Dio intesi per il mondo intero dell'umanità durante l'età Millenaristica. È il Patto del perdono, della benedizione e della restaurazione per tutti coloro che, quando si apriranno i loro occhi e i loro orecchi, approfitteranno di questa grazia di Dio in Gesù Cristo.

La Legge del Nuovo Patto

Ci sarà una Legge unitamente a questo Nuovo Patto. Sarà la stessa Legge di Dio che non cambia, ma che ha avuto varie espressioni più o meno esplicite in periodi diversi. Sarà ancora le Legge che dichiara opposizione divina al peccato e favore e benedizione divini ai giusti. Questo standard assoluto sarà sempre davanti al mondo durante l'età Millenaristica e a ciascuno verrà richiesto di avvicinarsi il più possibile allo standard perfetto; saranno, però, fatte concessioni per ognuno che si sforzerà di obbedire, secondo la misura della sua debolezza che, in quelle condizioni benedette di restaurazione, sparirà gradualmente, man mano che passo dopo passo avanzerà nell'obbedienza. Così sta scritto: "E questo è il Patto che farò con la casa d'Israele dopo quei giorni, dice il Signore; Io porrò le mie leggi nella loro mente e le scriverò sui loro cuori;... e non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità." Ebr. 8:10; Ger. 31:33, 34

Qui abbiamo la cancellazione delle iniquità e dei peccati passati, un'opera graduale durante l'età Millenaristica; e qui, abbiamo anche l'opera graduale di tracciare di nuovo, di riscrivere, la Legge divina sui cuori degli uomini, di chiunque vorrà. Questo riscrivere la Legge divina nei caratteri degli uomini è semplicemente un altro metodo di parlarci della "restaurazione di tutte le cose di cui Dio ha parlato per bocca di tutti i santi profeti", che si compirà in quel gran giorno del regno di Cristo. E non dobbiamo [360] scordarci dell'affermazione esplicita: "E avverrà che ogni anima che non avrà ascoltato codesto Profeta [l'anima che non si sottometterà a questa nuova trascrizione della Legge divina nel suo carattere] sarà del tutto distrutta di fra il popolo." Atti 3:23

Ma ora torniamo indietro. Abbiamo considerato come ha funzionato il Nuovo Patto durante l'età Millenaristica, durante il periodo in cui colui che ha redento il mondo eserciterà il suo potere e la sua autorità come il grande Profeta, il grande Maestro, che benedice il mondo attraverso processi di restaurazione, scrivendo nuovamente sui cuori degli uomini il carattere divino. Tuttavia, ora indaghiamo rispetto all'intervallo di tempo fra la cancellazione dell'Antico Patto nel suo compimento in Gesù Cristo nostro Signore e l'inaugurazione delle condizioni del Nuovo Patto dell'età Millenaristica: cosa si dice di quest'intervallo di tempo? C'è nessun Patto in atto qui? E in caso affermativo, c'è nessuna Legge connessa ad esso? Rispondiamo che durante questo intervallo di tempo dell'età del Vangelo il Signore sta scegliendo i membri della Nuova Creazione e che ora è in vigore, in atto, un Patto, e che questo ha una Legge. Per capire ciò dobbiamo ricordare le parole dell'Apostolo: "La Legge fu aggiunta a motivo della trasgressione, fino alla venuta della Progenie promessa." L'Antico Patto fatto sul monte Sinai, quindi, vediamo che era un'aggiunta ad un Patto precedente; e guardando indietro vediamo che il Patto con Abramo fu il Patto originario e che era esistito per quattrocentotrenta anni prima che venisse aggiunto l'Antico Patto. L'Apostolo richiama l'attenzione su ciò, dicendo che "la Legge, che venne quattrocentotrenta anni dopo" non poteva invalidare il Patto originario né renderlo inefficace. Gal. 3:19, 17

In tal modo vediamo che, quando l'Antico Patto fu portato a compimento da nostro Signore Gesù, esso lasciò il Patto originario fatto con Abramo proprio come era prima che venisse aggiunto l'Antico Patto. Questo Patto con Abramo è quello in conformità al quale si sta sviluppando la Nuova Creazione. Quella promessa o Patto fatto con Abramo dice: "In te e nella tua Progenie saranno benedette tutte le famiglie della [361] terra." L'Apostolo spiega che questa Progenie di Abramo cui si fa riferimento nella promessa è Cristo, nostro Signore Gesù Cristo; ed aggiunge: "E se siete di Cristo [se diventate membri in particolare del corpo di Cristo] siete dunque progenie di Abramo ed eredi secondo la promessa" oppure Patto. Gal. 3:16, 29

Adesso abbiamo la posizione, poiché l'Apostolo dice nuovamente: "Voi, fratelli, come lo era Isacco, siete i figli della promessa", in senso completamente diverso da come erano gli Ebrei sotto la Legge. Sottolinea chiaramente la distinzione tra questo Israele spirituale e Israele naturale, dicendoci che i figli di Giacobbe secondo la carne non sono i figli di Abramo cui si fa riferimento nella promessa; ma che i figli della fede sono considerati come la Progenie. Egli spiega che Abramo tipificava il Padre celeste; che Sara, sua moglie, tipificava il Patto originario, da cui alla fine dovrà provenire molta benedizione; ma che come Sara fu sterile per un certo tempo e non ebbe successo nel dare alla luce la progenie della promessa, proprio nello stesso modo il Patto di Dio fu sterile per circa duemila anni e cominciò solo a portare alla luce la Progenie della promessa alla risurrezione dai morti di nostro Signore. A quel punto nacque il Capo della Progenie di Abramo e alla fine l'intero corpo di Cristo, l'antitipico Isacco, verrà alla luce ("nato dai morti"), nella condizione spirituale. Allora essendo venuta la Progenie, la promessa, o il Patto, avrà il suo compimento: tutte le famiglie della terra saranno benedette.

Fu durante la sterilità di questo, del Patto originario, che un altro Patto fu aggiunto, vale a dire il Patto del Sinai o Patto Ebraico, o Antico Patto. Generò figli, una progenie carnale, non secondo la promessa, non adatta a portare a compimento la promessa originaria. L'Apostolo mette in evidenza che questo Antico Patto fu tipificato dalla serva di Sara, Agar, e che gli Ebrei sotto l'Antico Patto furono tipificati da Ismaele, figlio di lei; e che come Dio disse che il figlio della schiava (Agar) non sarebbe dovuto essere erede insieme ai figli della donna libera (Sara) ciò volle dire in maniera antitipica che l'Ebreo sotto l'Antico Patto non avrebbe ereditato la promessa originaria fatta ad [362] Abramo, che deve andare alla Progenie spirituale. Tutto ciò è esposto nei dettagli in modo eccellente e minuzioso dall'Apostolo nella sua lettera ai Galati. (Cap. iv) L'argomentazione dell'Apostolo si rivolge contro il falso insegnamento secondo cui i Cristiani debbono diventare Ebrei ed essere vincolati dalla Legge Mosaica per essere eredi secondo la promessa originaria fatta ad Abramo.

Paolo dimostra che, al contrario, tutti coloro che sono vincolati dalla Legge sono in schiavitù, e che la Progenie spirituale di Abramo deve essere libera, come lo fu Isacco, mentre Ismaele non lo fu. Il suo ragionamento inoltre è che se un Gentile, non originariamente vincolato alla Legge, si metterà sotto il giogo dell'Antico Patto del Sinai, egli si separa così dalla Progenie vera di Abramo e si rende un Ismaelita antitipico. Le parole dell'Apostolo sono: "Io, Paolo, vi dichiaro che se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà nulla; e da capo protesto ad ogni uomo che si fa circoncidere, ch'egli è obbligato ad osservare tutta quanta la Legge; voi che volete essere giustificati per la Legge, avete rinunziato a Cristo; siete scaduti dalla grazia." In contrasto a ciò, egli esorta quegli Ebrei che sono diventati liberi dai vincoli dell'Antico Patto attraverso la morte di Cristo, e quei Gentili che non furono mai soggetti all'Antico Patto, ma che hanno accettato ora Cristo e il Patto di Grazia, dicendo: "Cristo ci ha affrancati perché fossimo liberi; state dunque saldi, e non vi lasciate di nuovo porre sotto il giogo della schiavitù." Gal. 5:1-4

Vediamo, allora, che è la "Nuova Creazione", con Cristo a capo, che costituisce la Progenie di Abramo secondo questo Patto originario, o Patto fatto con Abramo, e che deve benedire il mondo attraverso la redenzione e la restaurazione. E non siamo neppure sorpresi che in quel tipo, come nelle figure usate dal Signore e dagli apostoli, questa Nuova Creazione sia rappresentata a volte come un uomo al massimo della sua statura, con la testa che rappresenta Gesù Cristo e le membra che rappresentano la Chiesa, membra in particolare del suo corpo. (Efes. 4:13; Col. 1:18) Pertanto: "Voi, fratelli, come [363] lo fu Isacco, siete i figli della promessa", membri dell'antitipico Isacco, di cui Gesù è il Capo. Nostro Signore si rappresenta anche come lo Sposo, e rappresenta la sua fedele Chiesa come fidanzata a lui, in attesa del matrimonio, per diventare la Sposa. L'Apostolo usa la stessa immagine dichiarando: "Vi ho fidanzati come una casta vergine ad un unico sposo, che è Cristo." (Apoc. 21:2; II Cor. 11:2) E questa stessa figura del legame matrimoniale tra Cristo e la Chiesa è rappresentata anche nel tipo, poiché Abramo mandò il suo servo Eliezer (che tipificava lo Spirito santo) a cercare una sposa per Isacco e Rebecca, accettando con gioia l'offerta, fu condotta alla fine da Isacco e divenne sua moglie, proprio come noi siamo chiamati ad essere eredi di Dio e coeredi con Gesù Cristo nostro Signore, nell'eredità incorruttibile e incontaminata, e che non scompare. Qualunque sia la figura che esaminiamo, la lezione è la stessa: che Cristo, Capo e Corpo, Sposo e Sposa, fatti una cosa sola, è l'erede del Patto fatto con Abramo e di tutte le promesse e cose buone in esso comprese.

L'Apostolo dichiara che il Monte Sinai e la Gerusalemme terrestre simboleggiarono e tipificarono Israele naturale, che non riuscì a raggiungere la benedizione spirituale. Il resto di Israele naturale, trovato degno della benedizione spirituale, venne separato da Israele secondo la carne divenendo membri del vero Israele di Dio, coeredi con il Cristo risorto delle cose celesti che Dio ha ancora in serbo per coloro che lo amano; ed entrambi quel resto di Israele carnale e gli altri della stessa classe spirituale che Dio ha chiamato da allora prendendoli dai Gentili, hanno simboli più grandi del Sinai e di Gerusalemme; vale a dire il Monte Sion e la Gerusalemme celeste, il cui quadro simbolico nella gloria ci viene presentato in Apocalisse 21.

Una volta stabilito chiaramente il fatto che la Nuova Creazione è nella disposizione e nei patti divini separata e distinta, non solo dal mondo in generale, ma anche separata e distinta da Israele carnale, e avendo stabilito anche il fatto che la Nuova [364] Creazione non è vincolata al Patto del Sinai o all'Antico Patto, ma al Patto originario, ci chiediamo: "Quale Legge, allora, è connessa con il Patto fatto con Abramo; quale Legge governa la Nuova Creazione?". L'Apostolo risponde dicendo: "Voi non siete sotto la Legge ma sotto la grazia." Cosa! È possibile? Le Nuove Creature in Gesù Cristo non sono poste sotto nessuna Legge fatta di comandamenti? Non sono vincolati costoro dai Dieci Comandamenti del Decalogo? Per risposta facciamo un'altra domanda: "Furono vincolanti per Abramo o Isacco i Dieci Comandamenti?". Se rispondiamo: "No", nel senso che i Dieci Comandamenti non furono dati a loro e perciò essi non furono vincolati da quella Legge, la nostra risposta è che quei comandamenti non furono dati neppure alla Nuova Creazione; e che tutti coloro che entrano in rapporto con Dio come membri della classe spirituale chiamata "il Corpo di Cristo" e "Nuove Creature in Gesù Cristo" sono esenti dalla condanna ed esenti dall'Antico Patto.

La posizione di questa Nuova Creazione nei confronti di Dio, nei confronti della Legge, ecc. è diversa e distinta da quella degli altri. Essi hanno presso Dio una condizione nuova e messa in conto, mediante la fede, una condizione di giustificazione o di giustizia messa in conto, come abbiamo già visto. Questa giustizia messa in conto, attribuita ad essi attraverso i meriti del sacrificio di Cristo, non solo copre le imperfezioni del passato, ma continua con essi, un manto di giustizia che copre e che giustifica, attraverso il cui merito vengono coperti ogni difetto e ogni imperfezione involontari di parola, di pensiero e di azione. Come Nuove Creature, essi sono tutti figurativamente rivestiti di vesti bianche: la rettitudine dei santi, la rettitudine del Redentore, loro Capo, attribuita ad essi. Queste Nuove Creature sono accettate nella loro condizione e nel loro rapporto di membra del Corpo di Cristo una volta fatta la loro professione d'Amore. La dichiarazione della loro consacrazione sta nel fatto che essi a tal punto colgono la misericordia e la grazia di Dio, manifestata nella morte di suo Figlio, e la loro giustificazione attraverso di lui, e a tal punto amano Colui che dà tutti i loro doni, che hanno piacere nel presentare i propri corpi come sacrifici viventi, in armonia con l'invito divino.

Questa consacrazione, o questo sacrificio degli interessi, delle speranze, degli scopi e delle ambizioni terreni è suggerita non dalla paura né dall'amore egoista per la [365] ricompensa, ma da un amore puro, dalla comprensione dell'amore divino, e da un amore che risponde e che desidera manifestarsi verso Dio e in cooperazione con tutto il suo magnifico piano. Essendo queste confessioni d'amore e di devozione accettate dal Signore, viene impartito il suo Spirito e costoro sono considerati figli di Dio, generati dallo Spirito santo. "Diletti, ora siamo figlioli di Dio e non è ancora reso manifesto quel che saremo [quanto cambiamento sperimenteremo quando riceveremo i nuovi corpi della risurrezione che il Signore ci ha promesso], ma sappiamo che quando egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è [e questo pensiero ci soddisfa]." I Giovanni 3:2

Il Padre ha vincolato i suoi angelici figli alla Legge del Sinai? Li avverte di non aver altri dei; di non fare immagini ed adorarle; di non provare bramosia, di non rubare, non dire falsa testimonianza, non uccidere, ecc.? Rispondiamo: "No, di sicuro non ha vincolato i suoi figli angelici ad una simile legge." Allora perché dovremmo aspettarci che una legge del genere venga data alla Nuova Creazione? Non ha il Padre celeste accettato queste Nuove Creature come figli suoi? Non ha dato loro il suo Spirito e sarebbe forse necessario dare leggi del genere a coloro che hanno ricevuto lo Spirito santo al posto della loro propria indole naturale, o della loro propria volontà naturale, egoista? Si può vedere quanto sia appropriato soggiogare dei servitori a delle leggi, visto che essi non sono vitalmente interessati nel benessere generale e possono non avere in pieno lo spirito o l'indole del padrone. Supponiamo, però, che vi sia un padrone perfetto e supponiamo che vi siano dei figli perfetti, veramente imbevuti del suo spirito, e che si dilettano nel fare la volontà di costui, e gioiscono di essere colleghi con lui in tutti i suoi piani misericordiosi, come potrebbe essere necessario per un tale padre soggiogare tali figli a simili leggi?

"Mosè fu, in verità, fedele come servitore per tutta la sua casa" e quella famiglia di servitori fu sottoposta giustamente alla Legge Mosaica "aggiunta a motivo della trasgressione, fino alla venuta della Progenie promessa". Gesù, secondo la carne, non andò in cerca di fama e si fece schiavo, un servitore, vincolato alla Legge, per poter

[366] dimostrare non solo che la Legge era giusta, ma per poter dimostrare anche la sua stessa perfezione secondo la carne e che poteva redimere il mondo. Fu quando risuscitò dai morti e divenne "il primo nato dai morti", che diventò il primo nato tra tanti fratelli: il Capo della Nuova Creazione. Secondo la carne egli fu vincolato alla Legge, ma la Nuova Creatura, il Signore risuscitato, non è sottoposto alla Legge ed è lui che è diventato il Capo della nuova casa dei figli; "Cristo come Figlio, per la sua casa [di figli], la cui casa noi siamo se siamo tenaci", ecc. E sebbene siamo ancora nella carne, come Nuove Creature, non siamo della carne e non siamo trattati come se fossimo carne, non siamo trattati da Dio come è trattato il resto del mondo, ma come Nuove Creature, che in questo periodo stanno dimorando temporaneamente nella carne come in un tabernacolo o una tenda, in attesa dell'adozione, vale a dire, della liberazione di tutto il nostro corpo per essere insieme, ed essere simili, al nostro Capo già glorificato. "Voi non siete [considerati da Dio come se foste] nella carne ma nello spirito, se pur lo Spirito di Dio abita in voi." Rom. 8:8, 9

Nessuno può capire chiaramente questo argomento se non coloro che, nell'esaminarlo, lo osservano da questo punto di vista, quello divino. Queste Nuove Creature, tutte generate dallo Spirito santo, non penserebbero di avere altri dei tranne che uno; non penserebbero di fare delle immagini e di adorarle; non penserebbero di bestemmiare contro il nome di Dio; non penserebbero di rubare ad altri, preferendo moltissimo il dare; non penserebbero di dire falsa testimonianza contro qualcun altro, visto che l'amore che è in loro cercherebbe piuttosto di coprire e nascondere le imperfezioni, non solo quelle dei fratelli, ma del mondo in genere; non penserebbero di uccidere un'altra creatura come loro, visto che sarebbero pronti piuttosto a dare la vita ad altri e darla in abbondanza, sì, il loro spirito santo suggerirebbe a loro piuttosto di dare la propria vita per i fratelli, come lo stesso Spirito santo suggerì al Capitano della nostra salvezza di dare se stesso come riscatto per tutti. Allora, non vediamo che se Dio avesse dato una legge alla Nuova Creazione, alla casa dei figli, come la dette alla casa dei 

[367] servitori, questa non avrebbe calzato per niente, sarebbe stato qualcosa di totalmente non adatto? I membri di questa "casa dei figli" non poteva essere soggetta a tale legge senza perdere lo Spirito santo, senza cessare di essere della Nuova Creazione; "Poiché se un uomo non ha lo spirito [la mente, l'indole] di Cristo egli non è di lui." Rom. 8:9

Ma come possono stare queste Nuove Creature senza una legge, senza qualche regola? Rispondiamo che l'espressione più alta della Legge divina è l'Amore. I comandi di Dio sono così completi, così penetranti, così capaci di operare la separazione tra le articolazioni e il midollo, che non si può obbedire ad essi nel senso completo, assoluto eccetto che con l'Amore. Se potessimo supporre che venisse attuato rigidamente ogni articolo della Legge, eppure mancasse lo spirito di amorosa devozione a Dio, non sarebbe per questo rispettata la Legge divina. Invece l'Amore è il compimento della Legge e dove l'Amore regna, si cercherà ogni particolare ed ogni aspetto della disposizione divina e si obbedirà di tutto cuore al massimo della capacità delle creature; non perché obbligate a farlo, ma come frutto della gioia, dell'amore.

Tale amore per Dio e per la sua giustizia fu proclamato dalla Nuova Creazione alla consacrazione; e l'Amore lì divenne la sua Legge ed essa è ben vincolata da questa Legge dell'Amore, sino alla morte. Ogni mancanza nell'obbedienza di questa Legge è una violazione, in quel senso, del rapporto instaurato dal Patto. Come l'obbedienza a questa Legge dell'Amore, per quanto riguarda la conoscenza e l'abilità, significa abnegazione e vittoria sullo spirito del mondo, sulla debolezza della carne e sulle opposizioni poste dall'Avversario (con la grazia del Signore che compensa le imperfezioni involontarie e con la salvezza di tali conquistatori originali attraverso il suo proprio nome e merito) così, dall'altro lato, la disobbedienza volontaria ad essa, la violazione deliberata e ostinata di questa Legge dell'Amore, significherebbe una perdita dello spirito di adozione, significherebbe estinguere lo Spirito santo, significherebbe che la Nuova Creatura è morta, ha cessato di vivere.

L'Apostolo tratta questo punto su come la grazia compensa tutte le imperfezioni e chiede e risponde ad una domanda ipotetica, dicendo: "Rimarremo noi nel peccato onde la grazia abbondi? Così non sia! Noi che siam morti al peccato, come vivremmo ancora [368] in esso?" (Rom. 6:1, 2) Nel nostro accettare il perdono in Cristo, noi abbiamo professato che siamo stanchi del peccato e che, per quanto concerne le nostre volontà, esse erano morte al peccato e avevano cominciato una vita nuova di giustizia. Come il nostro essere vivi nei confronti di Dio e della giustizia, quali Nuove Creature, ha implicato la nostra morte al peccato, così se dovessimo mai diventare vivi al peccato, nella misura in cui le nostre volontà, i nostri cuori, il nostro amore si rivolgessero al peccato e all'ingiustizia, ciò significherebbe di sicuro che, come Nuove Creature, siamo morti; che non dobbiamo essere più considerati di Dio o del suo popolo quali Nuove Creature in Gesù Cristo, da cui tutte le cose vecchie se ne sono andate via, e a cui, per quel che concerne almeno la volontà, tutte le cose sono diventate nuove.

Tuttavia, è giusto che facciamo una pausa qui per notare una differenza tra un tale semplice inciampare della carne e una caduta volontaria fuori dalla grazia dopo aver gustato la buona Parola di Dio e le potenze dell'età a venire e dopo essere diventati partecipi dello Spirito santo: una caduta da cui sarebbe impossibile essere ricuperati. (Ebr. 6:4-6; 10:26) Dovremmo distinguere chiaramente tra questi perché si tratta di casi completamente diversi. Un inciampare della carne significa semplicemente che i nostri corpi mortali sono stati colti in fallo attraverso la debolezza dovuta all'eredità oppure attraverso le contrarietà poste dall'Avversario, ma che la volontà, il cuore, non ha acconsentito affatto o non completamente alla carne. Vero, si deve biasimare un tale inciampare, ci si deve opporre, ecc.; ma, con la grazia di Dio, l'inciampare diventa a volte un aiuto per lo sviluppo del carattere. In tal modo impariamo a non fidarci di noi stessi, a non vantarci delle nostre proprie forze, ma a renderci conto che la vittoria che conquista il mondo si ottiene con la fede; di qui, quando con dolore la Nuova Creatura vede che la sua carne ha inciampato in certa misura, egli deve porre delle fortificazioni per quanto riguarda la debolezza così evidenziata e deve diventare più forte nel Signore e nella potenza della sua forza e meno soggetto ad inciampare nuovamente per quanto concerne quelle stesse contrarietà.

In tal modo, passo dopo passo, impariamo, quali Nuove Creature, a non riporre fiducia nella carne ma a fare affidamento sul Signore, dal quale viene il nostro aiuto in ogni momento di bisogno, ricordando sempre che siamo ancora Nuove Creature e che [369] ciò è così poiché ci troviamo ancora sotto il merito del sacrificio di Cristo mediante la fede e stiamo ancora lottando per adempiere il nostro Patto d'Amore fino al sacrificio di noi stessi, e ricordando che, come il Maestro disse: "Il Padre stesso vi ama." Dobbiamo avere molto coraggio e ricordarci che la Nuova Creatura non pecca, che il peccato non viene imputato alla Nuova Creatura e che quindi, fintanto che lottiamo contro il peccato nessuno può accusare di nulla gli eletti di Dio, poiché: "Iddio è quel che li giustifica, ...Cristo Gesù è quel che è morto." Rom. 8:33, 34

Crescita nella comprensione delle Legge Perfetta

Mentre la Legge dell'Amore è stata la base del nostro Patto con il Signore, sotto il quale siamo diventati Nuove Creature, nondimeno all'inizio non comprendemmo completamente questa Legge. Da allora siamo stati alla scuola di Cristo, ad imparare il vero significato dell'Amore nella sua pienezza, nella sua completezza, crescendo in grazia, crescendo in conoscenza, aggiungendo alla nostra fede i vari elementi e le varie qualità dell'amore: mansuetudine, pazienza, benevolenza fraterna, ecc. Per quanto concerne l'Amore siamo messi alla prova e l'esame che dovremo superare alla fine sarà specialmente su questo punto. Soltanto coloro che raggiungono l'Amore perfetto, l'Amore che è pronto al sacrificio di se stessi, saranno considerati degni della Nuova Creazione, membra del Corpo di Cristo.

Correre per raggiungere la meta e tener duro una volta arrivati

In un'altra illustrazione, l'Apostolo rappresenta le nostre esperienze attuali come una corsa; esorta a lasciar da parte tutti i pesi, tutti i peccati ricorrenti, tutte le debolezze della carne, tutte le ambizioni terrene, per poter correre con pazienza la corsa che ci è stata posta innanzi nel Vangelo, per poter raggiungere la meta del premio; e affinché, dopo aver fatto tutto ciò che dovevamo fare, per restare in piedi, fedeli in quella meta, completi in Cristo. (Fil. 3:13, 14; Ebr. 12:1; Efes. 6:13) Ciò ci dà l'idea di una corsa, con le sue indicazioni del primo, del secondo, del terzo e del quarto quarto, con le contrarietà, le difficoltà, le opposizioni, le seduzioni lungo il percorso, e l'idea di noi che cominciamo questa gara con il desiderio di raggiungere la meta dell'Amore perfetto, sapendo che [370] se non raggiungeremo questa meta non saremo immagini del caro Figlio di Dio e perciò non potremo essere graditi, nel senso più vasto della parola, a Dio; e quindi non potremo essere coeredi con Gesù nel Regno. Tutto il percorso è Amore, dalla porta iniziale alla fine. All'entrare per la porta, lo facciamo con Amore grato verso Dio per il favore che ci ha mostrato in Cristo, nel perdono dei nostri peccati. È quest'amore-dovere che all'inizio ci porta a presentare i nostri corpi quali sacrifici viventi. Ci diciamo che se Dio ha fatto così tanto per noi, noi dovremmo mostrare il nostro riconoscimento: Cristo ha dato la sua vita per noi e noi dovremmo dare la nostra vita per i nostri fratelli.

Questo "dovremmo", o questo amore-dovere, è proprio giusto, razionale, vero, ma non è sufficiente. Ci deve portare a sua volta ad un genere d'Amore ancora più sublime e al momento in cui raggiungiamo l'indicazione del primo quarto, abbiamo ancora l'amore-dovere, ma al di là di questo abbiamo acquistato un amore di riconoscenza. Impariamo meglio ad apprezzare l'Amore divino, a vedere che l'Amore di Dio non fu egoista in nessun senso della parola, ma il frutto sublime del suo grande, nobile carattere. Arriviamo ad apprezzare un po' della giustizia divina, della sapienza divina, della potenza divina, dell'amore divino; e al vedere queste qualità del nostro Creatore finiamo per amarle, e quindi per mettere in pratica la rettitudine, non semplicemente perché è nostro dovere, ma perché amiamo la rettitudine. 

Continuando ancora a correre, raggiungiamo l'indicazione del secondo quarto e scopriamo che arrivati a questo punto non solo abbiamo imparato ad amare la rettitudine, ma in modo proporzionato stiamo imparando a odiare il peccato. Troviamo, poi, nei nostri cuori una crescente armonia con il programma divino di respingere la grande ondata del peccato che ha sommerso il mondo ed ha portato con sé la sua paga di morte. Questa indicazione del secondo quarto genera in noi un'energia, qualcosa di "vivificante", un agire in favore della rettitudine e contro il peccato.

Il nostro Amore sta crescendo e continuiamo a correre incessantemente verso l'indicazione del terzo quarto. Al momento in cui lo raggiungiamo, il nostro amore-dovere, oltre all'amore per i principi della rettitudine, si è ingrandito, non solo per quanto riguarda il carattere divino, ed è arrivato a comprendere l'avversione per tutte le cose empie che provocano danni all'umanità e contravvengono al carattere e al piano divino, [371] ma arrivati a questa indicazione abbiamo raggiunto una posizione di compassione maggiore per gli altri: cominciamo a condividere il sentimento di Dio, non solo il sentimento di opposizione al peccato, ma anche quello di amore, e di compassione, per tutti coloro che cercano la via della rettitudine e della santità. Arrivati a questo momento siamo capaci, come mai lo fummo prima, di riconoscere i fratelli in una luce un po' diversa. Siamo in grado di vederli ora come Nuove Creature e di fare una distinzione tra loro e i loro corpi mortali, le cui imperfezioni ci sono ovvie. Impariamo ad amare i fratelli come Nuove Creature e ad avere compassione di loro nelle varie debolezze, negli errori di valutazione, ecc., della loro carne. Il nostro Amore per loro diventa così intenso che proviamo piacere a dare la nostra vita per loro: giorno per giorno, ora per ora, sacrificando i nostri interessi o piaceri terreni, oppure i nostri comodi, donando il nostro tempo, il nostro ascendente, o qualsiasi altra cosa pur di assisterli o servirli.

Ma continuiamo ancora ad andare avanti secondo questa linea e verso la "meta", poiché c'è un Amore ancora più sublime di questo che dobbiamo raggiungere: la quarta e ultima indicazione dell'ultimo quarto, "l'indicazione del premio". Che Amore è questo? Come può essere maggiore dell'amore che si sacrifica per i fratelli, in piena devozione a Dio e ai principi di rettitudine e di Amore? Rispondiamo che Amore ancora più grande è quello che il Signore ha stipulato, quando disse che dobbiamo imparare ad amare persino anche i nostri nemici. È stato durante il periodo in cui noi eravamo nemici, esclusi dalla cittadinanza, estranei da Dio attraverso le nostre opere empie, che "Dio così amò il mondo"; è stato durante il tempo in cui eravamo ancora peccatori che egli dette il suo Figlio Unigenito per noi. Questo è lo standard dell'amore perfetto e non dobbiamo fermarci ad un livello inferiore. Chiunque è accettato dal Signore come membro della Nuova Creazione nella gloria deve raggiungere quest'amore per i nemici.

Non che debba amare i propri nemici come ama i fratelli, poiché questo non è il modello stabilito per noi. Dio non ama i suoi nemici come ama i suoi figli, i suoi amici; e Gesù non amò i suoi nemici come amò i suoi discepoli. Ma Dio amò i suoi nemici a tal punto da essere pronto a fare volentieri per loro qualsiasi cosa era possibile fare giustamente; e Gesù amò i suoi nemici a tal punto da desiderare di fare con tutto il cuore del bene a loro non serbando dentro di sé inimicizia o astio verso di loro in cambio [372] del loro odio, ma è pronto a versare su di loro al tempo opportuno le sue benedizioni Millenaristiche, affinché arrivino tutti alla conoscenza della verità e perché persino coloro che lo hanno trafitto possano guardarlo e fare cordoglio quando Dio spanderà su di essi lo spirito di preghiera e di supplica, al momento dovuto. (Zac. 12:10) Dobbiamo avere l'amore per i nemici che nostro Signore descrive, con queste parole: "Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a coloro che vi odiano e pregate per coloro che si servono di voi malignamente e vi perseguitano." (Mat. 5:44) Dobbiamo far sì che nessun'amarezza, animosità, o nessun rancore di qualsiasi tipo alberghi nei nostri cuori. Questi debbono essere così pieni d'Amore che neppure un nemico riesca ad agitare nei nostri cuori un sentimento malvagio o maligno.

Oh, che benevolenza tollerante e fraterna è implicita in un carattere così realizzatosi che non trova nulla, neppure in un nemico, che lo spinga alla malignità, all'odio o alla discordia! E questa è la "meta" per la quale dobbiamo correre, quali Nuove Creature. Abbiamo professato la riconoscenza per questo spirito d'Amore; abbiamo professato devozione ad esso; abbiamo consacrato le nostre vite in armonia con questi principi; ed ora stiamo sostenendo la prova per vedere fino a che punto le nostre professioni sono state sincere. Il Signore molto benignamente ci dà tempo per correre questo percorso, per sviluppare questo carattere. "Egli conosce la nostra costituzione, egli ricorda che siamo polvere." Cionondimeno è essenziale che noi ci conformiamo a queste disposizioni se vogliamo essere coeredi con il caro Figlio di Dio, quali membri della Nuova Creazione.

Nostro Signore Gesù, il Capitano della nostra salvezza, non ebbe bisogno di correre in questa gara; non ebbe bisogno di sviluppare queste varie caratteristiche dell'Amore; poiché essendo perfetto possedeva tutto ciò alla perfezione all'inizio della sua carriera. La prova per lui fu quella di vedere se sarebbe rimasto saldamente fedele, o meno, a questi principi, a queste caratteristiche, se avrebbe continuato ad amare sommamente Dio e la giustizia, se avrebbe continuato ad amare i fratelli fino al punto di dar la vita per loro, e se avrebbe continuato ad amare i suoi nemici fino al punto di provare piacere a far loro del bene; se sarebbe rimasto fedele allo standard dell'Amore perfetto. Sappiamo come ha dimostrato la sua lealtà all'Amore a tutti i livelli, dando la [373] sua vita non solo per i suoi amici ma anche per i nemici che lo avevano crocifisso. Anche questa esperienza deve essere nostra. Dobbiamo raggiungere lo standard dell'Amore perfetto nei nostri cuori anche se nella nostra carne può darsi che non siamo sempre in grado di esprimere completamente i sentimenti che abbiamo in cuore.

Alcuni riescono a fare la corsa molto velocemente e, oltrepassando queste indicazioni di quarti di miglio una dopo l'altra, riescono a raggiungere in fretta la posizione dell'Amore perfetto. Altri imbevuti di meno zelo oppure con lo sguardo meno intento sull'Autore della nostra fede, fanno dei progressi minori nella corsa e per anni si accontentano dell'amore-dovere, oppure forse vanno un po' più in là fino all'amore del carattere divino e dei principi della rettitudine. Straordinariamente pochi sono andati al di là di questo punto per raggiungere ulteriormente l'amore dei fratelli, che li farebbe gioire delle loro abnegazioni, se con esse potessero servire la famiglia della fede; ed ancora di meno hanno raggiunto il punto dell'Amore perfetto, dell'amore per i propri nemici, che non solo frenerebbe dal far del male ad essi, in parole o opere, ma che per di più godrebbe delle loro benedizioni. Se il Signore è stato molto paziente con noi, dandoci abbondanti opportunità per raggiungere la "meta", dovremmo gioire della sua compassione ed ora dovremmo essere ancor più energici nel raggiungere la "meta del premio", ricordando che il tempo è breve e che nella Nuova Creazione non sarà accettato dal Padre nulla di meno di questo carattere dell'Amore perfetto.

Come nostro Signore fu messo alla prova alla "meta" dell'Amore perfetto, così tutti noi saremo messi alla prova una volta raggiunta la meta. Pertanto non ci dobbiamo aspettare di raggiungere quella "meta" semplicemente con l'ultimo soffio di vita; ma dobbiamo raggiungerla il più presto possibile. Dalla velocità con cui raggiungeremo questa "meta", si indicherà a Dio e ai fratelli la misura del nostro zelo e del nostro amore.

Le parole dell'Apostolo: "Dopo aver compiuto tutto, restate in piedi" (Efes. 6:13) implicano che una volta raggiunta la "meta" dell'Amore perfetto ci saranno ancora molte prove per noi: prove di fede, prove di pazienza, prove di tutti i vari elementi dell'Amore. Il mondo non è un amico benigno nei nostri confronti che ci aiuta ad andare avanti nella direzione giusta; Satana è ancora il nostro Avversario e potrà istigare molta opposizione al fine di costringerci a indietreggiare dalla posizione raggiunta. Questa è la nostra [374] prova. Dobbiamo tenerci ben stretto ciò che abbiamo raggiunto; dobbiamo "insistere per raggiungere la meta" fino a costo della nostra vita terrena: dare la nostra vita al servizio di Dio per i fratelli e per fare del bene a tutti gli uomini man mano che ne abbiamo l'opportunità. "Fedele è colui che vi ha chiamato", che ci promette soccorso e ogni assistenza necessaria in questa via. La sua grazia ci basta. I Tess. 5:24; II Cor. 12:9

Questa Legge dell'Amore, abbiamo già visto, è anche la legge dei figli angelici di Dio; su di essa si basano completamente la loro obbedienza alla volontà divina e la loro armonia vicendevole. E sebbene durante l'età Millenaristica vengano imposte all'umanità leggi e ordinanze, regolamenti ed esazioni, per portarla avanti sotto le disposizioni benedette del Regno Millenaristico, cionondimeno coloro che, alla fine dell'età Millenaristica, saranno ritenuti degni della vita eterna, possiamo star sicuri che saranno andati ben al di là della semplice obbedienza alle leggi e ai requisiti: sui loro cuori avranno scritta la Legge originaria di Dio, l'obbedienza e la Legge dell'Amore che è parte del carattere divino. Anche questi figli di Dio della restaurazione, sul piano umano, accettati poi da lui, avranno questo spirito d'Amore, senza il quale sarebbe impossibile per essi essere graditi a Dio; poiché egli cerca persone del genere che lo adorino in spirito e in verità. In tal modo vediamo che mentre sia il cielo come la terra debbono avere una legge e debbono richiedere che essa venga obbedita, lo standard divino di obbedienza invece è così superiore alle nostre idee e ai nostri standard terreni e imperfetti che la sola parola "Amore" esprime l'intera Legge di Dio a cui tutti i suoi figli saranno soggetti su tutti i piani della vita. Com'è bello e com'è glorioso il carattere e il piano del nostro Dio! L'Amore è il compimento della sua Legge e non riusciamo a concepire una Legge superiore a questa.

Finora abbiamo trattato l'argomento in modo astratto. Ora vogliamo fare un'osservazione sul fatto che la Nuova Creazione, mentre risiede ancora temporaneamente nella carne, ed è più o meno soggetta alle sue debolezze, alle sue resistenze, ecc., deve regolare se stessa, la propria condotta reciproca e nei confronti del [375] mondo, basandosi su questa Legge dell'Amore, il Comandamento Nuovo, che il Signore ha dato a tutti coloro che diventano suoi seguaci e che sorpassa anche i requisiti della

Regola d'oro

Come abbiamo già visto, l'oro è simbolo di ciò che è divino; quindi, la Regola d'oro è la regola divina. Questa è veramente una regola della Giustizia piuttosto che dell'Amore. L'approccio più vicino a questa Legge della Giustizia che l'uomo naturale oggi può comprendere, lo standard più alto noto all'uomo naturale, è: "Non farai al tuo prossimo ciò che non vorresti che il tuo prossimo facesse a te." Questa è, al massimo, bontà negativa; ma la Regola d'oro, di cui nessun altro all'infuori della Nuova Creazione può riconoscere, o persino capire, il valore, è un genere positivo: "Fate agli altri come vorreste che essi facessero a voi." Questa è bontà positiva, ma puramente Giustizia. Se i membri della Nuova Creazione non riescono a volte ad attenersi ad ogni aspetto della Regola d'oro, la semplice legge della Giustizia, dovranno farlo a prezzo di un grave rimorso e di una grave umiliazione a meno che non siano dei semplici "neonati" nella nuova via. E se una qualche violazione di questa legge porta dolore e rimorso, è sicuramente un segno che la violazione non è stata volontaria, non è partita dal cuore, non è una violazione di principi da parte della Nuova Creatura, ma, al più, una violazione connivente con la carne o in cui si è inciampati per via della carne, contraria ai desideri dello spirito o all'intenzione. Tuttavia, in proporzione di come la nuova mente è viva verso Dio, e in proporzione di quanto zelo ha nel fare la sua volontà, in quella stessa proporzione sarà animata, vigile ed energica nel custodire il "vaso d'argilla" in cui dimora. Indosserà l'armatura di Dio per poter combattere una buona battaglia contro le debolezze della carne. Insisterà che se è stato commesso un errore, o nelle parole o nei fatti, sia reso velocemente un risarcimento, con buoni interessi, se possibile, in modo che il "vaso d'argilla", trovandosi così contrastato e svergognato, possa diventare meno attivo nella sua opera di contrasto alla nuova mente.

Questa [376] legge divina influisce sul rapporto della Nuova Creatura con Dio. Egli riconosce il significato dell'espressione: "Ama il Signore con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutto il tuo essere, con tutte le tue forze." Egli non trova spazio per sé qui a meno che questo sé stesso non sia completamente in armonia con Dio. Ciò influisce sul suo rapporto con i fratelli, poiché come potrebbe amare Dio, che non vede (eccetto che con l'occhio della fede), se non ama i fratelli che hanno lo Spirito di Dio e che egli ha visto con la vista naturale? (I Giovanni 4:20, 21) Man mano che impara ad avere profonda considerazione per i suoi rapporti con essi, a fare per loro e verso di loro come vorrebbe che essi facessero per lui e verso di lui, egli scopre che ciò dà luogo ad una grande trasformazione nella vita; che questa non è affatto la regola o la legge in conformità alla quale egli stesso e gli altri erano abituati a vivere, a pensare, ad agire, a parlare.

Egli scopre che come egli desidererebbe che i fratelli agissero benevolmente verso di lui, e parlassero gentilmente con lui, così egli dovrebbe parlare e agire benevolmente e gentilmente con loro. Come egli desidererebbe che essi fossero pazienti con le sue imperfezioni e debolezze e stendessero il manto della carità su questi difetti umani, così egli dovrebbe fare verso di essi. Egli scopre che come a lui non piacerebbe che i fratelli parlassero male di lui, anche se il male fosse vero, così egli dovrebbe benevolmente essere affettuoso verso di loro e non "dovrebbe parlar male di nessun uomo", ma "dovrebbe fare del bene a tutti gli uomini", specialmente alla famiglia della fede. Come non gli piacerebbe che altri si aspettassero da lui che facesse più di quanto ragionevolmente potrebbe fare, così non si aspetterà dagli altri che facciano più di quanto ragionevolmente possono fare. Lo stesso principio funzionerà anche riguardo al mondo e ai suoi affari. L'intero corso della vita è così in graduale cambiamento; e, come l'Apostolo suggerisce, questo cambiamento giunge nella misura in cui "guardiamo la gloria del Signore", nella misura in cui arriviamo a comprendere e ad imparare ad imitare la grandezza del carattere divino governato dalla Regola d'oro della Giustizia perfetta, accompagnata da abbondante Amore.

Man mano che le nostre nuove menti, le nostre nuove volontà, generate dallo Spirito santo, si sviluppano, esse gradualmente "si trasformano di gloria in gloria" per quanto riguarda la qualità del cuore; e quindi trasformati nei nostri cuori, nelle nostre menti, nelle nostre volontà, nelle nostre intenzioni (e per quanto è possibile anche [377] esternamente), diventiamo idonei o "adatti", secondo la promessa divina, al grande cambiamento finale della risurrezione allorché quello che è stato seminato nella debolezza e nella corruzione sarà risuscitato in potenza e in gloria, una Nuova Creazione spirituale: il Cristo di Dio. Ci vengono dati dagli apostoli vari consigli, ammonimenti e suggerimenti utili e validi, reiterati e avallati da vari fratelli, da cui si può trarre vantaggio per rimproverare, per correggere, ecc.. La Legge, però, la Legge benedetta, sotto il cui vincolo è posta la Nuova Creazione, è una Legge d'Amore, che supera la Regola d'oro. Se compresa bene, può voler dire che molte cose ora fatte dalla Nuova Creazione non verrebbero più fatte; e molte cose ora trascurate da essi verrebbero svolte con zelo e assiduità.

La perfetta Legge della Libertà

Se dapprima qualcuno è stato disposto a pensare che la Nuova Creazione è stata lasciata dal Signore troppo libera, senza giusti freni e giusti regolamenti, senza dubbio avranno cambiato idea una volta che hanno visto la lunghezza, l'ampiezza e la comprensività generale di questa Legge di Dio, riassunta brevemente in quest'unica parola: Amore. "Una legge della libertà" la chiama l'Apostolo (Giac. 1:25); ma Dio fa sì che questa legge della libertà si applichi solo alla Nuova Creazione, generata dal suo Spirito. Non si potrebbe applicare a nessun altro. Altri sono ancora o vincolati alla Legge Mosaica, quali servitori non idonei alla "libertà con cui Cristo rende liberi" i figli, o altrimenti vincolati alla legge originaria: la condanna della morte, e quali peccatori condannati siamo ancora trattati come estranei, come esclusi dalla cittadinanza e stranieri, come coloro che sono senza Dio e che non hanno speranza nel mondo: essi non conoscono neppure la grazia di Dio che alla fine porta la salvezza al mondo in generale, ma che al momento è stata manifestata soltanto a relativamente poche persone, visto che alla grande massa è impedito dall'Avversario di ascoltare il messaggio dell'amore divino e della divina redenzione. Costui acceca le menti e chiude gli orecchi della maggior parte dell'umanità con dottrine di demoni, ecc. II Cor. 4:4; I Tim. 4:1

La [378] libertà non è per coloro che sono mal disposti, come constata la società quando li mette in prigione; e così la perfetta Legge della Libertà non si addice ai mal disposti ma a coloro che sono ben disposti, ai perfetti. Il mondo non sarà lasciato in balia di una Legge dell'Amore durante il Millennio, ma invece sarà governato con Giustizia e Misericordia sotto il vincolo di una legge di obbedienza al Regno. Non sarà se non alla fine del Regno (quando i malvagi intenzionali saranno stati tagliati fuori nella Seconda Morte) che la razza, che si è dimostrata perfetta e completamente in armonia con lo standard divino, sarà sottoposta alla Legge della Libertà-Amore e della sua Regola d'oro. Fintanto che saranno dei minori, verranno trattati piuttosto come servitori. (Ebr. 13:17) La Nuova Creazione, ora vincolata dalla Legge della Libertà, è trattata così perché per essa "tutte le cose vecchie sono passate, tutto è diventato nuovo": ora essa odia il peccato e ama la rettitudine usando la propria libertà, non come un'occasione per gratificare la carne, ma per mortificarla; non per divertirsi nel peccato, ma per sacrificare gli interessi terreni in cooperazione con il Signore nel sopprimere il peccato e nel liberare il mondo da esso e dalla sua paga di morte. Coloro che sono rigenerati a questo nuovo spirito o a questa nuova indole (lo Spirito di Dio) e che sono diventati alunni alla scuola di Cristo per sapere di lui e per camminare nelle sue orme, costoro, e solo costoro, possono essere vincolati dalla Legge della Libertà. E se perdono lo spirito di adozione, cessano di essere figli, cessano di essere vincolati da questa Legge della Libertà.

Coloro che imparano ora a far uso di quella libertà con cui Cristo rende liberi, coloro che mediante la consacrazione si vengono a trovare vincolati da questa perfetta Legge dell'Amore e che, in conformità ad essa, danno la loro vita per i fratelli, per la verità e per la giustizia, questi fedeli saranno considerati degni di essere agenti del Signore e coeredi con il suo Figlio Diletto nella grande opera di benedizione del mondo. E come è necessaria questa qualificazione per la loro opera, come è necessario, evidentemente, che coloro che saranno i maestri, gli aiutanti, i giudici e i governanti del mondo, benedicendo in tal modo tutte le famiglie della terra durante l'età Millenaristica, si sviluppino in pieno e siano messi alla prova per quanto riguarda questa qualificazione dell'Amore, per essere Sacerdoti Regali misericordiosi e fedeli!

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